martedì 20 settembre 2016

Yoga Panorama n.3, anno 2016

Madre Natura

Vivete in completa armonia con la Natura.
Fate esperienza della grazia di Dio
nello splendore dell’universo.

Siate benedetti dall’amore rassicurante di Dio.

L’aurora soave addolcirà la vostra anima,
il mezzogiorno abbagliante placherà i vostri cuori agitati
e la serena musica della vostra anima
vi guiderà verso la pace e la prosperità.

E quando il giorno sarà terminato
dormirete nel grembo di Madre Natura.

Yajur Veda (34.37)

L’energia del sole e Surya Namaskara

 
Swami Santaramananda Saraswati

Fondatore, in Spagna, del Satyananda Ashram 

Ogni attività vitale trae la sua energia dalla luce del sole, assorbita direttamente dalla clorofilla delle piante. Nell’uomo è assorbita dai mitocondri, simili a dei batteri in miniatura, che immagazzinano l’energia indispensabile per l’organismo.

Prima di trattare dettagliatamente i processi di trasformazione di milioni di cellule che costituiscono il nostro corpo, dobbiamo soffermarci sulla prima fonte di energia: il sole. Come entra in contatto con le cellule vegetali e animali, la luce del sole si trasforma in vita. È la trasformazione dell’energia della luce in un’altra, che è chimica, a permettere alle cellule di moltiplicarsi. È allora che l’evoluzione diventa possibile. Il grano spunta dalla terra e si sviluppa. La lumaca cammina verso il suo cibo. L’uomo pensa, costruisce, distrugge e si realizza.

Tutte le attività vitali traggono l’energia necessaria dal sole. Non si può concepire l’esistenza della vita sul nostro pianeta senza la vegetazione. Ancor meno che gli abitanti della terra, dalla lumaca al pachiderma, possano nutrirsi senza le piante verdi. Come si può notare osservando il ciclo della formazione del carbone, vi è un equilibrio naturale che ne permette la creazione e il processo si ripete instancabilmente. L’anidride carbonica permette la vita dei vegetali e, indirettamente, mantiene la nostra stessa esistenza. Se questo gas scomparisse, il regno vegetale morirebbe. La sua estinzione provocherebbe, inevitabilmente, la morte di tutti gli animali, noi compresi. Il processo di nutrizione che permette alle piante di trasformare l’acqua e l’acido carbonico nelle sostanze essenziali, come l’ossigeno, l’idrogeno, il carbonio, l’amido, lo zucchero ecc., trae energia dalla luce del sole. Questo processo cellulare è chiamato fotosintesi. Le analisi di laboratorio hanno dimostrato che la fotosintesi trasforma il settanta per cento dell’energia luminosa ricevuta dalle piante in energia chimica.

Questo dato è sorprendente, se comparato con quello ottenuto dai meccanismi di trasformazione dell’energia creati dall’uomo. I macchinari a vapore, ad esempio, difficilmente raggiungono il trenta per cento. Le piante assorbono i raggi del sole attraverso i cloroplasti, una massa di molecole formate da una sostanza chiamata clorofilla. La prima operazione della fotosintesi avviene nelle profondità di questa sostanza, che dà ai vegetali il caratteristico colore verde. A livello degli elettroni, i raggi dell’energia luminosa del sole si trasformano in energia elettrica e, poi, in energia chimica, cioè nel carburante essenziale per tutti i processi vitali. Questo carburante è denominato acido adenosintrifosfato, o ATP. Per tutte le cellule, l’ATP è quello che il carburante, o l’elettricità, è per le fabbriche. Per assicurarsi l’esistenza, gli animali e i vegetali hanno bisogno dell’ATP.

Dove prende l’energia un atleta durante un’attività faticosa? Nelle persone, come negli animali e nelle piante, l’energia è immagazzinata in cellule depositarie che hanno la forma di piccoli fagioli, chiamate mitocondri, che sono delle stazioni di energia in miniatura. Queste capsule simili a stazioni sono divise in compartimenti e hanno una complessità tale che per molto tempo sono state considerate come delle cellule all’interno di altre cellule. Le loro pareti sono permeabili e assorbono le sostanze necessarie per la fabbricazione dell’energia grossolana che rilasciano in base alla domanda. Ogni mitocondrio contiene quindicimila catene di trasformazione. Ogni cellula ha cinquantamila mitocondri e il corpo umano è costituito da migliaia di milioni di cellule. La combustione avviene in queste migliaia di milioni di fabbriche che assorbono, distribuiscono, trattano, trasformano e immagazzinano le sostanze indispensabili alla vita, arrivando a proporzioni inimmaginabili.

Il sole, molteplice fonte energetica, è la causa di tutto questo. La sua azione è all’origine delle nuvole, della pioggia e, di conseguenza, dell’energia idraulica delle cascate. La sua luce contribuisce allo sviluppo del regno vegetale e senza di essa nemmeno gli animali e l’uomo possono vivere. Con il passare del tempo, gli alberi, le piante e gli altri membri del regno vegetale si trasformano in carbone, che è l’agente energetico largamente impiegato per la vita delle fabbriche, degli impianti di riscaldamento, dei macchinari a vapore, ecc. La vita nel nostro pianeta è totalmente dipendente dal sole.

Da tempo immemore, gli uomini adorano il sole e c’è poco da meravigliarsi di questo, visto che questa palla di fuoco domina il cielo, è a noi visibile e sostiene la vita con il suo calore, la sua luce ed energia. Le società primitive hanno sviluppato miti e rituali basati sulla riverenza verso questo meraviglioso corpo celeste. Quasi tutte le grandi civiltà del passato hanno sviluppato religioni e filosofie profondamente basate sul sole. È stato personificato da varie divinità, come Mitra dei Persiani, Inti degl’Incas del Sud America, Osiris degl’Egizi, Apollo dei Greci, Baal dei Caldei e Surya degli Hindu. Tutte queste divinità rappresentano il rinnovamento dell’esistenza del mondo. Molti templi e luoghi furono consacrati per l’adorazione del sole: le piramidi in Egitto, lo Yucatan in Messico, lo Ziggurat in Babilonia e Caldea e il tempio del sole a Konarak in India.

