lunedì 21 settembre 2015

Yoga Panorama anno 2015 n.3

La canzone dell'anima

Adi Guru Sri Shankaracharya

Non sono né l’ego, né la ragione,
Né la mente, né il pensiero,
Non posso essere ascoltata né espressa in parole,
Né con l’odore, né con la vista posso essere catturata.

Nella luce e nel vento non posso essere trovata,
Neppure sulla terra e nel cielo.
Coscienza e gioia incarnata,
La beatitudine del beato io sono.

Non ho nome, non ho vita,
Non respiro aria vitale,
Nessun elemento mi ha modellato,
Nessuna guaina corporea è il mio rifugio.

Non parlo nessuna lingua e non ho né mani, né piedi,
Né mezzi di evoluzione.
Coscienza e gioia io sono,
E beatitudine in dissoluzione.

Al di là di tutti i credi e delle brame di ricchezza,
Libertà dal passato e dal desiderio,
Coscienza e gioia son io,
E la beatitudine è il mio vestito.

Virtù e vizio o piacere e dolore
Non sono il mio patrimonio,
Nessun testo sacro, né offerte,
Nessuna preghiera, né pellegrinaggio:
Non sono né il cibo, né il mangiare,
Né colui che mangia.
Coscienza e gioia incarnate,
Beatitudine del beato son io .

Non ho dubbi, le differenze delle razze non mi dividono,
Nessun genitore mi ha mai chiamato figlia,
Nessun legame di nascita mi ha mai legato.

Non sono né discepolo, né maestro
Non ho parenti, né amici,
Coscienza e gioia io sono,
E la fusione nella Beatitudine è la mia fine.

Né il conoscibile, né la conoscenza, né il conoscitore,
Il senza-forma è la mia forma,
Dimoro all’interno dei sensi,
Ma essi non sono la mia casa.

Sempre serenamente equilibrata,
Non sono né libera, né legata,
Coscienza e gioia son io,
E la beatitudine è dove io mi trovo.

La colonna vertebrale e lo yoga

Dr. M. Hajirnis, laurea in Medicina e in Scienze di Thane

In un corso di yoga si sente spesso l’insegnate dare l’istruzione: “Tenete la schiena dritta”. Vediamo le implicazioni di quest’istruzione. Nel kundalini yoga questo ha un significato particolare in quanto interessa le nadi ed i chakra. Ma in quest’articolo lo considereremo solo dal punto di vista anatomico.

Il feto, che si trova rannicchiato nel grembo della madre è protetto e sicuro, galleggia beatamente nel liquido amniotico, isolato dagli shock e dai suoni del mondo esterno. Tutte le sue articolazioni sono flesse. Se cercherà di alzare la testa nel momento della nascita, creerà problemi a sé stesso e alla madre. Nel parto, di solito, mostra al mondo quella parte della testa in cui ha sede sahasrara e bindu. Se sollevasse completamente la testa con arroganza, presentando al mondo il viso, il parto normale sarebbe impossibile. Per questo la colonna vertebrale all’inizio è flessa (piegata in avanti). Successivamente, quando il bimbo si gira di pancia e inizia a sollevare la testa, sviluppa la prima curva all’indietro della colonna vertebrale, nella regione cervicale (nel collo). Più tardi, quando il bambino si troverà per la prima volta nella posizione eretta, sulle proprie gambe, svilupperà un’altra curvatura all’indietro nella regione lombare (la parte inferiore della schiena).

Il maggior progresso evolutivo dell’uomo, rispetto al resto del mondo animale, è iniziato con l’assunzione della posizione eretta. La scimmia, la cui posizione eretta non è così ben sviluppata, si suppone essere il nostro antenato più vicino. Quando l’uomo ha smesso di utilizzare gli arti anteriori per la locomozione, per camminare o per correre, essi sono diventati arti superiori o braccia.  Solo dopo aver assunto la posizione in piedi, ha iniziato a usarle in molti altri modi. Iniziò a prendere il cibo con le mani per portarselo alla bocca. Quindi non aveva più bisogno di avvicinare la bocca alla preda o al cibo, per ottenere il suo boccone. Né serviva più tanta forza alla mandibola per addentare. Perciò la forma dei suoi denti e della mandibola iniziò a cambiare. Ora poteva anche produrre suoni più delicati e di diversi tipi con la bocca, così il linguaggio iniziò ad evolversi, superando la seconda barriera evolutiva (giungendo, infine, alla diversità linguistica di oggi: la Torre di Babele). Ma questa è un'altra questione.

Quello che c’interessa in questo contesto è la curvatura lombare della colonna vertebrale, che l’uomo ha sviluppato dopo l’assunzione della posizione eretta. Il tratto lombare deve sopportare il peso della metà superiore del corpo nella posizione eretta. A causa di ciò e anche dei passi delle gambe nella camminata eretta, la colonna ha sviluppato questa curvatura all’indietro che predispone soltanto l'uomo, tra tutti gli animali, ad una nuova gamma di patologie spinali evolutive tra cui la lombalgia, l’ernia al disco, la sciatica, la scoliosi e le spondiliti. Inoltre, i vari disturbi della digestione, delle mestruazioni e della riproduzione sorgono a causa della congestione e dell’irritazione dei nervi spinali emergenti nella regione lombare. Un altro svantaggio della posizione eretta, è la maggiore probabilità di sviluppare emorroidi e vene varicose, perché il flusso di sangue venoso proveniente dalle gambe e dal retto, deve fare un viaggio più lungo verso l’alto e contro la forza di gravità, per raggiungere il cuore.

La colonna vertebrale è come il tronco di un albero, in quanto sostiene l’intera struttura del corpo. In cima a questo tronco c’è la testa, il cranio o la scatola cranica, contenente il più importante di tutti gli organi – il cervello – che non solo controlla il corpo umano, ma gli conferisce il vero scopo della sua esistenza.
La vertebra che si trova più in alto è chiamata atlante, perché sostiene la testa, proprio come Atlante, la figura mitologia greca, che sorreggeva il mondo sulle sue spalle. La seconda vertebra è l’epistrofeo o l’asse, così chiamata perché l’atlante e il cranio ruotano su di essa. Così la testa può muoversi sia indipendentemente dal movimento del collo, sia insieme al collo. Delle 33 vertebre che costituiscono la colonna, solo le prime due hanno un nome. Tutte le altre hanno solo un numero.

Nella regione toracica, la colonna sostiene l’espansione della gabbia toracica, che è composta da ossa (costole), muscoli e cartilagini. La gabbia toracica circonda i polmoni e il cuore, che sono d’importanza secondaria solo rispetto al cervello. I polmoni purificano il sangue, mentre il cuore lo fa circolare in tutto il corpo, rifornendo le cellule e i tessuti di tutti i nutrienti di cui hanno bisogno, e ripulendoli dai prodotti di scarto.

