sabato 11 giugno 2016

Yoga Panorama n.2, anno 2016

La relazione tra guru e discepolo

Swami Satyananda Saraswati
Chamarande (Francia), agosto 1981
Ogni volta che la relazione tra guru e discepolo è stata discussa da persone intelligenti, sono state espresse differenti opinioni. Alcuni pensatori sostengono che il guru non sia necessario e, da un certo punto di vista, hanno ragione. Il punto centrale della loro argomentazione è che ognuno è il guru di sé stesso e, filosoficamente, questo è corretto: il vero guru è all’interno di ogni persona. Egli è noto come sat guru, la guida interiore.

In realtà, ogni tipo di guida che ricevete nella vita spirituale proviene da questo guru interiore. Ma c’è un altro aspetto che deve essere considerato. Perché dire ad un cieco che siccome fuori splende il sole, non è necessario accendere la luce all’interno di una stanza? È esattamente la stessa cosa. Non c’è nessun dubbio che il guru sia dentro ognuno di noi, ma voi potete sentirlo? Potete seguire le sue direttive? Avete mai sentito il suo amore e le sue benedizioni? L’idea di essere il proprio guru è molto accattivante. In questo modo salvereste il vostro ego. Non dovreste sottomettervi a nessuno. Ma se il guru è interiore, si ha un problema pratico nella vita. Chi sarà lì ad ispirarvi ed a farvi da guida spirituale? Per questo motivo, sin dall’inizio dei tempi, esiste la tradizione di guru e discepolo.

Il collegamento spirituale interiore
Ogni ricercatore deve avere un guru con cui poter stabilire un collegamento spirituale interiore. Guru non significa insegnante, precettore o tutore. Guru significa colui che dissipa l’oscurità: è colui che vi aiuta ad illuminare il vostro sé interiore. Egli potrebbe insegnarvi ed istruirvi nel raja e nell’hatha yoga, oppure potrebbe non darvi nessuna lezione. Le qualifiche di un guru non sono né il raja yoga, né l’hatha yoga e nemmeno la cultura scolastica. Guru è chi ha l’anima colma d’amore fino all’orlo, chi non vive e non lavora per sé stesso. Una persona così, che ha ricevuto l’illuminazione, è un guru.

Nella storia ci sono stati molti guru che non hanno predicato né insegnato, ma sono stati in grado di trasmettere amore e benedizioni ai loro discepoli. Quando avvicinate una persona così, si stabilisce spontaneamente un collegamento tra voi due. È qualcosa di simile all’amore a prima vista. Secondo me quindi, non è necessario spiegare come un discepolo riconosce il proprio guru.

Il primo e più importante collegamento tra guru e discepolo è il mantra. Il mantra è come un seme che il guru pianta nella coscienza del discepolo, proprio come un contadino pianta un seme in un giardino. Il mantra diventa un filo invisibile che lega il discepolo al suo guru. Tramite il mantra le frequenze del cervello del discepolo si sincronizzano con quelle del guru. Così come sintonizzate la radio su una particolare stazione per aggiustarne la frequenza, il discepolo usa il mantra per aggiustare la frequenza della sua coscienza. Certo il mantra purifica la mente e favorisce concentrazione e tranquillità, ma quando il guru lo dà ad un discepolo, lo scopo è di stabilire una relazione.

Il discepolato e l’abbandono
Se volete diventare dei discepoli, ma ancora non avete trovato un guru, dovete considerare un punto importante. Dovete comprendere che il guru è in linea con la vostra evoluzione e realizzazione. In altre parole, a seconda del vostro calibro e personalità, sceglierete un certo guru e lo otterrete. Perciò se volete un guru di qualità buona e superiore, dovrete sviluppare un discepolato e un abbandono superiori.

Un discepolo dovrebbe arrendere il proprio ego al guru, poichè è con quest’atto di abbandono che si svuota. Così come un flauto di bambù produrrà una bellissima melodia solo se opportunamente reso vuoto, allo stesso modo, un discepolo deve svuotarsi per diventare uno strumento utile. L’ostacolo maggiore tra il guru e il discepolo è l’ego. Maggiore è l’ego, minore è la ricettività. Rendendo sottile l’ego, la ricettività inizierà ad aumentare.

Alcune persone sono spaventate all’idea di abbandonare il proprio ego perché hanno paura di perdere la loro individualità. Ovviamente, sono consapevoli di abbandonare il proprio ego in molte situazioni della vita. Non c’è niente di male nell’arrendere il proprio ego al guru. Perdendo la propria individualità dinanzi a lui, si diventa il destinatario di molti benefici, non solamente durante la meditazione, ma anche nella vita di tutti i giorni.