Tutti noi adoriamo ancora il sole, in una forma o in un’altra. In primavera e in estate, dopo i lunghi e tristi mesi invernali, possiamo vedere un gran numero di persone sulle spiagge, nei parchi o nei giardini che assorbono il calore e l’energia del sole. Chi può non apprezzare la magnificenza di un bel tramonto o di un’alba e, forse, esserne anche commosso, per via di pensieri più profondi, o per nuove e strane sensazioni? E chi non ha mai sentito almeno una volta la nostra dipendenza eterna dal sole e dal suo calore, luce ed energia?

L’adorazione del sole trova il suo coronamento pratico in surya namaskara. Il termine sanscrito surya significa sole e namaskara saluto o adorazione. Per questo la pratica è nota come il ‘saluto al sole’. È stato sviluppato in India migliaia di anni fa da saggi illuminati, che prescrissero la sua pratica a tutti come parte integrante della vita quotidiana.

Surya namaskara è famoso per essere una pratica completa. I suoi benefici non si limitano a una parte della natura dell’uomo, ma include la rivitalizzazione dell’intero organismo. Surya namaskara esercita tutto il corpo in dodici movimenti.

Tramite questi movimenti, gli organi addominali e lo stomaco sono allungati e compressi. Questo crea un meraviglioso massaggio agli organi e ne assicura la corretta funzionalità. Se, al momento, essi non stanno lavorando efficientemente, li incoraggia a farlo.

Surya namaskara stimola la peristalsi intestinale, che aiuta a rimuovere la costipazione. Massaggia gentilmente i reni e stimola la circolazione sanguigna in tutto il corpo. Aumenta la sudorazione, che pulisce tutti i pori della pelle e dona al praticante una carnagione chiara e luminosa: segno di perfetta salute. Stimola il cuore senza sforzo eccessivo, come invece avviene con esercizi fisici o ginnici pesanti. La circolazione del sangue è incrementata e questo aiuta a eliminare le tossine dal corpo. Il sangue stagnante presente in alcune aree è eliminato e sostituito con sangue purificato ed ossigenato.

In surya namaskara i polmoni si svuotano delle impurità e dell’aria stagnante e il corpo è rivitalizzato da un rifornimento extra di ossigeno. Di conseguenza, il corpo e il cervello funzionano meglio. Si può quasi sentire la ricarica energetica extra. Questo armonizza il sistema delle ghiandole endocrine, ne aiuta a rimuovere le eventuali irregolarità e le massaggia, aumentando direttamente l’afflusso di sangue verso di esse.

Con i movimenti di surya namaskara, la colonna vertebrale è piegata e allungata in modo sistematico, fino alla massima estensione: questo stimola la circolazione sanguigna nel midollo spinale e in tutti i plessi nervosi. Come conseguenza si avrà salute e vitalità di tutto il sistema nervoso.

Con questa pratica vengono esercitati, allungati e compressi i muscoli e le articolazioni più importanti del corpo. Ciò aiuta il ritorno del sangue impuro e stagnante verso i polmoni e i reni per essere purificato.

La pratica di surya namaskara dà, anche, molti benefici sottili, oltre a quelli fisici. Induce pace della mente, riduce i conflitti emotivi, le nevrosi e lo stress.
È una pratica eccellente per svegliarsi la mattina e per prepararsi a tutto quello che si deve affrontare durante la giornata con forza fisica e mentale.

Nessun’altra pratica può superarla. Praticando surya namaskara per quindici minuti al giorno, si avrà un’ottima salute fisica e mentale per tutta la vita.

Chi fosse interessato a saperne di più in riguardo alla teoria e alla pratica di surya namaskara può scrivere alla B.S.Y e richiedere il libro ‘Surya Namaskara: the technique of solar revitalisation’.


Prana e Pranayama

Swami Niranjanananda Saraswati
Ganga Darshan, 26 novembre 1987
Comunemente le persone hanno un’idea molto particolare riguardo al pranayama: lo considerano una semplice pratica di respirazione. Ci sono molti aspetti che riguardano il prana che occorre considerare, come l’influenza del respiro sul corpo, sulla mente e sulla psiche.

Vi sono due concetti ben distinti: il respiro è separato dal prana e il prana è separato dall’aria che respiriamo. Il prana ha un’influenza ben definita sul corpo fisico, sul cervello, sulla consapevolezza e sull’energia, ma prima di arrivare a questo punto, dobbiamo comprendere esattamente cos’è il prana. Vi farò un esempio per spiegarvi il prana. Tutto ciò che racconterò, è assolutamente vero.

Riguarda la ricerca fatta dal Meninger Foundation degli Stati Uniti che ha coinvolto uno swami, di nome Nadabrahmananda. Lo swami venne fatto entrare in una cabina di vetro con una scimmia ed una candela accesa e gli fu chiesto di praticare kumbhaka (la ritenzione interna del respiro) e, contemporaneamente, di suonare la tabla. I ricercatori gli chiusero naso, orecchie e bocca. Non c’era alcuna remota possibilità per lui di respirare attraverso un foro qualsiasi del corpo. Quando chiusero la cabina, la candela si spense dopo circa tre o quattro minuti, la scimmia svenne dopo quindici minuti, ma lo swami continuò a suonare la tabla in stato di ritenzione interna del respiro per quarantacinque minuti consecutivi.

Questo sembra sfatare la teoria che il respiro sia legato al prana: lo swami ha detto che, mentre praticava kumbhaka, era consapevole solamente di un certo tipo di energia che si muoveva in tutto il corpo. Non era consapevole di nessuna agitazione del cuore e nemmeno dell’elevata pressione sanguigna. Quando si trattiene il respiro per un lungo periodo di tempo, si ha solo la piena consapevolezza di un’energia pulsante in tutto il corpo. Sentiva di non aver nessun bisogno di respirare. Avrebbe continuato per un tempo molto più lungo senza respirare, ben oltre i quarantacinque minuti.

Lo yoga chiarisce che il prana è una forma di energia generata all’interno del corpo e che dipende molto dallo stato della mente, dalla consapevolezza, dalle emozioni e dai pensieri, così come dagli aspetti positivi e negativi della personalità. Questo processo è noto come ‘il risveglio del prana’. Una volta che si è in grado di risvegliare l’energia pranica, il respiro automaticamente cesserà ma questo, certamente, richiede molta pratica di un perfetto kumbhaka.