Nella regione lombare o addominale, la colonna vertebrale funge da ancoraggio per i muscoli che mantengono gli organi gastro-intestinali nelle loro sedi: allo stomaco e all’intestino, al fegato, alla milza, al pancreas e anche ai reni e al sistema urinario. Questi sono tenuti sospesi come in una borsa di stoffa di cui la colonna vertebrale è il manico.

Nella parte finale della colonna vertebrale (la zona sacrale) vi è il bacino, che è come un cesto osseo o una cavità che contiene gli organi escretori e riproduttivi. Qui l'ovulo umano fecondato è alimentato nel grembo materno, come un uovo di uccello nel suo nido.

Come i rami principali di un albero gli arti superiori e inferiori, spuntano fuori dal tronco centrale e, grazie alle articolazioni più vicine (quelle delle spalle e delle anche), hanno un’ampia gamma di movimenti in tutti e tre i piani, come un giunto sferico, mentre con le articolazioni distali (quelle di gomiti e delle ginocchia) si possono muovere solo su un piano, come una porta nel suo cardine.

Notiamo così che la colonna vertebrale non è proprio eretta nel vero senso della parola, ma ha quattro distinte curvature. La curvatura cervicale del collo ha sette vertebre, la dorsale del torace ne ha dodici e la lombare nella parte bassa della schiena cinque. Come una pila di monete, queste sostengono il progressivo aumento del peso della colonna. Perciò ogni vertebra sarà leggermente più grande di quella superiore, man mano che si scende dal collo ai glutei. L’atlante è grande solo ¼ dell’ultima vertebra lombare. In sirshasana (la posizione verticale sulla testa) il peso di tutto il corpo è sorretto dal triangolo formato dalla testa e i due gomiti. Se un peso eccessivo dovesse gravare solo sulle vertebre cervicali, queste subirebbero un danno, in quanto esse sono destinate a sostenere solo il peso della testa e non quello di tutto il corpo.

Le vertebre sacrali (cinque di numero) sono fuse per formare un unico osso nella parte posteriore del bacino. Sono più piccole, in quanto non hanno funzione portante e non partecipano ai movimenti della colonna vertebrale sopra descritti.

Il coccige è il residuo della coda. La coda è usata dagli animali per tenere lontani gli insetti fastidiosi, per restare appesi su un ramo e per l’equilibrio durante il salto. Un uomo può svolgere tutte queste funzioni con l’uso degli arti superiori. Inoltre essi vengono usati anche per esprimere le emozioni, come la rabbia e la paura. Gli esseri umani hanno sviluppato migliori modi d’espressione per le proprie emozioni, e l’uomo ha perso così la coda durante l’evoluzione.

La colonna vertebrale dell’uomo non è un unico osso, non è come un bambù. È come un filo di perle, ma non è il cordino che tiene insieme le perle, come in un mala, sono le perle (le vertebre) che proteggono il filo (il midollo spinale) all'interno. La colonna vertebrale è fatta in questo modo perché deve poter compiere diversi movimenti. Si piega in avanti, indietro e di lato, e si attorciglia anche su sé stessa, proprio come un filo di perle. Vi è una patologia degenerativa, detta spina dorsale di bambù (spondilite anchilosante), in cui la colonna vertebrale diventa realmente come un bambù (si presenta così ai raggi X). Provate ad immaginare la sofferenza di quella persona: rigida come una canna di bambù!

Tra una vertebra e l’altra c’è un disco flessibile, o imbottitura, che assorbe gli urti di quando si cammina, si corre, o si sta in piedi o seduti. In questo modo, si diminuisce l’usura delle ossa e il cervello e gli organi interni sono ben protetti. La delicata corda del midollo spinale passa attraverso il canale vertebrale centrale, e numerose terminazioni nervose escono da esso attraverso gli spazi tra le vertebre.

Le malattie della colonna vertebrale
Ora procediamo nel vedere quali afflizioni può avere la colonna vertebrale, e il ruolo dello yoga nella prevenzione e nella cura di alcune di esse.

In via preliminare, si deve rilevare che, quando il tessuto osseo delle vertebre è gravemente malato o è stato distrutto da una malattia come la tubercolosi, il cancro o da un grave infortunio, le strutture ossee perse non possono essere ripristinate dallo yoga. Lo yoga aiuta a mantenere e a ripristinare le strutture ausiliarie, come i legamenti che tengono insieme le vertebre, le articolazioni, le strutture che ammortizzano, che si trovano in mezzo, e i muscoli para-vertebrali su entrambi i lati delle vertebre. Inoltre lo yoga è utile all’allineamento della curvatura della colonna vertebrale, mantiene in salute l'intera gamma dei movimenti spinali, la flessibilità e allevia la pressione sui nervi emergenti tra le vertebre. Tutte le asana di yoga hanno un’azione sulla colonna vertebrale, oltre alle azioni e applicazioni specifiche di ognuna. Le asana di estensione indietro, quelle di flessione in avanti e di lato, influiscono in maniera evidente sulla colonna vertebrale. Anche le asana di equilibrio e le posizioni da seduti aiutano a mantenere la muscolatura paravertebrale.

Matsyendrasana e la sua variazione, ardha matsyendrasana, richiedono una particolare menzione. Sono le uniche due asana che prevedono un movimento rotatorio completo dell'intera colonna vertebrale; la posizione di blocco della gamba e del braccio funge da fulcro nella torsione.

La curvatura naturale della colonna vertebrale nella regione del collo è all’indietro, ma la maggior parte del tempo lo trascorriamo con la testa piegata in avanti. Per questo siamo soggetti a malattie degenerative come la spondilolisi cervicale. Forse dovremmo seguire l’esempio del grande artista Michelangelo, che preferiva sdraiarsi sulla schiena per dipingere gli affreschi sul soffitto. Queste malattie spinali sono prevenute e curate con l’estensione del collo. I chirurghi ortopedici (specialisti ossei) utilizzano per questo collari di supporto o limitano il paziente a letto applicandogli una trazione al collo, come un uomo impiccato. Lo yoga arresta e allevia efficacemente questi problemi tramite semplici posizioni come i pawanmuktasana, bhujangasana, vajrasana, shashankasana, dwikonasana, ardha matsyendrasana e le asana di estensione indietro.