Un flauto vuoto
Forse avrete letto la storia del grande yogi tibetano Milarepa. Quando Milarepa era un ragazzo, andò da un guru a chiedere di essere iniziato. Il guru lo prese a calci e gli urlò: “Tu mascalzone, esci da qui.” Per diversi giorni Milarepa rimase fuori al freddo, davanti alla porta della casa del guru ma il guru si rifiutava di riceverlo. Siccome Milarepa era innocente ed aveva abbandonato il proprio ego, nei principi e nella pratica, non pensava come potremmo pensare noi: “Che strano guru è questo. Se non mi vuole vedere, allora non lo voglio come guru”. Milarepa continuò a rimanere fuori dalla porta ed ogni volta che il guru usciva gli dava un calcio. 
Un giorno il guru uscì e sua moglie portò a Milarepa del cibo appena preparato e caldo. Fino ad allora gli venivano gettati solo degli avanzi. Mentre il ragazzo mangiava, il guru apparve sulla scena. Furioso domandò: “Chi ti ha dato quel cibo?” Milarepa rispose: “Me l’ha dato la mia mamma guru.” Tutto accigliato il guru disse: “Ora ho capito. Sei venuto qui per corrompere mia moglie. Beh, non puoi stare vicino a lei. Vai via da qui.” Il guru gl’indicò una collina e gli disse di costruirsi una casa lassù.

Il povero ragazzo dovette portare pesanti massi dalla valle fino in cima alla collina, giorno dopo giorno, per diversi mesi. Alla fine, quando ebbe terminato il lavoro, il guru andò sulla collina a controllare la costruzione. Trovò il ragazzo che dormiva e gli diede un calcio con tutta la sua forza. “Sei un lazzarone” e il ragazzo si mise a piangere. “Ora che hai terminato la casa, pensi solo a dormire. No, non puoi stare qui. Riporta giù tutte le pietre e costruisci un’altra casa vicino al mio cancello, così posso tenerti d’occhio.” Un qualunque altro discepolo avrebbe detto: “Che strano guru!” Ma Milarepa non aveva ego, era un flauto vuoto, e riportò tutte le pietre giù una ad una.

La trasformazione spirituale
La storia va avanti, ma io voglio solo farvi dare un’occhiata all’approccio di un discepolo verso un guru dal comportamento sorprendente, eccentrico ed illogico. Quando più tardi Milarepa si sedette in meditazione, mise sulla sua testa una piccola lampada di terracotta accesa. Sedette nella posizione del loto per ore, senza fare il minimo movimento. La lampada non cadde né tremolò. Perché? Perché lui non aveva ego. Se siete come dei bambini mentalmente innocenti e puri, la vostra mente può diventare tranquilla in un attimo.

Ci sono molte storie di grandi discepoli come questo, ma nessuno di essi è diventato un discepolo semplicemente scegliendosi un guru. Erano tutti dei devoti che si sono preparati ad affrontare qualsiasi trasformazione fosse inflitta dal guru.

Cosa fa un falegname con del legname? È dolce con esso? No, lo taglia con una sega, lo cesella e ci mette dei chiodi. In questo modo produce un bell’elemento d’arredo. Se un pezzo di legno non subisse questo crudele processo per mano di un falegname, non potrebbe mai essere trasformato in qualcosa di utile. Un discepolo è una materia grezza, non importa quante cose conosce. Potrebbe essere molto intelligente. Potrebbe essere un grande diplomatico, un uomo d’affari o un professore; potrebbe essere mondanamente molto saggio ma questo non ha importanza. È una materia grezza che deve essere trasformata dal guru. Ed uno ad uno tutti gli elementi della sua personalità, devono andare incontro ad un processo di disintegrazione, perché deve essere totalmente ringiovanito e rigenerato. Sebbene il discepolo mantenga lo stesso corpo fisico in tutto e per tutto, gli elementi del suo corpo mentale, emozionale e spirituale sono completamente cambiati. In altre parole, la personalità del discepolo subisce una metamorfosi totale.

Fate attenzione all’approccio intellettuale
In tutta la mia vita da discepolo ho osservato molti punti importanti, veramente pericolosi, nella vita di un discepolo. Quando vivevo con il mio guru, Swami Sivananda, io stesso e molti altri swami spesso pensavamo di saperne di più del nostro guru. Credevamo che la crescita e lo sviluppo dell’istituzione avvenissero solo grazie ai nostri sforzi. C’era molto intellettualismo in noi e a causa di questo, non approcciavamo il nostro guru come dei bambini. Una volta parlammo di questo problema con il nostro guru. Dicemmo: “Spesso ci sembra di sapere più cose di te e ci sono situazioni nelle quali sentiamo che tu stia facendo degli errori.” Swamiji replicò: “Avete ragione.” Quella era la sua grandezza e quella fu la nostra meschinità.

Quando diventate un discepolo, che siate laici o sannyasin, e accettate un mantra dal guru, è molto importante che egli viva nel vostro cuore come una luce costante. Mantenendo la consapevolezza costante al guru sarete in grado di sviluppare il sat guru, quel guru che risiede interiormente.