Dobbiamo ricordare che, sebbene il pranayama sia una semplice tecnica d’inspirazione ed espirazione, di ritenzione interna ed esterna del respiro, genera molti cambiamenti fisici e psichici nel corpo di cui occorre essere consapevoli. Primo fra tutti, consideriamo il respiro. Sappiamo che attraverso il respiro possiamo alterare la funzione del sistema nervoso, del cuore e del cervello e indurre uno stato di rilassamento. Possiamo, anche, indurre uno stato di tensione nel corpo e nel cervello.

Il processo dell’inspirazione crea una certa resistenza fisica e tale resistenza, o tensione, non è limitata solo al corpo ma influenza anche la mente. Mentre espiriamo, eliminiamo quella tensione, quell’accumulo d’energia e raggiungiamo uno stato di tranquillità osservando il respiro. Tramite il respiro possiamo controllare il livello di tensione; che sia muscolare, nervosa o emozionale. Come si può modificare, in modo semplice, lo schema del respiro che influenza il sistema nervoso simpatico e parasimpatico, l’emisfero destro e sinistro del cervello, gli aspetti energetici di ida e pingala della nostra personalità?

Molti credono che, quando si pratica pranayama, si genera un accumulo di ossigeno nel sistema e che l’ossigeno stesso, mandato al cervello, lo rende attivo. Molti studi, però, hanno dimostrato che non si aumenta la quantità d’ossigeno nel sistema, nel sangue o nel cervello, ma si eliminano le tossine dal corpo, sia sotto forma di calore, sia come sudore. Molte volte facciamo esperienza di questo mentre pratichiamo bhastrika pranayama per lungo tempo. Attraverso il procedimento della respirazione eliminiamo anche la CO2, in tal modo, sentiamo che il livello di ossigeno è aumentato.

Ad esempio: se la quantità di ossigeno all’interno del corpo è del 10% e la quantità delle tossine è dell’8%, si considera che si ha il 2% d’ossigeno. Però, se con la pratica del pranayama si riducesse la quantità delle tossine nel sistema del 4%, la quantità di ossigeno sarebbe del 6%. Questo è ciò che realmente accade durante la pratica di pranayama. Tramite la purificazione delle tossine si ha una sensazione di energia, leggerezza, vitalità, forza, chiarezza di mente, chiarezza di percezione e massime prestazioni cerebrali. Questo è un aspetto del pranayama.

Il secondo aspetto del pranayama è che, quando respiriamo l’aria dall’ambiente, espiriamo gli ioni positivi e negativi dal corpo, indipendentemente dalla loro quantità. Uno scienziato direbbe che nell’aria ci sono cinquecento particelle di ioni negativi per centimetro quadrato, che ci fanno sentire leggeri, freschi, energici e vibranti. Se andiamo in montagna e anche dopo un temporale, l’aria è carica di elettricità, di ioni negativi. Quando pratichiamo pranayama, anche se ci troviamo dentro una stanza, dopo un po’ di tempo creiamo un tipo di elettricità statica all’interno del corpo. Se passiamo un pettine o una spazzola tra i capelli, si caricherà elettricamente di energia statica e, con esso, potremmo attrarre dei pezzettini di carta. 

Lo stesso principio è applicabile anche al pranayama. Si genera un tipo di elettricità statica all’interno del corpo che attrae gli ioni negativi dall’ambiente all’interno del nostro sistema. Per questo, anche in un piccolo spazio, in una stanza chiusa dove ci sono molti ioni negativi per centimetro quadrato, dopo la pratica del pranayama, ci sentiamo vibranti, energici e luminosi: abbiamo creato questa forma di energia statica che ha attratto gli ioni negativi dall’ambiente.

Il terzo aspetto del pranayama si riferisce al sistema nervoso. Chi ha praticato Swara Yoga ed è, quindi, maggiormente consapevole del processo della propria respirazione, sa che il respiro cambia costantemente schema di flusso nelle narici.
A volte una narice è più pulita, aperta e il flusso nell’altra è bloccato e viceversa: i due flussi cambiano periodicamente. Ogni flusso si riferisce a un particolare tipo d’esperienza del sistema nervoso. Quando il sistema nervoso simpatico è attivo, le prestazioni fisiche sono differenti. Si è più estroversi, dinamici, espansivi, allerta e consapevoli: si è molto presenti nel mondo. Quando il respiro fluisce nell’altra narice, che influenza il sistema nervoso parasimpatico, ci si sente più rilassati, tranquilli, pacifici, introversi e ciò è molto più evidente in chi soffre di problemi mentali.

Negli Stati Uniti, dove insegnano pranayama alle persone con disturbi mentali (ai soggetti iperattivi), hanno scoperto che solo con la pratica di nadi shodhana (il respiro a narici alternate), si è in grado di abbassare l’iperattività del malato e, anche, di indurre uno stato di tranquillità. Il pranayama è stato insegnato ai catatonici (ai depressi): a coloro che, se sollevano un braccio, possono rimanere così per ore, senza abbassarlo e per farlo abbassare occorre tirarlo giù, ma poi, di nuovo tornerà su.  Queste persone non hanno nessun controllo pratico sulle espressioni fisiologiche esterne e sui movimenti. Certo, all’inizio occorre ricorrere ai farmaci e rendere la mente estroversa: in questo serio stato d’introversione è molto difficile per l’individuo praticare pranayama. S’iniettano degli stimolanti nel sistema ed il paziente diventa estroverso. Quando la mente è diventata estroversa, gli insegnano dei pranayama che attivano il sistema nervoso simpatico e che li rendono estroversi: bhastrika e surya bheda pranayama. Hanno scoperto così, che quando tali pratiche sono eseguite attentamente e sistematicamente, sono molto efficaci. Quindi, l’effetto del pranayama sul sistema nervoso è un argomento molto vasto e importante.

Vi è poi un altro aspetto: il cervello. Due sono le cose da considerare. Una è l’attività elettrica del cervello, l’altra è la prestazione dei due emisferi. Siamo in grado di comprendere l’attività elettrica del cervello perché più siamo coinvolti con il mondo esterno, con gli affari quotidiani e più diventiamo tesi, maggiore sarà la frequenza delle onde beta; molti cicli al secondo, tra i venti e i trenta. Ciò riduce l’efficienza della mente. Devia la mente in varie direzioni. Nella vita se ne fa esperienza quando non si riesce a prendere una decisione perché si vogliono troppe cose, o quando ci sono troppe cose che piacciono e che non piacciono, troppe ambizioni! Non si è mai veramente rilassati.