La seconda malattia che interessa questa regione, e che lo yoga allevia, è la cefalea tensiva. A causa di tensioni mentali e posturali, i muscoli della parte posteriore della testa e del collo diventano serrati e generano spasmi (possono essere sentiti come delle corde tese e dei nodi). Questo provoca dolore nella parte posteriore della testa. Asana come le serie dei pawanmuktasana includono dei movimenti liberi del collo, che rilassano il carico di tensione dei muscoli, mentre yoga nidra e shavasana riducono i livelli di tensioni psichiche e mentali. Questo duplice attacco alla malattia, usando tecniche somatopsichiche e psicosomatiche, si dimostra molto efficace. Le tensioni mentali e gli spasmi muscolari scompaiono simultaneamente. Così come le tensioni mentali generano spasmi muscolari, rilassando gli spasmi muscolari si rilassa la mente da alcune sue tensioni. Il lavoro degli psicologi moderni Wilhelm Reich, Ida Rolf e Alexander Lowen ha ribadito che la nostra corazza muscolare rispecchia la nostra angoscia mentale e viceversa.

Nella regione toracica (nel petto) la colonna vertebrale va in avanti. Se è eccessivamente piegata, il risultato sarà la congestione dei nervi toracici e l’affollamento delle costole nella gabbia toracica. Questo riduce lo spazio nel quale i polmoni possono espandersi e l’efficienza respiratoria diminuisce. Spalle e schiena curve possono causare asma e bronchiti croniche. Queste deformità possono essere rimosse praticando dhanurasana, chakrasana, bhujangasana, matsyasana e simili. Allo stesso tempo, l’efficienza del sistema respiratorio aumenta e i sintomi delle malattie respiratorie diminuiscono. Un uomo che è sicuro delle sue capacità, cammina e parla con sicurezza. Ha la schiena dritta e le spalle tirate indietro. Questa posizione, a sua volta, contribuisce a infondere ulteriore sicurezza.

La zona più problematica della colonna vertebrale è la regione lombare (la parte bassa della schiena). Le problematiche sono molteplici. I muscoli para-vertebrali diventano rigidi e dolorosi, con l’accumularsi di tensioni emozionali, sessuali e mestruali. Possono avvenire distorsioni in seguito ad azioni non coordinate, durante un sollevamento, una flessione o alla guida. I legamenti spinali possono lacerarsi per forti strappi o colpi ricevuti durante l’attività sportiva, ecc. I muscoli si squilibrano se il peso corporeo non è equamente suddiviso tra le due gambe, a causa di qualche malattia agli arti inferiori. Nell’ernia del disco, c’è la rottura, per usura, dell'anello cartilagineo tra i dischi ammortizzanti, il cui nucleo polposo può fuoriuscire e premere su una radice nervosa causando dolore sciatico in una o in entrambe le gambe. La causa più comune del mal di schiena è una postura errata. Non riusciamo a stare in piedi o seduti correttamente, a causa dei muscoli indeboliti, per mancanza di esercizio fisico e per la vita sedentaria.

Si soffre anche nella parte anteriore del corpo, quando l'addome diventa obeso, flaccido e gonfio. La zona lombare agisce come il manico di una borsa che deve sorreggere il contenuto dell’addome. In caso di obesità, il contenuto della borsa diventa pesante per via della presenza di grasso in eccesso nel mesentère dell’intestino. Il mesentère è la struttura portante che collega gli intestini con la colonna vertebrale. In un obeso, il mesentère è uno dei principali depositi del grasso in eccesso.  I muscoli addominali mantengono il contenuto della borsa in avanti. Se sono deboli e flaccidi, gli intestini cadranno in avanti, causando una spinta della colonna all’indietro. Questo porta anche ad avere mal di schiena. L’eccesso di deposito di grasso nella parete addominale provoca anche una trazione sulle vertebre lombari. Nelle donne, se l’utero non è correttamente posizionato (se è retroverso), o ha delle aderenze, potrà sopraggiungere dolore lombare. Le infezioni pelviche sono un’altra causa.

Le principali malattie organiche delle ossa della colonna vertebrale, come la tubercolosi, il cancro e l'osteomielite sono rare cause di dolore spinale. Ci sono molte altre cause comuni di dolore alla colonna vertebrale, che possono essere gestite con successo e corrette dalle tecniche di yoga.

Le asana di flessioni in avanti, di estensione indietro e di flessione laterale mobilitano le articolazioni intervertebrali, sviluppano la muscolatura di sostegno della colonna vertebrale, rafforzano i legamenti e massaggiano i nervi e i vasi sanguigni. Questo è essenziale per mantenere in perfetta salute la colonna vertebrale, soprattutto dalla mezza età in poi. Poiché questo sviluppo e ‘manutenzione’ interessano entrambe le parti, la possibilità di tensioni disuguali sulla colonna vertebrale è ridotta. Nelle cosiddette ‘sindromi da ernia del disco’, compresa la sciatica, le asana di estensione indietro della parte inferiore della colonna vertebrale, come ad esempio shalabhasana, ushtrasana, dhanurasana e bhujangasana sono analoghe agli esercizi di estensione proposti dai fisioterapisti. Shavasana rilassa l'intera muscolatura. Tadasana allunga i legamenti della colonna vertebrale, allevia la pressione sui dischi intervertebrali e riduce l'usura. Allo stesso modo, le asana capovolte (sirshasana, sarvangasana, viparita karani mudra) cambiano i punti di pressione, che fanno gravar il peso del corpo sulle vertebre lombari. Questo riduce lo sforzo sulla parte bassa della schiena. Bhastrika pranayama, uddiyana bandha, agnisar e nauli sviluppano gli addominali, la muscolatura, rimuovono l'obesità e la conseguente deformazione della colonna vertebrale.

Di fatto, oltre l’80% (4 su 5) dei casi di mal di schiena sono dovuti a cause che possono essere prevenute o alleviate dalla corretta applicazione di semplici metodi di yoga.

Gli effetti del Pranayama sul cervello

Sannyasi Sivagyana (Richard Budden), Australia

Il pranayama, o espansione del prana o dell’energia vitale, avviene tramite le pratiche di prana nigraha, o controllo del prana (1). In quest’articolo si esamineranno varie pratiche di prana nigraha che contribuiscono, inizialmente, a modificare lo stato psicologico del cervello e, si dice, a risvegliare il prana nei chakra, o centri psichici, all’interno del corpo umano. Vi è un commento sugli effetti che le pratiche del prana nigraha hanno avuto sullo scrittore. È inclusa la relazione di un esame medico effettuato su un praticante di yoga, che conferma la capacità del pranayama d’influenzare l’attività cerebrale dell’individuo. La conclusione è che una pratica prolungata di prana nigraha porta al pranayama che può influenzare significativamente gli aspetti fisici, pranici, mentali e psichici del cervello umano.

Swami Niranjanananda Saraswati definisce il prana, o l’energia vitale, come: “L’essenza di tutta la creazione, delle forme manifeste sia animate sia inanimate, la forza che determina l’esistenza della materia e degli elementi” (2). Il prana nigraha è la manipolazione del respiro che porta al controllo del prana. Quando è praticata regolarmente prana nigraha porta al pranayama, o all’espansione dell’energia vitale.