L'Hatha Yoga e il risveglio della Kundalini

Swami Satyananda Saraswati
Lezione tenuta durante il Seminario per Insegnanti di Yoga a Collbatò, Spagna
La scienza dello yoga non propone nessuna grande sorpresa al mondo, ma dà all’uomo la speranza del risveglio del potenziale dormiente in ogni individuo. Quando un uomo è immerso nell’ignoranza, pensa e s’identifica solamente con la parte grossolana della sua esistenza: il corpo, la mente e le emozioni. Viene quindi catturato dal regno del dolore e del piacere. Sembra però, che la consapevolezza universale sia ad una svolta e l’uomo gradualmente, si stia interessando maggiormente alla scoperta della propria vera natura e ai mezzi per raggiungere quest’obiettivo.

Poiché l’uomo è talmente abituato a identificarsi con il corpo e con la mente, fa molta fatica a trascendere questo livello di consapevolezza e realizzare o fare esperienza della sua consapevolezza più elevata. Come possiamo distogliere la consapevolezza dalla natura inferiore e scoprire il collegamento con il sé più profondo ed elevato? Solo attraverso il risveglio dell’energia spirituale dormiente, della kundalini, possiamo raggiungere questo scopo. Lo yoga propone un metodo graduale e sistematico per il risveglio della kundalini, che è stato praticato e perfezionato negli anni.

Secondo le scritture, l’hatha yoga gioca un ruolo molto importante nel risveglio dell’energia spirituale. Così come in un’automobile deve esserci armonia tra il funzionamento dei freni, dell’acceleratore, del volante, ecc., nel nostro corpo i vari organi devono funzionare in armonia. Hatha Yoga significa equilibrio tra le due forme principali di energia del corpo fisico.

L’armonizzazione delle forze energetiche
Le due energie sono quella lunare, rappresentata qui dalla sillaba ‘ha’ e quella solare, rappresentata dalla sillaba ‘tha’. Dal punto di vista della scienza moderna, l’energia lunare corrisponde alle funzioni mentali dell’uomo ed è l’insieme dei processi di conoscenza, pensiero, ragionamento, ricordo ed analisi. L’energia solare, invece, include il movimento, la locomozione e la vita. I processi della respirazione, della digestione, della secrezione, della circolazione e del concepimento sono tutti racchiusi nel campo dell’energia solare.

Quando c’è armonia tra le funzioni mentali e praniche del corpo, lo yoga fluisce senza ostacoli. Ma, quest’armonia si ha raramente. Nella maggior parte delle persone predomina l’energia solare o quella lunare. Un eccesso d’energia solare manifesta rajo guna e se predomina l’energia lunare è presente maggiormente tamo guna. Se l’energia lunare è debole e quella solare potente, si ha agitazione, violenza e schizofrenia. Le persone sono voluttuose a causa di un eccesso dell’energia solare. Al contrario, quando l’energia lunare è più potente, l’uomo cade nei regni della depressione e della frustrazione. Perciò, se volete armonizzare le due forze, dovete mantenere in equilibrio la frustrazione e la depressione con l’aggressività e l’azione. Queste due energie del corpo fisico sono note come la mente e la vitalità. Nella terminologia moderna le chiamiamo sistema nervoso simpatico e parasimpatico e controllano il funzionamento di tutto il corpo. Uno squilibrio tra questi due sistemi può portare all’internamento in un ospedale psichiatrico o in carcere. Mentre un equilibrio ha come risultato il risveglio delle energie più elevate.

La purificazione delle nadi
Secondo le scritture dell’Hatha Yoga, ci sono 72.000 nadi, o circuiti di flussi nel corpo umano, che controllano tutte le varie funzioni fisiche. Di queste, ida e pingala sono le più importanti. Pingala nadi trasporta l’energia solare o il flusso di prana shakti, mentre ida nadi l’energia lunare o la shakti mentale. Queste due nadi fluiscono all’interno della colonna vertebrale, ida sul lato sinistro e pingala su quello destro. Nei vari centri lungo la colonna vertebrale, ida e pingala si diramano verso i vari organi del corpo. Usiamo la centrale elettrica come esempio. I cavi dell’alta tensione lasciano la stazione centrale e la corrente giunge alla stazione di trasformazione, pronta per essere distribuita alle prese domestiche.
Allo stesso modo, ida e pingala conducono una portata elevata d’energia verso i siti dei chakra, dove è trasformata in un voltaggio inferiore. In questo modo l’energia mentale e quella pranica fluiscono verso le varie parti del corpo. Quando le nadi non fluiscono liberamente, vi sentite deboli mentalmente o fisicamente. A causa di un eccessivo e inutile pensare, le nadi sono, generalmente, deboli, impure e incapaci di condurre efficacemente la shakti pranica e mentale ai vari organi del corpo. Quindi, una funzione importante dell’hatha yoga è la purificazione delle nadi.  