Il rilassamento non significa sdraiarsi, chiudere gli occhi e svagare la mente. Nello yoga il rilassamento significa avere controllo sulle attività del cervello, perché tramite il cervello si può controllare il corpo e si possono controllare le funzioni della mente. Questo è il motivo per cui quando ci si distende nella posizione supina di shavasana durante Yoga Nidra, o tra un’asana e l’altra, è richiesto di osservare il respiro. Non c’è altra ragione oltre a questo. Se non ci fosse una ragione specifica, verrebbe chiesto di fantasticare su qualcosa che non è relativo al respiro, ad esempio verrebbe chiesto di vedere uno shivalingam nello spazio dietro la fronte. Potreste rilassarvi concentrandovi su uno shivalingam nel centro tra le sopracciglia, ma lo stato di rilassamento del cervello non è la stessa cosa e non sareste in grado di controllare coscientemente gli impulsi elettrici del cervello.

Chi di voi ha utilizzato il sistema biofeedback, ha visto le onde cerebrali e ha cercato di cambiarne la frequenza imparando a rilassare la muscolatura, controllando il respiro, o spostando la mente dai problemi immediati a un’altra esperienza, sa come cambiano le frequenze e come un’onda cerebrale si sovrappone ad un’altra. Questo è esattamente ciò che accade quando si pratica pranayama in uno stato mentale di conflitto, tensione e frustrazione.

Vi è una riduzione graduale delle onde beta, ma ciò non significa che le alpha siano aumentate. Vi sono pratiche di pranayama dove si bypassano le onde alpha, theta e delta. Da beta si procede verso shunya: l’assenza di attività!

Questo è stato sperimentato da diversi ed ottimi ricercatori e swami. Ho avuto l’opportunità di vedere l’esperimento di come un praticante di pranayama possa passare allo stato di shunya direttamente dalle onde beta, senza passare per le fasi di alpha, delta e theta. L’esperimento è stato condotto sullo stesso sannyasin della cabina chiusa ermeticamente, che aveva sospeso il respiro per quarantacinque minuti ottenendo un ottimo risultato.

L’aspetto successivo di cui voglio parlare riguarda i due emisferi del cervello. Ci sono molte teorie al riguardo. Si pensa che l’emisfero destro abbia una particolare area d’attività e quello sinistro un’altra. La razionalità, la consapevolezza, il dinamismo, la tranquillità sono tutte funzioni degli emisferi cerebrali. L’attività degli emisferi cambia secondo l’alternanza del flusso di ida e di pingala. Ida e pingala qui non sono il flusso del respiro alla narice destra e sinistra, ma il flusso e il volume del prana, la quantità di prana all’interno del sistema.

Conoscete l’esempio del magnete che attrae il metallo. Se davanti a un magnete si mette un cartoncino spesso, riuscirà ancora ad attrarre il metallo, ma non con la stessa forza di prima. Più grande sarà la barriera davanti al magnete, minore sarà la sua efficacia. Il flusso di ida e di pingala è qualcosa di simile. Più si rimuovono i blocchi da questi flussi pranici (non ho utilizzato il termine “tossine” ma “blocchi”), più la loro forza magnetica aumenta. Che cosa sono questi blocchi? La tensione sicuramente è uno di essi. I problemi emozionali certamente sono altri blocchi. Lo stato della mente di “voglio questa cosa ma non posso averla” e lo stato di repressione, sono altri esempi. È la rimozione di tutti questi blocchi psicologici che aumenta il quantum del flusso di ida e di pingala e ciò di conseguenza, influenzerà le prestazioni della mente, l’intelligenza, le emozioni ed il comportamento.

Il fatto che alcune persone sono destrimane e altre mancine, che alcuni sono più lineari nel loro modo di pensare rispetto ad altri, o che qualcuno ha la capacità di visualizzare oggetti, può essere compreso meglio prendendo in considerazione questa questione. Se poi, si raggiunge l’armonia dei due emisferi del cervello, tutto ciò può essere trasceso: grazie alla pratica del pranayama, equilibrando il flusso di ida e di pingala.

Consideriamo ora l’espansione del campo pranico, di pranamaya kosha. Possiamo notare che c’è un momento della giornata in cui i bioritmi del corpo, della mente e delle emozioni, raggiungono un valore ottimale e un momento in cui arrivano al punto più basso. Al mattino di solito ci sentiamo stanchi, anche dopo otto o dieci ore di sonno perché il livello energetico è basso. Ci sono momenti durante il pomeriggio in cui ci si sente stanchi perché il livello energetico è basso ma dopo un po’, ci si sente di nuovo energici. Dieci o dodici minuti fa mi sentivo stanco, ma ora sono di nuovo energico. Perché? Non ho dormito. Non sono andato a letto. Non ho fatto nulla. Questa è un’esperienza comune relativa ai bioritmi del corpo, dell’intelletto e delle emozioni che, di nuovo, sono risaliti.

Questi bioritmi non si riferiscono alle tabelle che si trovano nei mercati, ai diciannove, ventuno o ventitré giorni del ciclo del bioritmo, e nemmeno al libro che si consulta per controllare la data di nascita e la data attuale, ecc. È qualcosa di molto semplice riferito al respiro e al prana. Così come il flusso del respiro a ogni narice cambia ogni quarantacinque minuti in un’ora, così come il flusso del prana nei passaggi di ida e di pingala aumenta di volta in volta; il sistema nervoso, quello respiratorio, il cervello, le emozioni, la mente e il prana, in un determinato momento della giornata, salgono o scendono secondo il ciclo e pranamaya kosha è influenzato dalle fluttuazioni di questi bioritmi.

In realtà è la nostra incapacità di mantenere uno stato di armonia del livello di prana che ci fa sentire stanchi, esausti o esauriti energeticamente. Se fossimo in grado di mantenere un livello costante di prana, non importa quanto il nostro corpo possa essere stanco, potremmo anche boccheggiare e sudare, i nostri muscoli potrebbero essere dolenti, ma non crolleremmo dalla fatica. Saremmo soggetti ai sintomi dell’affaticamento, ma recupereremmo molto velocemente. Il prana combatte l’accumulo di vari acidi, ormoni e tossine all’interno del corpo. L’accumulo di acido lattico all’interno dei muscoli, che fa sì che si stanchino e il flusso costante di adrenalina, possono essere corretti e controllati solo attraverso il prana.