Il pranayama controlla gli upa prana (i sub prana), crea l’armonizzazione fisiologica del corpo e porta al risveglio del prana nei chakra (centri psichici). Quando il prana è risvegliato nei chakra inizia il pranayama. L’apice è la fusione delle forze di apana, prana e samana in manipura chakra che, a sua volta, genera l’attivazione dei prana udana e vyana. Quando i cinque prana operano simultaneamente, la kundalini (l’energia spirituale o il potenziale evolutivo) (3) si risveglia ed inizia il processo di auto-realizzazione (4).

Il pranayama si divide in tre stadi:
1.    consapevolezza del prana;
2.    prana nigraha;
3.    espansione del prana.

Il prana stesso ha due aspetti. Uno è prana shakti, che è la forza vitale ed è costituita dai cinque prana minori (5). L’altra è manas o chit shakti, la forza mentale o conscia, situata nel cervello. Senza prana il corpo e la mente sono morti.

La scienza moderna asserisce che ci sono dieci aree nel cervello e di queste ne usiamo solo una, al nostro attuale stato di evoluzione. L’uso del restante 90% richiede la distribuzione del prana, per risvegliare queste aree. La mente subconscia e la sua relazione con la mente conscia sono trattate con il pranayama, tramite la creazione di un’interfaccia tra le due, in quell’area del cervello chiamata “sistema di attivazione reticolare” (RAS) (6).

Il RAS è l’attivatore delle varie parti del cervello. L’uomo è in grado d’influenzare il RAS solo tramite il respiro. Nessun’altra funzione del sistema nervoso autonomo può essere controllata dall’attività conscia dell’essere umano. Controllare il cervello tramite il RAS per mezzo della respirazione conscia è un metodo grazie al quale ogni altra funzione del corpo può essere controllata, ad esempio, il battito cardiaco, la pressione del sangue, la digestione, l’eliminazione e l’assorbimento. Perciò, il controllo del subconscio si può raggiungere tramite la pratica del prana nigraha e del pranayama (7)

Di seguito esamineremo quattro pratiche di pranayama per verificare i loro effetti sul cervello e sulle altre parti del corpo. Queste pratiche sono selezionate sulla base della loro importanza nelle pratiche di yoga e la loro riconosciuta influenza sul corpo fisico e psichico.

Kapalbhati
Van Lysbeth asserisce che kapalbhati influenza la circolazione del sangue all’interno del cervello. Kapalbhati cambia il volume del cervello, insieme al ritmo respiratorio, e aumenta anche l’irrorazione della materia cerebrale. La respirazione normale consiste in 12-18 “massaggi” al minuto, mentre kapalbhati può comportare fino a 120 “massaggi” al minuto, il che porta ad un significativo aumento del volume sanguigno in tutto il cervello migliorandone così l’irrorazione.

I capillari si aprono e le cellule cerebrali collegate alla ghiandola pineale e pituitaria ricevono una significativa stimolazione (8). È logico concludere che l’aumento dell’irrorazione sanguigna del cervello è accompagnata da un elevato livello pranico e ciò garantisce anche un’armoniosa distribuzione di prana in tutto il corpo.

Van Lysbeth supporta questa conclusione come segue: “Insieme all’accelerazione della circolazione sanguigna in tutto il corpo, questa stimolazione del cervello e quindi del sistema nervoso centrale, produce una “relazione” speciale del corpo che rinvigorisce e tonifica ogni cellula” (9).

Kapalbhati riduce il rapporto tra il respiro verso l’esterno ed il respiro verso l’interno, nel kundalini yoga, ad un quarto. Questo, a sua volta, aumenta il controllo del respiro, lo allunga fino al punto limite e influenza drasticamente l’anidride carbonica, la chimica, gli acidi e gli alcali del sangue (10). Quando la quantità di anidride carbonica nei polmoni è elevata, si attiva il processo dell’inspirazione: per questo il corpo è molto sensibile ai livelli di anidride carbonica.   

Kumbhaka
Nella pratica di kumbhaka, la ritenzione del respiro, che può essere antar (interna) o bahir (esterna), si raggiunge un punto limite di tolleranza del bisogno d’ossigeno ed un incremento di anidride carbonica. Kumbhaka, praticato per un certo tempo, consentirà al corpo di trattenere l’anidride carbonica ed abituarsi a un livello ridotto d’ossigeno per ottenere un ipometabolismo, cioè un rallentamento del tasso metabolico. Il livello di produzione dell’anidride carbonica è anch’esso ridotto e ciò produce un effetto sottile, che avviene con un controllo consapevole della respirazione. Questo effetto influenza il cervello e la chimica del corpo e riduce la necessità di respirare quando si fa esperienza di un accumulo di anidride carbonica (11).

Anche kumbhaka esterno influenza fisiologicamente il corpo, generando un processo mentale di pausa, a causa di un vuoto creatosi all’interno del corpo. Quest’azione è molto utile nella pratica di pratyahara, il ritiro dei sensi, e in dharana, la concentrazione, come prerequisito per raggiungere lo stato di meditazione.

Il kumbhaka ferma i ritmi vitali del corpo ed influenza le onde cerebrali. Il controllo delle onde cerebrali è la chiave per controllare tutti i ritmi del cervello (12). Gli effetti di bahir kumbhaka sono molti: in linea generale, il corpo e la mente imparano a rimanere calmi anche sotto stress.

Nadi shodhana
Kumbhaka è usato nella pratica di nadi shodhana, la respirazione a narici alternate. Nadi shodhana è la “pratica di equilibrio perfetto” (13): stimola in maniera equa il lato destro e sinistro del cervello e del corpo. Ida e pingala, le nadi, o canali pranici principali, sono bilanciate e questo modifica il processo del pensiero umano, equilibrando l’introversione e l’estroversione. Gli antichi yogi avevano notato che quando ida e pingala sono in equilibrio e purificate, la nadi centrale, sushumna, inizia a fluire, portando ad un aumento della consapevolezza ed allo stato meditativo (14).

Nadi shodhana impone un ritmo al respiro e alle nadi, rispetto allo stato irregolare che si ha normalmente. La vita moderna ha soppresso i ritmi naturali della natura dal corpo umano e nadi shodhana aiuta a portare il corpo, il prana e l’attività mentale in equilibrio. Varie ricerche hanno dimostrato che nadi shodhana influenza le onde cerebrali imponendo un’onda sinusoidale regolare all’attività del cervello normalmente irregolare, imponendo una disciplina alle irregolarità dei processi mentali e, infine, ai ritmi autonomi del corpo.

Kumbhaka in nadi shodhana crea un blocco momentaneo dei ritmi del corpo, cambia l’abituale relazione tra l’anidride carbonica e l’ossigeno, influenzando, così, l’intero sistema. Antar kumbhaka evidenzia la quantità di ossigeno e bahir kumbhaka sottolinea la fase relativa all’anidride carbonica (15).