Oltre a ida e pingala c’è un’altra nadi molto importante che fluisce nel centro della colonna vertebrale. Essa è sushumna e conduce la forma più elevata d’energia. Sappiamo che mentre ida e pingala conducono l’energia terrena, il flusso d’energia di sushumna è di natura cosmica. Mentre l’energia pranica e quella mentale sono finite, l’energia cosmica di sushumna è infinita. Perciò, l’obiettivo principale dell’hatha yoga è di connettere questo corpo finito con quella sorgente infinita.

Così arriviamo alla comprensione che l’hatha yoga non è lo yoga fisico: è una pratica elevata che si attua all’interno del corpo. La pratica dei sei kriya di pulizia, le asana, il pranayama, i mudra e i bhandha, tutti insieme dovrebbero essere considerati lo yoga fisico.

Lo scopo delle asana e del pranayama
Sebbene le persone stiano utilizzando le asana per il trattamento delle malattie, questo non è il loro scopo reale. È soltanto un beneficio collaterale. Le asana di yoga sono un’importante preparazione per il kundalini yoga, in quanto generano un blando risveglio dei chakra. Quando vivevo con il mio guru, Swami Sivananda, trascrivevo a macchina i suoi scritti sullo yoga. Quando egli scriveva che sarvangasana risveglia vishuddhi chakra, bhujangasana manipura chakra e che la pratica di sirshasana risveglia sahasrara, io non ci credevo. Pensavo che tutto questo fosse un’assurdità, fino al giorno in cui Swamiji spiegò in che modo viene esercitato un blando risveglio in ogni chakra mentre si praticano le posizioni.
Con la pratica del pranayama creiamo la corretta organizzazione dell’energia pranica nel corpo. Riforniamo di prana le aree in cui vi è carenza ed equilibriamo gli eccessi in altre. Infatti, il termine pranayama letteralmente significa rifornire e bilanciare l’energia pranica nelle varie dimensioni del corpo. Qualche volta, quando vi state rilassando, il prana si trova nel sistema digestivo, o quando state mangiando, il prana è nel cervello. Quando avete bisogno di prana in muladhara o in sahasrara, dovreste essere in grado di rifornirli. Quando sedete in meditazione avete bisogno di un eccesso di prana nelle regioni elevate del cervello e mentre mangiate avete bisogno di maggior energia pranica nel sistema digestivo. Allo stesso modo, quando praticate yoga nidra o quando dormite, il vostro prana dovrebbe essere distribuito in tutto il corpo. Quando avrete padronanza del pranayama, potrete trasferire il prana verso ogni parte del corpo.

Il pranayama aumenta la vitalità ed assicura un’ottima salute, ma è molto più di semplici esercizi di respirazione. Mira a ‘disturbare’ la kundalini addormentata. Nadi shodhana, bhastrika, kapalbhati, shitali e shitkari pranayama sono tutti modi per raggiungere questo scopo.

Pranayama e mantra sono una combinazione molto potente e si dice siano la vera definizione di yoga. Se avete un missile sulla cui testa si mette un’arma atomica, esso diventerà il portatore di tale arma nucleare. Allo stesso modo, il prana è come un missile e il mantra è l’arma nucleare al suo apice.

Comprendere il prana
Il prana non è qualcosa che prendiamo con l’aria che respiriamo: nasciamo con esso. Il prana si crea quando siamo nell’utero di nostra madre. L’universo intero funziona grazie al prana. Se non ci fosse prana, non ci sarebbe esistenza e se il prana si ritirasse dall’universo, si avrebbe la disintegrazione totale. Se volete capire cos’è il prana, dovete comprendere l’esistenza. Quando non c’è esistenza, i prana sono dormienti e quando i cosmi si formano, è grazie all’esplosione dei prana.

Il prana ha due aspetti: il microcosmico e il macrocosmico. Non vi parlerò del prana macrocosmico perché è qualcosa che non si può capire; io non posso parlarne e voi non sareste in grado di comprendere. Mentre l’aspetto microcosmico del prana universale è in me, in voi e in ogni oggetto dell’universo, sebbene in una forma grossolana. Noi non siamo capaci di pensare al prana nella sua forma sottile ma esso è convertibile. Così come la materia è convertibile in energia e l’energia nella materia, il prana può essere convertito in azione e l’azione in prana. Quindi, nell’hatha yoga la scienza del pranayama è considerata suprema.

Connettere ida, pingala e sushumna
Nel corpo umano ci sono due centri vitali importanti. Uno è muladhara chakra, alla base della colonna vertebrale e l’altro è ajna chakra, all’apice della colonna. Ida, pingala e sushumna sono emanate da muladhara e terminano in ajna. La kundalini addormentata risiede in muladhara e il suo percorso di ascesa è all’interno di sushumna nadi.  A meno che non siete dei praticanti regolari di yoga da diverso tempo, ida e pingala non sono in comunicazione con sushumna. Ma quando praticate trataka e kapalbhati, esse sono connesse. Quando questo collegamento è stabilizzato, l’energia più elevata fluisce in esse.