Quindi, dal momento in cui ci alziamo al mattino fino a quando andiamo a letto alla sera, il nostro corpo, la mente e il livello pranico sono sottoposti a vari alti e bassi, ma se, in qualche modo, riuscissimo ad aumentare il livello di prana, riusciremmo a gestire la stanchezza, la letargia, la pigrizia, la sensazione di sfinimento e tornare, di nuovo, completamente svegli, allerta, tranquilli e rilassati, senza nessun effetto secondario. Sapete bene a quali effetti secondari mi sto riferendo. Se la notte non dormite, la mattina seguente direte: “Ho i nervi a fior di pelle. Non riesco a fare niente nella maniera appropriata. Non riesco a pensare. Sto tremando. Sto avendo questa e quest’altra esperienza.”

Qualche tempo fa, alcuni swami e dottori fecero un esperimento in Australia con il sistema Kirlian. Erano soliti svegliarsi al mattino, fare una fotografia delle loro mani e osservare le emissioni dell’energia elettromagnetica, del prana, e prendere nota dei colori. Ognuno dava un nome differente a quest’energia. Qualcuno la chiamava aura, alcuni campo biomagnetico, altri con nomi di fantasia ma, per una nostra comprensione, la chiameremo prana. Poi si recavano ai rispettivi lavori abituali. I medici andavano in ospedale e gli swami andavano a insegnare yoga. I partecipanti all’esperimento erano sei o sette persone. Alla sera, appena tornati, facevano una nuova fotografia e la confrontavano con quella del mattino.

La fotografia del mattino mostrava un’emissione della lunghezza di tre quarti di pollice, perché erano rilassati. Tutti dormivano senza tensione. La sera, invece, alcuni non mostravano nessuna emissione, perché avevano consumato molta energia durante il giorno e accumulato molta tensione. Erano mentalmente, emozionalmente e fisicamente esausti. Ora arriviamo alla parte più complicata, ma interessante. Un giorno, durante le pratiche di asana, cercarono di aumentare il prana ed osservarono, con delle foto, di quanto lo avessero aumentato dopo cinque minuti di asana, poi dopo un’altra asana e un’altra ancora. Scelsero solo cinque asana. La settimana successiva, provarono solo con il pranayama: cinque pranayama, uno al giorno.
Poi usarono i bandha (mula bandha, jalandhara bandha, uddiyana bandha) e i mudra corrispondenti (ashwini mudra, vajroli mudra, agnisar kriya, ecc.). In seguito provarono con Yoga Nidra, pratyahara, ajapa japa, mantra e la visualizzazione del respiro.

Con ogni pratica furono in grado di aumentare la quantità di prana e le sue emissioni in varie parti del corpo, soprattutto nelle dita, e videro delle notevoli differenze prima, durante e dopo l’esperimento. Certamente, sappiamo che siamo circondati dal campo o corpo pranico e che quando si è emotivamente o fisicamente stanchi, si utilizza l’energia per rinvigorire energeticamente il sistema. Se non si riesce a rinnovare il prana all’interno di noi stessi, andiamo a dormire o cerchiamo di riorganizzare la mente. Se riuscissimo a rinnovare il prana con varie pratiche yogiche, potremmo evitare che lo stress quotidiano influenzi le prestazioni del corpo e della mente.

La pratica di pranayama più importante è surya bheda pranayama: il respiro alla narice destra. Cinque cicli e torniamo attivi come al mattino. Ci sono molti studi fatti in varie parti del mondo a questo proposito.

Ricordate, questo lavoro non è ancora completato, perché ancora ne stiamo studiando l’aspetto mentale ed emozionale su come poter influenzare le emozioni: la sensazione di rabbia, amore, armonia, gioia, avidità e invidia. Questi sono aspetti che sicuramente si possono controllare e trasformare con la pratica di pranayama e alcuni studi sono già stati fatti. Si sta studiando anche l’aspetto psichico, in merito all’effetto del pranayama sulla mente conscia, subconscia e inconscia. Sono stati fatti molti studi, ma il pranayama è un argomento molto vasto e ci sono molti aspetti ancora da sondare.

Satsang sul cibo e la dieta

Swami Satyananda Saraswati
Ho letto che non si dovrebbe mangiare cibo stantio o non preparato al momento. Al giorno d’oggi, molte persone assumono principalmente cibo conservato in frigorifero e in congelatore. Questa è una pratica raccomandabile?
Oggi nessuno al mondo sa cosa dovrebbe mangiare. La maggior parte delle persone sono dipendenti dalla pubblicità e da essa ignorantemente ingannati. Gradualmente, però, stanno iniziando a svegliarsi da questa situazione e iniziano ad essere consapevoli che gli alimenti in scatola e conservati sono dannosi per la salute. Questi cibi si stanno rivelando come le cause principali delle peggiori malattie di cui l’umanità abbia mai sofferto. I Paesi occidentali, inclusa l’America, riscontrano un gran numero di decessi a causa del cancro e delle malattie coronariche. Secondo le statistiche mediche, l’80% della popolazione europea soffre di reumatismi e un gran numero di persone di malattie psicologiche e mentali. Ciò è causato principalmente dal fatto che il cibo che ci hanno spinto ad assumere è buono commercialmente ma carente di nutrienti.

Non per lo yoga ma per una buona salute e una mente acuta è necessario assumere dei cibi freschi e preparati al momento. Comunemente e commercialmente tutte le verdure sono sottoposte a un processo chimico di trasformazione e di decomposizione. Alcuni vegetali sviluppano perfino dei funghi. Anche se le verdure sono conservate in una stanza ad aria condizionata o in congelatore, alla fine svilupperanno dei funghi, perché sono lontane dal contatto con le radici, dalla terra e dal calore del sole. I cibi in scatola contengono additivi e molti conservanti che, secondo gli scienziati, sono le principali cause del cancro e del tumore. L’uomo non riesce a comprendere il pericolo cui va incontro continuando a ingerire cibo cresciuto con fertilizzanti artificiali e conservato con pericolosi prodotti chimici.

Quali sono, secondo lei, i cibi migliori per il sistema digerente e per la salute?
Per la pratica di yoga e per mantenere la mente in uno stato tranquillo, la dieta migliore non deve seguire necessariamente il modello dietetico moderno. Quando i maggiori yogi e santi del passato come San Francesco, San Saverio, Ramana Maharshi, Aurobindo, ecc. praticavano yoga, avevano programmato la loro dieta in modo che il cibo non stimolasse il “mostro” nella mente.