Ujjayi
Ujjayi, o respiro psichico, prodotto da una leggera contrazione della gola, ha un effetto sottile sull’attività cerebrale mediante quattro processi:

1.    Aumenta la pressione dell’aria nei polmoni ed espande l’uso effettivo degli stessi. Questo assicura il trasporto di ossigeno verso ogni cellula all’interno dei polmoni, rispetto alla percentuale significativamente minore che si avrebbe con una respirazione normale.

2.    L’aumento del trasporto di ossigeno nei polmoni favorisce il flusso sanguigno attraverso il corpo, mentre si è in uno stato di rilassamento. L’effetto è simile a quello raggiungibile quando il corpo è attivo fisicamente, con il vantaggio che l’intero corpo rimane in uno stato di rilassamento (16).

3.    Una consapevolezza cosciente è trasferita alla mente inconscia e questo influenza il sistema nervoso che governa la respirazione. Il sistema nervoso è sottoposto ad un ritmo regolare e ciò ha un effetto profondo sul piano psichico della mente.

4.    La contrazione della gola generata da ujjayi influenza i seni carotidei che regolano la pressione del sangue nelle arterie. Ujjayi esercita una leggera pressione sui seni carotidei che, con il tempo, abbassa la pressione sanguigna con conseguente riduzione della tensione ed un rallentamento dei processi del pensiero nella mente (17).

Esame medico di un adepto di yoga
L’effetto delle pratiche di prana nigraha sottolineate sopra è stato, in parte, motivato da un lavoro esposto al quinto convegno annuale dell’Associazione Internazionale per la Ricerca sulla Religione e la Parapsicologia del 1977. Una ricerca rivelò che Ramananda Yogi, che praticava pranayama da diversi anni, aveva l’abilità di controllare il muscolo cardiaco ed era, quindi, in grado di controllarne la funzione. Durante il pranayama, Ramananda Yogi era in grado di ridurre le pulsazioni da 100 a 65-80 battiti al minuto, anche se tali modifiche potrebbero essere pericolose per chi non pratica pranayama (18). Si è inoltre concluso, in occasione della conferenza, con analisi biologiche, che Ramananda Yogi era in grado di controllare il tasso metabolico basale tramite il pranayama (19).

Gli effetti del pranayama sul cervello, come particolareggiato da Swami Niranjanananda e dai risultati dei test clinici forniti dall’Associazione Internazionale per la Ricerca sulla Religione e la Parapsicologia, convalidano l’influenza profonda del pranayama sul corpo fisico e sulla mente.

Esperienze dello scrittore
Mentre un intenso pranayama porta ad un significativo controllo del cervello, le pratiche di prana nigraha eseguite dallo scrittore hanno creato dei sottili cambiamenti nell’abilità di controllo sia del respiro sia dell’energia all’interno del corpo. È più difficile rilevare eventuali effetti importanti sulla fisiologia del corpo, ma vi è stato un chiaro cambiamento nello stato di unidirezionalità e calma della mente, rispetto ai precedenti due anni, come risultato delle pratiche di kapalbhati, nadi shodhana, bhastrika e della respirazione in ujjayi.

Gli antichi testi yogici trattano della capacità del pranayama di controllare la mente. L’Hatha Yoga Pradipika di Yogi Swatmarama afferma che il controllo del prana può controllare la mente: “Quando il prana si muove, chitta (la forza mentale) si muove; quando il prana è senza movimento, chitta è senza movimento. Attraverso questo (la stabilità del prana), lo yogi raggiunge la stabilità della mente e ciò riduce vayu (l’aria)” (20).

In conclusione, gli attuali scritti di riconosciuti yogi e le ricerche sugli effetti delle pratiche del pranayama, confermano l’antica visione yogica secondo cui il pranayama esercita dei profondi effetti sul cervello umano. Anche la limitata esperienza dello scrittore conferma la visione che le pratiche di pranayama possono avere degli effetti sottili sul cervello, sul benessere ed influenzano il livello della spiritualità dell’individuo.

Bibliografia
(1) Saraswati, Swami Niranjanananda, Yoga Darshan, Sri Panchdashnam Paramahamsa Alakh Bara, Deoghar, 1993, p.134.
(2) ibid.
(3) ibid. p.463.
(4) ibid. p.150.
(5) ibid. p.308.
(6) ibid. p.309.
(7) ibid. 
(8) Van Lysbeth, Andre. Pranayama: The Yoga of Breathng, Union Paperback, London, 1979, pp.155-7.
(9) ibid.
(10) Saraswati, op cit. pp.342-3.
(11) ibid. pp.323-4.
(12) ibid. p.331.
(13) ibid. p.333.
(14) ibid. 
(15) ibid. pp.332-3.
(16) ibid. pp.336-7.
(17) ibid. pp.337-8.
(18) Motoyama, Hiroshi (ed), “Western and Eastern Medical Studies of Pranayama and Heat Control”, in Research for Religion and Parapsychology, The International Association for Research for Religion and Parapsychology, Tokyo, 1977 pp.23-4.
(19) ibid. p.42. 
(20) Swatmarama, Yogi, Hatha Yoga Pradipika, 2nd edition, Bihar School of Yoga, Munger, 1993 p.134.
(21) Saraswati, Swami Niranjanananda, Prana Pranayama and Prana Vidya, Bihar School of Yoga, Sri Panchdashnam Paramahamsa Alakh Bara, Deoghar, 1993.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1997/ajan97/pranbran.shtml

La dieta yogica corretta

Molte persone si chiedono quale sia la dieta ideale per un praticante di yoga. Durante il corso di kriya yoga tenuto al Satyananda Ashram di Barcellona nel settembre del 1981, Swami Satyananda Saraswati diede la seguente risposta.

Un grande equivoco si è avuto nel corso degli ultimi 20-30 anni per quanto riguarda la dieta più adatta agli aspiranti di yoga. Molti praticanti hanno creduto che uno yogi dovrebbe assumere latte, frutta e verdura cruda. Ma questo non è corretto e io non l’ho mai consigliato, vista la mia osservazione ed esperienza su quest’argomento. Attraverso molte prove ed errori sono giunto alla conclusione che alcuni alimenti non sono appropriati per il corpo umano. Se analizziamo le secrezioni del tratto digestivo e delle gengive, i denti e la saliva, se esaminiamo la forza delle mucose in tutto il tratto alimentare, la lunghezza degl’intestini e li paragoniamo con quelli di altri animali carnivori, o con quelli degli animali che vivono di frutta, troveremo che c’è una differenza sostanziale. La lunghezza dei nostri intestini è la prova che il corpo umano dovrebbe alimentarsi solo di cibi cotti.