Vi farò un esempio. Nel vostro contatore elettrico domestico ci sono tre linee: una positiva, una negativa e una neutra. Se rimuovete la linea neutra, le luci immediatamente si affievoliscono. Anche se l’energia è condotta tramite la linea positiva e quella negativa, la neutra è necessaria al mantenimento del voltaggio elevato.

La linea negativa è chiamata ‘linea fredda’ e quella positiva ‘linea calda’. Allo stesso modo, ida nadi conduce l’energia fredda, pingala quella calda e sushumna è l’amplificatore, il booster. Per risvegliare ajna chakra e creare l’unione tra i tre conduttori d’energia nel corpo, dovete praticare shambhavi mudra. Semplicemente, chiudete gli occhi e concentratevi sul centro tra le sopracciglia. Quando aprirete gli occhi, cercate di guardare il centro tra le sopracciglia. Quando shambhavi mudra diverrà potente, interiormente vedrete una luce.

Per padroneggiare shambhavi mudra, dovete praticare trataka. Trataka non è semplicemente fissare lo sguardo su di un punto, sebbene all’inizio dovrete tenere gli occhi fissi su qualcosa. In seguito, gradualmente, gli occhi diverranno concentrati al centro tra le sopracciglia e shambhavi mudra evolverà, portando ida, pingala e sushumna in unione, innescando il flusso dell’energia kundalini.    

Quando quest’energia inizierà a fluire, si farà esperienza di sintomi ben definiti. La coscienza si manifesterà nella forma d’illuminazione. È un’esperienza psichica nella quale vedrete lo sfavillio della luce. Potete chiamare quest’esperienza rivelazione o illuminazione. 

Molti vedono i bagliori come un’esplosione di luce, mentre altri fanno esperienza come di un crepuscolo che lentamente aumenta. Quest’illuminazione indica che ha luogo l’unione di ida, pingala e sushumna. Questo è lo scopo ultimo dell’hatha yoga.

Il prana e la kundalini
Quando esaminiamo il significato assoluto dell’hatha yoga, scopriamo che è l’unione di sushumna con ida e pingala. In altri termini, è l’unione della forza pranica macrocosmica con la forza pranica microcosmica. Quindi, la pratica dell’hatha yoga può portare alla destinazione finale. Qual è la destinazione finale? Il risveglio del prana. E cos’è il prana? Prana e kundalini sono sinonimi. Il risveglio del prana è il risveglio della kundalini e nel risveglio della kundalini unite voi stessi con il prana cosmico.

La kundalini è prana shakti microcosmica. Simbolicamente si dice sia un serpente, ma potete pensarla in qualunque modo vogliate. Il prana non ha forma o dimensioni: è infinito. Il prana è l’esistenza e noi siamo tutti esempi di prana. Ma, il nostro prana è di un voltaggio molto basso, perciò occorre insegnare a tutta l’umanità come aumentare il voltaggio del prana.

Mandala: il simbolo della divinità

Swami Satyasangananda Saraswati

Le scienze dei mantra, degli yantra e dei mandala sono intimamente intrecciate nella teoria e nella filosofia del tantra. Il tantra è sia una filosofia sia una scienza pratica e le sue teorie sublimi diventano efficaci tramite l’uso dei mantra, degli yantra e dei mandala. Esamineremo i mandala dai quali sorgono la ricca arte dell’iconografia tantrica, i templi, le arti, l’architettura e la musica.

Il principio del mandala: la forma primordiale
Ogni forma pittoricamente o visivamente creata all’interno della coscienza dell’uomo, costituisce un mandala. Per creare un mandala, dovete essere in grado di guardare all’interno di voi stessi, non nella forma di un pensiero ma di una visione tanto chiara come quando vedete il mondo con gli occhi aperti. Più la vostra visione interiore sarà chiara, più accurato e potente sarà il mandala che creerete.

Il principio di base del mandala è che si trova all’interno di un cerchio. Quindi, ogni mandala che visualizzate, deve essere rappresentato all’interno della simmetria di un cerchio. Questo è il motivo per cui il cerchio è considerato la forma primordiale. Anche la terra su cui viviamo non è piatta ma rotonda, ellittica. La formazione di un mandala segue lo stesso principio della luce esposto dalla scienza. Le onde di luce si muovono con un andamento curvilineo nello spazio formando così, un arco, una curvatura. L’aura circolare è un fattore essenziale di un mandala, e questo è particolarmente evidente in tutti gli antichi mandala tantrici oggi esistenti.