Grazie ad alcune osservazioni abbiamo scoperto che la maggior parte delle persone che seguono una dieta moderna è molto attiva mentalmente ed emozionalmente. Perciò, quando si considera la questione della dieta, è necessario per gli aspiranti decidere cosa è più importante, la pace della mente o la forza fisica. Dobbiamo mangiare per vivere o vivere per mangiare?

A dispetto di tutte le idee sulla dieta, ho scoperto che in nessun luogo le persone stanno mantenendo una buona salute. Riempiamo il nostro corpo, ma la nostra comprensione sulla dieta è basata sulla propaganda che dipende sempre da uno scopo commerciale. È importante per ognuno di noi comprendere che una dieta semplice è la migliore. Un praticante di yoga dovrebbe semplificare la dieta. Non dovrebbe essere troppo esigente in riguardo al cibo, perché quando pratichiamo yoga in modo molto approfondito, alteriamo la chimica interna e tutti gli enzimi digestivi e le proprietà nutrizionali si modificano.

Un altro punto importante è che un cibo consumato in una regione o a un clima diventa veleno in un altro. In un clima artico dobbiamo avere un’alimentazione particolare, perché lì il corpo reagisce differentemente rispetto al clima semi-artico e a quello temperato. Pertanto, la dieta va di pari passo con le condizioni climatiche e la natura stessa produce le cose giuste in base a quest’ordine. Ad esempio, il mango cresce in India e non in Norvegia e in Svezia.

Da trent’anni mi sto occupando della questione della dieta. Ho provato io stesso la dieta yogica e l’ho fatta provare a diverse altre persone. Ho letto praticamente di tutti i sistemi di diete, compresa la macrobiotica e sono giunto ad una conclusione. Il cibo che meno appesantisce il corpo, che mantiene un’ottimale temperatura, che viene eliminato senza difficoltà e che non stimola la tendenza rajasica è il migliore per gli yogi e per ogni tipo di praticante di yoga.

Per avere un’ottima digestione e salute, la dieta migliore è quella sattvica. Una dieta sattvica non è un’alimentazione semplice o vegetariana. I cibi sattvici hanno un tipo di vitalità che aumenta la pace, la beatitudine, la leggerezza, la chiarezza, l’intelligenza e l’illuminazione. Il riso, il grano, le verdure e la frutta sono alimenti sattvici. Tutto ciò che rende fisicamente forti, che aumenta il dinamismo ed eccita gli ormoni sessuali, è rajasico. Il latte, la carne, le cipolle e l’aglio, sono rajasici.

Il cibo migliore per uno yogi è il khichari. È così leggero che nemmeno vi accorgete di mangiarlo; lo stomaco nemmeno si accorge che è lì e quando lo lascia, nemmeno vi accorgete che non c’è più. Questa è la definizione della dieta migliore. La dieta peggiore ha l’effetto opposto: quando state mangiando sapete che state mangiando, quando il cibo è nello stomaco lo sentite e l’eliminazione diventa un lavoro. Il khichari è semplice da preparare, è economico e si trova ovunque, dal polo nord al polo sud. Cos’è? Una combinazione di riso, lenticchie, verdure ed enzimi che producono costituenti, tutti cucinati insieme.

Quanto è importante la dieta per un praticante di yoga?
Alcune persone pensano che uno yogi debba avere una dieta ben bilanciata e nutriente, e a queste persone io dico: “Che praticate a fare yoga?” Lo yoga vi dà tutto il nutrimento necessario attraverso prana shakti. Se ciò non fosse vero, non servirebbe a nulla praticare yoga. Lo yoga conserva la vitalità e, soprattutto, attraverso la concentrazione, controlla la secrezione naturale degli ormoni della ghiandola pituitaria. Quando gli ormoni sono controllati alla fonte, su nella ghiandola pituitaria, non scendono in basso. Questi ormoni saranno trasformati in vitalità, ojas.

Nella fisiologia yogica, la ghiandola pituitaria è associata a sahasrara, il chakra più elevato, e gli ormoni sono chiamati retas. Normalmente questi ormoni fluiscono nel corpo e causano differenti tipi di reazioni: distruzione, catabolismo, anabolismo, metabolismo, ecc. Attraverso la concentrazione possono essere controllati e s’impedisce il loro fluire verso il basso. In questo modo si trasformano in prana shakti, il potere della vitalità, che nutre il corpo di un sadhaka. Quindi, l’idea che uno yogi debba seguire una dieta speciale composta da verdure fresche, frutta cruda, ecc. non è del tutto vera.

Qual è la sua opinione in riguardo al digiuno?
Il digiuno, spesso, viene fatto per il corpo, ma anche se la mente è molto agitata si può ricorrere al digiuno. Buddha e altri praticavano dei lunghi digiuni per purificare la mente. Quando nel corpo c’è del cibo, questo influenza la mente e quando il corpo non è puro, la tranquillità è disturbata. Durante il digiuno, il sistema nervoso, ghiandolare, digestivo ed escretorio sono messi a riposo. Poi potrete concentrarvi o meditare con molta più facilità.

Il digiuno purifica il sistema digestivo e dà riposo a quello coronarico. Il calore conservato all’interno del corpo durante il digiuno aiuta a eliminare le tossine e velocizza il processo del catabolismo. Se il digiuno è fatto in modo corretto, può influenzare la struttura della kundalini in muladhara chakra.

Personalmente credo che il digiuno sia buono per tutti, ma non consiglio di praticarlo per lungo tempo senza la guida di un esperto. Per chi vuole seguire il sentiero dello yoga e della meditazione il miglior digiuno consiste nell’assumere cibo solo una volta al giorno. Mangiando solo una volta in ventiquattro ore si conserva molta energia mentale, fisica e spirituale. All’inizio si potrebbe fare un po’ di fatica ma, in breve tempo, diventerà un’abitudine.