Di tanto in tanto ho accennato alla dieta yogica, ma vi darò alcune idee in più.  La cosa migliore che possiate fare è venire qui in ashram per qualche giorno e seguire la dieta che seguiamo. Certamente questa non include burro e grasso, cibi crudi e frutta. Il cibo che gli aspiranti di yoga assumono dovrebbe essere cotto e contenere condimenti. Non ho usato la parola ‘spezia’, ho usato la parola ‘condimento’ perché i condimenti contengono alcuni elementi identici agli enzimi all’interno del corpo. Ad esempio il coriandolo, i semi di anice, il pepe nero, il pepe verde, il pepe rosso, i chiodi di garofano, il cardamomo, la cannella ed altri. Tutti questi non sono speziati come gusto: sono condimenti con proprietà che sono le stesse degli enzimi all’interno del corpo.       

Il tema della dieta è sicuramente pertinente agli stadi più elevati dello yoga. Quando avviene il fenomeno del risveglio della kundalini in ajna e in sahasrara chakra, il sistema digestivo è sottoposto ad un cambiamento. Non sarà più capace di digerire bene il cibo o creerà ciò che chiamiamo ‘fame’, ingordigia. Quindi, quando ingerite una piccola quantità di cibo accade che le secrezioni idrocloridriche e gli enzimi non vengano impegnati. Perciò, qualsiasi cibo mangiate, il procedimento migliore è che per prima cosa lo cuciniate aggiungendo i condimenti necessari.  

La scienza della dieta è indipendente ma sicuramente correlata a ogni sistema di yoga. La dieta è differente da yoga a yoga. Qui sto parlando della dieta per il risveglio della kundalini e della sua conseguente unione con Shiva. Non sto parlando della dieta che occorre seguire in hatha yoga, che è totalmente differente, perché se praticate shankhaprakshalana e poi mangiate tutto questo pepe rosso e nero, sicuramente soffrirete. Il regime dietetico di un karma yogi, di un bhakti yogi, di un raja yogi, di un hatha yogi e di un kriya yogi non può essere lo stesso.

La dieta di un bhakti yogi è molto libera. Egli può mangiare ciò che vuole. Può assumere formaggio, burro e ogni tipo di dolciumi e alimenti confezionati perché il sentiero del bhakti yoga non rallenta i processi digestivi. La stessa cosa è applicabile per un karma yogi. Può mangiare di tutto perché lavora duramente tutto il giorno nel giardino del guru o in cucina. Può mangiare cibo crudo o cucinato, tutto va bene perché nel suo caso il metabolismo è veloce, quindi non deve prestare particolare attenzione alla dieta.

Nel raja yoga, quando si sta seduti a lungo per la meditazione, la temperatura interna del corpo, che è responsabile della digestione, si abbassa. Una dieta pesante richiede un metabolismo e una temperatura corporea elevati per il corretto funzionamento del processo digestivo. Se un praticante di raja yoga assume cibi pesanti, nel corso del tempo, soffrirà di problemi di dispepsia, pressione alta, reumatismi e problemi coronarici.

Quando parliamo di dieta, non dobbiamo discutere in termini di puritanesimo. Dobbiamo considerare solamente una cosa: se il corpo è in grado oppure no di digerire tutto il cibo. Per digerire il cibo che mangiate avete necessità di cinque secrezioni digestive in giusto equilibrio e avete anche bisogno di uno specifico gruppo di enzimi. Oltre a tutto ciò, avete bisogno di un’adeguata temperatura interna del corpo, che varia nelle differenti aree del corpo.

Dalla bocca al retto ci sono differenti zone. Nell’intestino tenue è richiesta una temperatura costante per lungo tempo. Nello stomaco si ha bisogno di una temperatura elevata per un massimo di tre ore. Se la temperatura elevata rimane per più di tre o quattro ore svilupperete iperacidità e ulcere gastriche. Se avete una bassa temperatura nell’intestino tenue avrete disturbi gastrici. Se avete un’elevata temperatura nell’intestino crasso avrete diarrea, dissenteria o colite.

Queste temperature sono influenzate da un prolungato periodo di meditazione e di sadhana e se ciò è parte della vostra routine quotidiana, dovrete regolare la dieta. Per prima cosa, le verdure devono essere ben cotte in modo che la bassa temperatura non disturberà la digestione nel corpo. In secondo luogo, è necessario aggiungere qualcosa alle verdure per aiutare il funzionamento degli enzimi digestivi e degli acidi per risparmiare energia.

Alcuni cibi, come ad esempio la papaya, l’ananas e i germogli di soia contengono enzimi. Il coriandolo, il pepe, la curcuma, i semi di anice, il pepe di cayenna, i semi di cumino, i semi di senape, l’olio e la cipolla sono chiamati digestivi perché aiutano il processo digestivo ad andare avanti senza intoppi. Alcune medicine allopatiche per l’indigestione sono fatte proprio con queste sostanze. Ci sono anche molte erbe che aiutano la digestione. La menta piperita, l’erba medica e la camomilla sono, probabilmente, le più note.

Avendo fatto uno studio approfondito sui cibi naturali e avendoli testati su me stesso, sono giunto alla conclusione che una combinazione di cibi naturali e macrobiotici è la cosa migliore. Ho scoperto anche che invece di cucinare il cibo nello stomaco è meglio cucinarlo nella maniera corretta in padella. Cinque o sei sostanze digestive dovrebbero essere aggiunte al cibo mentre si sta cuocendo. Mescolandoli nel cibo fanno si che il processo di cottura liberi gli enzimi e le sostanze chimiche che aiutano la digestione. La combinazione di calore, sostanze digestive ed enzimi rompe il cibo in componenti di base sempre più piccoli, rendendolo più facile da digerire e facendo risparmiare energia.

C’è un cibo meraviglioso che ho testato su di me nel corso di diversi anni perché in ashram non è possibile avere differenti tipi di diete per ognuno e non si ha molto tempo e denaro. Così ho provato a sviluppare due semplici tipi di cibi, uno per quelli a cui piace il grano e l’altro per chi ama il riso. Si chiama khichari integrato. Per prima cosa dovete cucinare riso e dhal, poi aggiungere tutte le verdure. Potete aggiungere di tutto: tutto va bene. È il pasto più economico e soddisfacente che abbia mangiato ovunque, in ogni parte del mondo. Nient’altro può essere paragonato a questo tipo di cibo. È il migliore per le persone cui piace il riso. Per chi preferisce il grano c’è un altro modo per prepararlo usando il grano spezzato. Bisogna cucinarlo finché diventi morbido quindi aggiungere il dhal e le verdure e terminare la cottura. Quando mangerete questo khichari dovrete sentirvi liberi di mangiarne quanto ne volete senza alcun timore. Questa è la dieta per una persona impegnata in un’intensa vita spirituale e che sta per fondersi nello stato finale.   