Ogni cosa può formare un mandala: un albero, una casa, un’automobile, un animale, un essere vivente. Anche il vostro corpo è un mandala. Se siete capaci di visualizzare tramite ‘l’occhio interiore’, la forma che vedete di un qualsiasi oggetto è molto precisa, anche più precisa di quella che potete vedere con gli occhi aperti. Si può visualizzare lo stesso oggetto sia fuori sia dentro, ma la differenza è che, quando lo si visualizza attraverso la mente superiore, si ha una visione momentanea di ciò che sta dietro alla forma. In questo modo avrete l’abilità di percepire molto di più che con gli occhi esterni. Possiamo vedere un albero, una casa, un animale o un bellissimo panorama e riprodurlo su una tela o un foglio. Ma questo è un mandala insufficiente, perché non siamo in grado di vedere oltre l’oggetto. Non abbiamo percepito l’oggetto in una dimensione lineare, o nella forma di un colore o di un suono. Pertanto, non potrà trasmetterci nessun altro significato oltre a ciò cui è destinato ad essere.

La creazione di un mandala: la visione mistica
Per creare un mandala che abbia potenza e forza, è importante avere chiarezza interiore e abilità nel replicare la visione interiore. Alcuni riescono a vedere chiaramente all’interno di sé stessi, ma non sono in grado di ricreare esternamente quello che hanno visto. Questo, spesso, è quello che distingue un buon artista da uno che non lo è. Entrambi possono aver avuto la stessa visione interiore, ma differisce la chiarezza della riproduzione. Un mandala è l’essenza di un oggetto percepito da chi ha raffinato la propria visione interiore; un’immagine cosmica interiore riprodotta affinché tutti possano vederla.

Il mandala che create dipende dal vostro livello di consapevolezza. Più la vostra consapevolezza si evolve, più il mandala che creerete sarà universale. Un mandala universale è quello creato da una mente sintonizzata con la consapevolezza cosmica. Sarà, quindi, applicabile e pertinente a tutta l’umanità; mentre un mandala creato da una mente fissa al piano materiale avrà un richiamo universale minore ed una minore capacità d’invocare i livelli superiori di consapevolezza negli altri. Inoltre, certi mandala sono creati da chi ha trasceso il piano materiale e sono rapiti da estasi sopra-cosciente. Sono questi i mandala che possono evocare l’esperienza spirituale negli altri e sono principalmente questi ad essere utilizzati nel tantra.

Ogni cultura e civiltà offre i propri mandala e la qualità delle creazioni ci dà un’idea chiara del livello di consapevolezza di quella società. Tutte le forme di arte, di scultura e d’architettura sono creazioni di mandala immaginati negli abissi della mente e poi riprodotti. Ecco perché il lavoro è così profondo e riesce ad influenzare ed incantare generazioni di tanti secoli successivi.

La differenza tra un mandala creato da un artista e quello creato da un mistico è significativa. Un artista comunica la sua esperienza interiore traducendola in un concetto legato al tempo e allo spazio, perché la sua intuizione non è così profonda come quella di un mistico. Solitamente trasmette solo le sue emozioni e non la verità metafisica. Un mistico invece, va molto oltre le limitazioni della mente, delle emozioni e dell’intelletto finiti. Pertanto, queste esperienze riguardano più profondamente i concetti universali del cosmo.

Entrambi, l’artista ed il mistico, esplorano e rappresentano verità interiori. Ma, mentre un artista esprime la sua esperienza con il suo lavoro artistico, un mistico continua a sviluppare un’esperienza dentro un’altra. Un mistico non mira ad avere delle visioni interiori, ma a ciò che è oltre. Se un artista facesse la stessa cosa, si trasformerebbe in un mistico. Pertanto, tutte le arti si basano su un’esperienza divina interiore che ha la capacità di superare la prova del tempo e continua ad esistere come idea immortale ed eterna.

In India, tutte le forme di arte, di musica e di architettura sono profondamente influenzate dalla visione spirituale del suo passato ancestrale. La musica classica indiana, attraverso la combinazione di melodia, battute e ritmo, crea un mandala che evoca una risposta negli strati più profondi della consapevolezza. Le opere d’arte delle cave di Ajanta ed Ellora, i famosi templi di Khajuraho, il tempio del sole di Konarak in Orissa e milioni di altre opere sono, in effetti, dei mandala che influenzano profondamente la consapevolezza di chi li guarda.

Quest’influenza è sempre molto sottile ma precisa. Si può non sapere quale livello della mente quel mandala esplora ed influenza. I mandala parlano alla mente subconscia e a quella inconscia, e sono quindi in grado di risvegliare le visioni interiori. È grazie a questo processo che gli strati profondi della mente iniziano a manifestarsi.