È essenziale per un praticante di yoga evitare la carne, gli alcolici e le sigarette?
Dovete tener presente una cosa: lo yoga è una parte del tantra e nel sistema tantrico niente è proibito. Questo, comunque, non vuol dire che bisogna indugiare nel mangiare la carne, bere il vino e altre cose in modo indiscriminato. Bisogna sempre agire in base alla propria condizione di salute. Invece di pensare se potete o no assumere queste cose, dovreste considerare se sono buone per la vostra salute, se sono necessarie per la vostra crescita fisica e se ne avete veramente bisogno. Quindi, un praticante di yoga deve fare un’indagine accurata sulla propria salute e se sente d’aver bisogno di mangiare la carne, non c’è nessuna ragione per cui non debba farlo. Ma se comprende che è dannosa per la sua salute, che aumenta la pressione sanguigna, che è la causa della presenza di molte tossine nel corpo, ecc. allora spetta a lui/lei usare la discriminazione e rinunciare al consumo di carne.

Chi ha la tendenza ad avere ipertensione, colesterolo alto e un eccesso di acidi urici nel sistema, dovrebbe cercare di evitare la carne. Chi soffre di problemi del sistema nervoso, esaurimento nervoso, depressione o traumi, dovrebbe evitare completamente la carne, nell’interesse della propria salute e non perché è un praticante di yoga. Infine, anche chi ha un fegato che lavora male e chi non riesce a digerire in modo corretto, dovrebbe evitarla. Se non si riesce a digerire il cibo in modo appropriato, durante le pratiche yogiche si potrebbero avere delle allucinazioni, scambiandole per esperienze spirituali. Se lo stomaco non funziona bene, si fanno molti sogni, a volte incubi. Allo stesso modo, la cattiva digestione influenza le esperienze del corpo psichico.

Allo stesso modo, intossicanti come la marijuana, l’LSD o l’alcool, potrebbero interferire con le esperienze psichiche. Queste sostanze influenzano il sistema nervoso e il cervello. Quando si assumono intossicanti, il cervello non funziona in modo normale. Quando si pratica yoga queste sono delle grandi barriere per le esperienze psichiche. In breve, in modo da permettere al corpo psichico di funzionare indipendentemente e per avere delle visioni reali e non delle allucinazioni, è importante mantenere il cervello a un livello di funzionamento normale, il sistema nervoso forte e quello cardiaco intatto.
Quindi, un praticante di yoga e chi si preoccupa della propria salute, dovrebbe pensarci due volte prima di assumere carne o alcool.

Quali sono i pericoli spirituali derivanti dal mangiare la carne?
Nella Manu Smriti si afferma che non c’è nessun pericolo nel mangiare la carne, nel bere o nell’avere interazioni sessuali perché sono tendenze naturali di ogni essere. La natura li ha creati, ma se qualche volta si è capaci di privarsene, ciò velocizzerà la vita spirituale. Il mangiare la carne non uccide il potenziale spirituale ma, un corretto vegetarianesimo, aumenterà l’esperienza spirituale. È qualcosa di simile al togliere un carico pesante dalla vostra auto. Viaggerete a una velocità maggiore.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1980/isep80/sat980.shtml

I Chakra

Dr. Swami Satyamurti Saraswati
La kundalini è l’energia primordiale dell’uomo, il potenziale dormiente, l’energia incontrollata che, spesso, è raffigurata come un piccolo serpente addormentato in muladhara chakra. La kundalini simboleggia i milioni di cellule cerebrali dormienti: i nove decimi del cervello che non usiamo. Quando l’energia kundalini si risveglia, cioè quando i circuiti nervosi ultrasonici e d’elevata frequenza del cervello vengono lentamente attivati con delle pratiche di yoga come la meditazione, japa e swara yoga, si genera una gran quantità di calore, di luce e di suono, nel momento in cui una forma d’energia è trasformata in un’altra. Il serpente kundalini, in maniera figurata, inizia a srotolarsi e a dirigersi verso l’alto, da muladhara verso gli altri chakra superiori.

I chakra sono magazzini di energia endoplasmatica, sono della stessa natura del prana. Sono chiamati anche centri psichici. ‘Chakra’, letteralmente, significa ruota o cerchio. I chakra sono localizzati lungo il canale principale di energia bioelettrica: sushumna nadi.

Ciascun chakra è paragonato a un fior di loto con un numero specifico di petali. Questi petali, durante la meditazione, possono essere visti illuminarsi e roteare lungo degli assi orizzontali e verticali. Sono emissioni di particelle di luce che rappresentano l’intensità ionica in quell’area del corpo. È a causa di questa emissione di luce di forma regolare a petalo, che i chakra sono stati poeticamente definiti come dei fiori di loto.

Ogni chakra corrisponde a una ghiandola del sistema endocrino e ognuno ha quello che viene chiamato ‘punto di attivazione’, nella parte anteriore del corpo. La concentrazione sul ‘punto di attivazione’ contribuisce a risvegliare il chakra corrispondente. Ricordate, però, che i chakra sono situati nel midollo spinale e rappresentano i differenti livelli di energia in aree ben precise, lungo un flusso specificamente definito.
I punti di attivazione si trovano nella parte anteriore del corpo perché è più facile concentrarsi su di essi rispetto ai punti corrispondenti posti nella colonna vertebrale. Ci sono delle connessioni dirette, tramite le nadi minori, tra i punti di attivazione ed i chakra.

Ogni chakra è associato a un elemento. Come si sale lungo sushumna verso il cervello, gli elementi diventano sempre più sottili.

Muladhara è conosciuto come il centro radice ed è relativo all’elemento terra, che è la parte più grossolana del corpo. Il punto di attivazione di muladhara chakra nel corpo maschile è l’area tra l’ano ed i genitali, il perineo, e nel corpo femminile è il punto di giunzione tra l’utero e la vagina. Ha quattro petali e il suo colore è il rosso scuro.  La sua forma è circolare ed è allineato ad angolo retto rispetto a sushumna nadi. Si dice che sia la sede della kundalini addormentata.

Swadhisthana, tradizionalmente, è associato con la mente inconscia. Il suo colore è il rosso vermiglio ed ha sei petali disposti simmetricamente attorno ad un pericarpo centrale. L’elemento del chakra è l’acqua. Il suo punto di attivazione è localizzato nella parte frontale del corpo a livello dell’osso pubico.

Manipura è il centro del calore nel corpo e, secondo il parere di molti, è il serbatoio principale del prana. È associato al calore vitale, al fuoco digestivo e all’energia. Il suo elemento è il fuoco. Il suo colore è il giallo brillante ed ha dieci petali. Il punto di attivazione è l’ombelico.

Anahata è la sede del suono non percosso. Il suo colore è il blu e ha dodici petali. È noto come il centro dell’amore spirituale. Il suo elemento è l’aria. Il punto di attivazione è a livello del cuore, dietro allo sterno.