Negli anni recenti molti ricercatori si stanno interessando alla dieta e diversi sistemi sono stati analizzati e testati. La dieta giusta è un aiuto per l’aspirante spirituale, ad ogni livello. La dieta è tanto importante quanto lo yoga. Ma se v’interessate solo alla dieta e non praticate yoga, allora siete dei fanatici del cibo. Quindi, in riguardo alla dieta c’è un punto che dovete ricordare. La coscienza è oltre la dieta. Qualsiasi cosa mangiate, frutta, verdure crude o cotte, formaggio, burro, manzo o prosciutto, non fa nessuna differenza per la coscienza.

Tratto da http://www.yogamag.net/archives/1982/isep82/cordiet.shtml

Sanyam: personalità equilibrata

Swami Niranjanananda Saraswati

Ci può spiegare Sanyam, il metodo per far evolvere la mente insieme al cuore? Come possiamo collegare la mente con sentimenti composti di compassione e amore?
Solitamente sanyam è definito, in inglese, come ‘controllo’, ma ‘controllo’ non rende l’esatto significato. Il termine sanscrito 'sanyam' è composto da due radici, 'sam' e 'yam'. Yam è come yama negli Yoga Sutra: uno stato della mente che si deve mantenere e che si può coltivare e sviluppare. Sam significa totale: la personalità totale, l'espressione totale, il comportamento totale; tutte le dimensioni della natura umana. Quindi, sanyam significa letteralmente che tutte le dimensioni della personalità umana sono impegnate in un processo di trasformazione e abbellimento e questo stato è mantenuto e sviluppato.

Sanyam lavora a vari livelli: sensoriale, mentale, psichico e spirituale. Sanyam, o il processo di trasformazione, si applica a ogni espressione della vita, compreso il comportamento, l'atteggiamento, la parola e il pensiero.

Qual è lo scopo di sanyam? Gli psicoanalisti delle epoche passate e moderne hanno descritto diversi stati di consapevolezza. La mente è la consapevolezza interattiva, la superficie della consapevolezza. Vi sono, poi, ulteriori classificazioni in base all’intensità dell'esperienza: conscio (jagrat), subconscio (swapna) e inconscio (sushupti). Ma cos’è la mente cosciente? Cos’è la mente subconscia e la mente inconscia?

La mente conscia
Possiamo descrivere l'esperienza di jagrat come il modo in cui si risponde alle attività della mente conscia. In questo momento siete all’aperto e c'è luce dappertutto, tutto è illuminato. Potete vedere fin dove volete, non ci sono ostacoli: questa è la dimensione cosciente. Tuttavia, non potete essere consapevoli dell’intera dimensione conscia allo stesso tempo, proprio come non potete essere consapevoli dell’ambiente totale o del contesto allo stesso tempo. Non sapete cosa sta succedendo dietro di voi, ma non state dormendo. Non sapete cosa sta avvenendo accanto a voi, anche se i vostri occhi sono aperti. Non sapete cosa sta succedendo sotto di voi, anche se siete consapevoli. Quindi, dov’è la focalizzazione?

Vi farò un esempio. State guardando me, il fascio di luce della torcia della vostra attenzione è su di me, ma intorno a voi stanno accadendo molte cose. C’è il canto degli uccelli, il rumore delle automobili e la musica. Ci sono vari oggetti, alberi, fiori ed edifici intorno a voi e dietro di voi. Sapete che esistono, ma se volete metterli a fuoco dovete consapevolmente ascoltarli o guardarli. L’obiettivo, il fascio di luce della torcia della coscienza è la consapevolezza, l'attenzione. Se guardate in un’altra direzione la coscienza si sposta. Siete svegli, non state dormendo, non state sognando o fantasticando ma se semplicemente guardate da un’altra parte, la focalizzazione si sposta. Perciò anche nella dimensione cosciente la consapevolezza è limitata all’esperienza in corso, a dove i sensi sono collegati. I nostri sensi hanno dei limiti: non possono essere consapevoli simultaneamente dell'intera creazione. Potete guardare a nord, est, sud o ovest, ma non in tutte e quattro le direzioni simultaneamente. Questa è la natura della consapevolezza jagrat. Ogni cosa è illuminata, anche se la focalizzazione della consapevolezza è solo sull’oggetto che viene messo in evidenza grazie al suo coinvolgimento con i sensi.

Cosa avviene in questo procedimento? Mentre state guardando quel palazzo, qualcuno dietro di voi tira fuori una pistola e vi prende di mira. La stessa cosa accade anche nella mente. Si sviluppano varie aspettative e ambizioni che non possono essere affrontate. Si manifestano tutte mentre guardate da un’altra parte. Non sapete nemmeno da dove sono venute fuori ma, all'improvviso vi ritrovate a dover affrontare quella passione ossessiva, quell’aggressività ossessiva, senza nessuna logica o ragione apparente. Un minuto prima eravate in pace con voi stessi e un minuto dopo siete disturbati. Tutto questo accade in jagrat, a livello conscio.

Il subconscio
Cos’è swapna, il subconscio? All'interno di un edificio c'è la luce, ma non la luce solare diretta. È fioca e se avete bisogno di lavorare lì dentro, dovete accendere una luce. La luce in un’area dell'edificio illumina solo una zona particolare. Il subconscio è come la mente cosciente ma, invece di essere completamente illuminato dalla luce del sole onnipervadente, è illuminato in parte, dalle singole lampadine che rappresentano le memorie, le impressioni, i pensieri, le ambizioni, le forze, le debolezze, i desideri e le passioni. Tutte queste aree sono illuminate in modo indipendente, non da un'illuminazione omogenea, ma da singole lampadine che illuminano solo quella particolare area. Quindi quando si entra in swapna, non è né luminoso oscuro. Ogni lampadina rappresenta un'esperienza individuale, una memoria o una qualità. Questo è il subconscio.

L’inconscio
La caratteristica dell'inconscio è l’assenza della luce, l’assenza di consapevolezza, l’assenza di conoscenza ed esperienza. Tutto esiste ma non c'è nessuna connessione, nessuna relazione, così come i colori e le forme degli alberi e dei fiori esistono di notte, ma voi non li vedete. Tutto continua ad esistere, in attesa che la luce li illumini. Questo è l'inconscio.

Le attività ed i contenuti del conscio, del subconscio e dell’inconscio si riflettono nella nostra vita e nel nostro carattere. In ognuno di noi la natura limitata e condizionata è tamasica. Lo scopo del sanyam è di trasformare questi stati tamasici di consapevolezza che attualmente sono focalizzati solo sull’associazione dei sensi con gli oggetti in modo da ricavarne la saggezza e l’esperienza adeguate.