Devi e Devata: forze divine
Nel tantra, i mandala sono stati raffigurati come rappresentazioni pittoriche delle forze divine, simboleggiate come forme teriomorfe ed antropomorfe. Il tantra afferma che queste forme delle divinità non esistono come entità oggettive in nessuna parte della stratosfera, a presiedere sul nostro destino. Tuttavia, si sente la necessità di sviluppare l’idea della divinità in una forma umana per renderla comprensibile alla consapevolezza grossolana dell’uomo.

Il tantra dice: “Come può un uomo, incapace di vedere dentro di sé, essere in grado di visualizzare o di sperimentare la realtà senza forma?” Non riusciamo nemmeno a fare esperienza o ad essere testimoni dei nostri pensieri, figuriamoci della realtà superiore. Così, sono state sviluppate le forme mandaliche delle devi e dei devata in elaborati ed attraenti simboli. Così, alla fine, l’immaginazione grossolana della divinità sarà trascesa e si svilupperà nell’esperienza della realtà senza forma.

La simbologia dei mandala delle devi e dei devata comprende una serie infinita di forme, colori e raffigurazioni. Alcuni sono meravigliosamente belli, altri provocanti, alcuni dolci e compassionevoli, taluni grotteschi e paurosi, talaltri indicano i poteri divini e altri ancora i doni materiali. In ogni caso, la struttura è elaboratamente dettagliata e designata ad evocare una risposta corrispondente all’interno della consapevolezza dell’aspirante. Questa simbologia si basa sulla struttura archetipa eterna dell’inconscio collettivo dell’uomo e questi mandala tirano fuori questi archetipi, come un magnete attrae la limatura di ferro da un cumulo di diamanti.

La concentrazione su un mandala risveglia i samskara radicati interiormente e ne rivela i misteri sconosciuti, nella forma di sogni, visioni e azioni mentali. Non siete obbligati ad affrontare direttamente i samskara i quali non influenzano le azioni nella vostra vita quotidiana. Verranno fuori durante la meditazione e nei sogni. Questo è un modo per aggirare un terribile e spaventoso nemico contro il quale non avete alcuna difesa. Questi mandala che sono sempre esteticamente e visivamente molto accattivanti, sono in grado di catturare e di dare una direzione all’immaginazione, che è il collegamento sottile con la mente più elevata.

Shiva-Shakti: il campo dell’energia
Forse il mandala più controverso che il tantra ha creato fino ad oggi, è il kriya del maithuna. Il kriya del maithuna forma un mandala che ha yantra e mantra corrispondenti. Le sculture erotiche dei templi di Khajuraho e di altri templi in Orissa, si basano interamente sul pensiero tantrico che maithuna sia un atto tramite cui le energie divine possono essere invocate. L’uomo rappresenta Shiva, la polarità positiva e la donna rappresenta Shakti, la polarità negativa. Attraverso la loro esoterica ed essoterica unione, si crea un campo o un circuito energetico che è il mandala. Queste opere non denotano la passione carnale, ma l’unione al più alto livello esoterico. È il parallelismo dell’unione dell’energia e della coscienza di Shiva e Shakti.

Il mandala del linga e della yoni è anch’esso il simbolo di quest’unione elevata ed è per questo che è venerato in India da secoli. Il linga rappresenta ciò che è luminoso, mentre la yoni simboleggia la fonte. Quindi, il linga dovrebbe essere compreso come il simbolo della coscienza pura e la yoni come la fonte dell’energia e insieme, formano le forze gemelle presenti dietro la creazione. L’uomo e la donna uniti sul piano fisico rivivono l’esperienza dell’unità da cui sono scaturiti. Quest’unità è un’esperienza interiore, così come un’esperienza spirituale è un’esperienza interiore, e non c’è nulla di peccaminoso in essa. Oggi giorno, comunque, la pratica di maithuna è degenerata per lo più in un mero atto essoterico, a causa delle ammonizioni imposte dalla religione.

Il tantra, forse, è l’unica filosofia che ha il coraggio di dirlo. Le altre rimangono in silenzio a riguardo, oppure lo strumentalizzano con l’idea del peccato, in modo da indurre un senso di colpa e di depravazione nell’uomo che lo fa. La colpa e la vergogna sono molto difficili da espellere dalla coscienza. Rimangono con l’uomo per molto tempo, controllano le sue azioni, la mente, la personalità e la vita. A meno che l’uomo sia capace di rompere queste barriere, non può arrivare all’esperienza più elevata. Per quell’esperienza deve sradicare la colpa e la vergogna.

Il tantra afferma che maithuna non è un peccato, ma un atto di adorazione che può aiutare l’individuo a trascendere la bassa consapevolezza; un concetto a cui la maggior parte delle persone non crede a causa del complesso di colpa e della vergogna. Così questa conoscenza è stata mantenuta segreta e tramandata solo da guru a discepolo, istituendo la tradizione di un mandala eterno, perché la tradizione del guru e del discepolo inizia e finisce allo stesso punto, il che significa che va avanti in eterno.