Vishuddhi è considerato il centro della purificazione delle varie secrezioni del corpo. È visualizzato come un fior di loto di colore violetto con sedici petali. Il suo elemento è l’etere, lo spazio, molto più sottile dell’aria. Il punto di attivazione è alla base della gola, dove c’è una piccola depressione.

Ajna è noto come il terzo occhio, il centro dell’intuizione, il guru chakra, o chakra del comando. Si ritiene che quando è risvegliato il praticante può vedere eventi su differenti piani di coscienza con piena consapevolezza. Il suo colore è il blu argenteo ed ha due petali. È situato all’apice della colonna vertebrale, nel punto dove ida, pingala e sushumna si fondono. Da ajna queste tre nadi procedono come una sola verso il chakra successivo. Il punto di attivazione di ajna è chiamato bhrumadhya. È situato nel centro tra le due sopracciglia, dove le donne indiane, così come molti Brahmini, portano un segno rosso. L’elemento di ajna è l’etere, a volte chiamato la “mente sottile”.

Bindu è considerato uno dei chakra più importanti nel kundalini e nel kriya yoga. I suoni interiori si manifestano in questo chakra grazie al movimento dell’energia pranica. Non ha petali ma è simboleggiato da una piccola luna crescente in una notte limpida. Il punto di attivazione è una piccola depressione nel retro della testa, dove i Brahmini Hindu portano, tradizionalmente, un ciuffo di capelli. Anche il suo elemento è l’etere.

Sahasrara è il più sottile di tutti i chakra. Viene visualizzato durante la meditazione come un fior di loto rosso brillante con un infinito numero di petali, o con mille petali, come il suo nome suggerisce (sahasrara significa mille). Nel corpo fisico è localizzato alla sommità della testa. Anche l’elemento di sahasrara è l’etere. Sahasrara simboleggia la soglia tra il regno fisico di spazio e tempo e il regno trascendentale. Il regno dello spazio è sotto le normali leggi fisiche e il praticante che risveglia questo chakra fa esperienza di una mente vuota, di una tabula rasa, che è indescrivibile in termini di emozioni, pensieri o sentimenti.

Vi raccomandiamo di provare a scoprire da soli questi differenti chakra, facendo esperienza del potere della vostra concentrazione. Dopo poche settimane sarete in grado di annotare qualche sensazione proveniente dalle aree dove sono localizzati i chakra. Potreste anche sentirvi più rilassati e avere più controllo mentale e fisico, come risultato. Molti altri aspetti della vostra personalità, gradualmente, si manifesteranno.

I Bija Mantra
A questo punto è necessario menzionare quelli che sono conosciuti come mantra ‘seme’ o bija. Man significa meditazione profonda, o come molte persone autorevoli dicono, mente, e tra significa liberare, quindi mantra significa un suono rivelato durante la meditazione, o un elevato stato di coscienza. Il mantra ha due qualità definite in Sanscrito: ‘varna’ e ‘akshara’. Varna significa colore e forma, e akshara ciò che non perisce e che è oltre le dimensioni del tempo e dello spazio. Ciò significa che mantra è qualcosa di eterno che si trova all’interno, nei livelli più profondi della coscienza di un individuo.

I bija mantra sono le prime sillabe che appaiono in stati di profonda meditazione. A causa delle emissioni ioniche dei petali dei chakra, i saggi udirono differenti suoni mentre erano in meditazione. I suoni dei petali divennero le lettere dell’alfabeto sanscrito e ciò spiega perché il sanscrito è stato definito una lingua meditativa o realizzata.

Ogni bija mantra rappresenta l’essenza del mantra associato. Alcuni esempi di bija mantra sono ‘hraum’, il suono simbolico del Signore Shiva; ‘dum’, il mantra di Durga e ‘kreem’ il mantra di Kali. Questi mantra non sono solamente dei suoni, ma delle forme pensiero, permanentemente esistenti all’interno delle sottili regioni dello spazio. Non hanno un significato grammaticale e non possono essere comprese intellettualmente. Per ottenere la conoscenza di un mantra c’è un metodo ben definito, tramite cui il praticante lo ripete fino a quando non si sarà rivelato in tutte le dimensioni della sua coscienza e non sarà diventato un’unica cosa con esso. Il mantra può essere ripetuto in uno dei tre modi: a voce alta, sussurrato o mentalmente. La ripetizione del mantra è simile, ma molto più raffinato, al sistema dei ‘koan’ dello Zen. I bija mantra sono simboli della mente inconscia, della dimensione causale, di sushupti.

In tutti i principali insegnamenti occulti del mondo ogni lettera e quindi ogni parola è investita di potere ed energia che diventa manifesta quando viene intonata correttamente. Enormi quantità di energia fisica, mentale e psichica si libera all’interno della persona. Il sistema cabalistico, ad esempio, ha ventuno lettere, ognuna delle quali rappresenta un aspetto differente della consapevolezza dell’individuo che cerca di raggiungere l’apice, ‘kether’, la coscienza suprema, samadhi, ‘satori’ o ‘nirvana’.

Ogni mantra, e soprattutto ogni bija mantra, ha un’energia, una nota musicale, un colore, una gemma e un significato astrologico. I bija mantra che ci interessano in modo particolare sono quelli connessi con i chakra. Questi bija mantra rappresentano la chiave di volta che apre le porte della comprensione totale e della realizzazione del vero significato di questi centri. Quelli che seguono si riferiscono alle tecniche di swara yoga.
Chakra
Bija mantra
N. di petali
Muladhara
Lam
4
Swadhisthana
Vam
6
Manipura
Ram
10
Anahata
Yam
12
Vishuddhi
Ham
16
Ajna
Om
2
Bindu
Om
Nessuno. È come una luna crescente
Sahasrara
Om
1.000

La meditazione o la ripetizione dei bija mantra, contemporaneamente alla concentrazione sui chakra corrispondenti, ha un profondo effetto psico-fisiologico sulla mente, sul corpo, sul metabolismo e sui sensi. Questi effetti sono stati ampiamente documentati da alcune ricerche, come quelle del Dott. Hiroshi Motoyama in Giappone, che lega la maggior parte delle ricerche sul prana con la scienza dell’agopuntura, dove il prana è noto come ‘chi’.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1979/joct79/chakras.shtml