Se volete generare energia elettrica da un fiume che scorre per prima cosa è necessario contenerne il flusso con la costruzione di una diga che lo trattiene; costruendola gradualmente, a poco a poco, in modo controllato, si permette al fiume di passare attraverso uno sbocco con una certa forza, creando così un altro tipo di energia, l’energia idroelettrica. Non si prosciuga l'intero letto del fiume, ma ci si assicura che il normale flusso del fiume diventi la causa di una maggiore fonte di energia per uno scopo particolare. Quest’azione controllata e guidata è nota come sanyam.

Gestire i sensi
La pratica del sanyam, all’inizio, è sensoriale. L'associazione con i sensi – il gusto, le impressioni visive e tattili, gli odori, i suoni - deve essere frenata, perché sono i sensi che fanno nascere le voglie e i desideri. Gli occhi guardano un fiore. Lo riconoscono e ne apprezzano la bellezza, il colore e l'odore. Improvvisamente arriva un desiderio: “È bellissimo, lo voglio!" È naturale che questo desiderio arrivi. Ma questo desiderio ha due parti: la prima parte è il riconoscimento della bellezza del fiore e la seconda il volerlo possedere. L'associazione degli organi di senso con l'oggetto ha fatto nascere un desiderio di possesso. La bellezza è stata vista dagli occhi, ma l'idea del possesso è arrivata dopo che la bellezza è stata apprezzata dalla mente. Questo può essere applicato a tutto - ai beni di lusso, alle case, alle automobili, agli impianti stereo, ai televisori, ai fidanzati, alle fidanzate, a tutto ciò che appartiene a questo campo – e, di conseguenza, si evocheranno tutte le risposte emotive e intellettuali.

Gestire queste risposte emotive è il punto successivo del sanyam. Se ci si ferma al punto in cui si dice "Questo fiore è bellissimo", allora questo è sanyam. Se si entra nella seconda parte, "Vorrei possederlo", allora non è più sanyam, diventa swartha, egoismo. Sanyam è l'apprezzamento della bellezza; swartha è il desiderio di possederlo. Come prima cosa deve avvenire il sanyam sensoriale. Non c'è niente di sbagliato nel desiderio per la pizza, ma se ci pensate ogni giorno, questo desiderio diventa un'ossessione. Quindi, per prima cosa occorre gestire i sensi attraverso sanyam.

Gestire gli istinti
Dopo i sensi, ci sono i quattro istinti: ahara, il desiderio di appagamento e soddisfazione; nidra, la voglia di rilassarsi, di dormire e delle comodità; bhaya, le insicurezze e le paure; maithuna, le passioni sensuali. Questi devono essere gestiti con sanyam. Siamo talmente coinvolti nei nostri pensieri istintivi che rimaniamo legati a diverse idee, oggetti, ambienti e climi, sia esterni sia interni. Se impariamo a non rimanere legati alle piccole sollecitazioni e alle associazioni degli istinti possiamo risolvere moltissimi problemi mentali e psicologici.

Una semplice idea può diventare un'ossessione ed essere tanto potente da cambiare completamente l’atteggiamento mentale e il comportamento. Questo è conosciuto come istinto e spesso non c’è alcun controllo cosciente su di esso. Il comportamento di molte persone è compulsivo: sono costrette a comportarsi in un certo modo. Alcune persone non possono vivere senza essere negative, devono trovare sempre un modo per fare un commento sprezzante, senza rendersi conto d’averlo fatto. Anche questa mancanza di consapevolezza delle proprie azioni, del comportamento e dell’atteggiamento può essere cambiato con la pratica di sanyam.

Sanyam: il cibo per l'anima
Si può dire che il cibo è necessario per il corpo, il piacere lo è per la mente e sanyam per l’anima o atma. Il corpo non può sopravvivere a lungo senza cibo. Il cibo nutre e rivitalizza il corpo, e, grazie a ciò, esistiamo. Il cibo crea prana che mantiene la struttura fisica. Se non mangiate, il prana gradualmente s’impoverisce, la vitalità diminuisce e il corpo diventa debole e malato.

Il piacere svolge lo stesso ruolo per la mente. Se si è continuamente sotto pressione e tensione, la mente si blocca in uno stato nero da cui non può tirarsi fuori. Per eliminare questo stato, è necessario il piacere. Esso rinvigorisce la mente, ravviva il prana mentale. Se leggete un buon libro, la mente cambia. Se guardate un bel film, se giocate, scherzate o ridete, avrete un temporaneo cambiamento. Questi cambiamenti temporanei mantengono la mente lontana dalle aree di frustrazione e di ansia e la rivitalizzano.

Sanyam svolge lo stesso ruolo per l'anima. L'anima è un’energia. È una shakti così come lo è la mente. Ma è più sottile della mente. Il corpo è la forma manifesta e grossolana di questa shakti, la mente è la forma sottile e lo spirito ne è la forma causale. Perché ci occupiamo del corpo e della mente e ignorando l'anima?

Ci prendiamo cura del corpo e della mente perché ci identifichiamo con essi, sono più visibili, tangibili e comprensibili. Ma lo spirito è il vero sé dentro di noi e quest'energia è influenzata dagli stati della mente e del corpo. L'unico modo per liberare l'energia dello spirito è attraverso sanyam. In questo contesto, sanyam significa mantenere un atteggiamento equilibrato in modo che gli istinti, i desideri ossessivi e oscuri, le zone buie della psiche che ci portano lontano dalle espressioni del cuore o dell’anima non possano più distrarci. Solitamente coltiviamo delle impressioni egoistiche verso cui la mente e i sensi vanno in maniera naturale. In questo modo sanyam aiuta a riallineare la consapevolezza in modo da esprimere le energie di atma, dell'anima.

Il corpo, la mente, le emozioni e lo spirito devono essere visti come un’unità. In questo modo possiamo capire come raggiungere la dimensione dello spirito utilizzando il corpo e la mente per esprimere compassione e amore, il linguaggio del cuore.

Sanyam di per sé è un sadhana completo che può prendere una vita intera per essere perfezionato. Potete perfezionare qualsiasi posizione in un mese. Si può imparare kriya yoga e kundalini yoga e avere buone esperienze in sei mesi. Ma per padroneggiare sanyam può essere necessaria una vita intera, perseverando ogni giorno nel sintonizzare la radio della testa, la radio delle emozioni e quella delle esperienze sensoriali.

Il vero yoga è sanyam, non sono le asana, il pranayama e la meditazione, perché sanyam trasforma e abbellisce l’intera dimensione della personalità umana. Asana, pranayama e meditazione sono solo passatempi, divertimenti e giochi, modi per allietare la vita, ma il vero yoga è sanyam.
Ganga Darshan, Ottobre 2004