Tattwa Shuddhi: uno sguardo all’interno
La pratica di Tattwa Shuddhi è anch’essa abilmente organizzata come un mandala. Iniziamo la pratica ad un certo punto dell’evoluzione e andiamo molto lontano nel Sé. Dopo aver seguito il processo dell’evoluzione e dell’involuzione della creazione, ci ritroviamo di nuovo al punto di partenza, come se quello che stiamo percorrendo fosse un cerchio infinito; dalla nascita alla morte e poi di nuovo alla nascita. Quando vedrete la realtà che è oltre la nascita e l’esistenza, sorgerà il desiderio della liberazione, che vi spingerà alla scoperta dei mezzi per liberarvi da questo circolo senza fine di causa ed effetto.

La forma circolare della pratica di Tattwa Shuddhi è uno schema, un’idea e una forza intenzionali. Questa forza è il potere segreto del mandala, che potrete comprendere solo se andrete alla sua ricerca, come un giovane uomo che corteggia il suo primo amore. La pratica vi farà dare una rapida occhiata a quel potere segreto, appena un colpo d’occhio e l’esperienza svanirà, tanto che spesso non saprete nemmeno di averlo fatto. Tuttavia, l’effetto potrà essere sentito nella dimensione sottile della consapevolezza, ed è quella la parte di voi che il mandala cerca di raggiungere.
Mantra, yantra e mandala: l’armonia perfetta
Mantra, yantra e mandala sono prodotti della profonda visione interiore degli yogi, dei rishi e dei ricercatori che hanno indagato profondamente la natura del cosmo. Sono il prodotto degli elevati stati d’illuminazione, di estasi ed esperienze spirituali. In questo stato della mente, la consapevolezza trascende tutte le barriere e, quindi, l’esperienza è chiamata ‘universale’.

Finché rimarrete legati al tempo e allo spazio, le vostre esperienze saranno limitate e relative soltanto a quella dimensione. Ma quando la trascenderete, non ci sarà più religione, casta, credo e sesso. Allora la visione come potrà essere limitata? Inoltre, in quello stato della mente sarete un tutt’uno con l’intero processo della Natura e potrete comunicare con Essa. Tutte le visioni diverranno parte della verità cosmica e quelle immagini seguiranno i codici e le leggi rigide ed inerenti ad ogni processo della Natura. Questo è evidente nei mantra, negli yantra e nei mandala tantrici che sono tutti in perfetta armonia ed equilibrio lineare e geometrico. Nel sistema tantrico, ogni mantra, yantra e mandala è calcolato fin nei minimi dettagli. Se non soddisfa l’esatta equazione matematica che ne definisce l’equilibrio, sarà inefficace ed incompleto. Basta dare un’occhiata a qualche mandala o yantra per verificarne l’equilibrio matematico. Questo è uno dei primi aspetti che attrae l’attenzione.

Nel sistema tantrico, il mandala rappresenta la forma iconografica visiva della forza più elevata, lo yantra la forma astratta e il mantra quella sottile. Quindi, ogni mandala ha il proprio yantra e mantra corrispondenti e l’uno può essere sostituito dall’altro, secondo il livello dell’aspirante, in quanto evocano lo stesso risultato. Le varie deità rappresentano i differenti livelli di consapevolezza e sono scelte su questa base.
Yantra e mandala non devono mai essere scambiati per simboli religiosi, occulti, mistici o misteriosi, ma vanno intesi come forze di energia altamente caricate che possono invocare la stessa frequenza dentro di noi per espandere la consapevolezza.

Satsang a Ganga Darshan

Swami Niranjanananda Saraswati
Potrebbe spiegare le parole di Sri Swamiji: “Quando la madre si ritira, il guru arriva”?
Durante la Sat Chandi Maha Yajna del 2003, Sri Swamiji disse che quando arriva la madre cosmica, il ruolo del guru è terminato. Quando la madre se ne va, il ruolo del guru riprende. Questo è molto logico. Lo scopo di un guru è di portare il discepolo di fronte alla divinità, o alla natura trascendente, o a Dio, o al Sé supremo.

Il guru non dovrebbe essere visto come una persona con un corpo fisico, ma come il rappresentante della qualità e dell’energia che ispira e motiva ognuno di noi nell’arrivare ad avere una visione della natura trascendentale che è contenuta all’interno di noi e di cui facciamo parte. La confusione si ha quando ci identifichiamo con il guru a livello fisico. Ci chiediamo, allora, perché il maestro con il quale ci siamo identificati è fisicamente assente durante un evento. Ma questa, è una nostra incomprensione perché il guru non è il corpo fisico.

Dopotutto, quando Sri Swamiji stesso si presentò nell’ashram del suo guru Swami Sivananda a Rishikesh, era una persona ordinaria ma con la grazia del guru insieme alla convinzione, dedizione ed abbandono da parte sua, divenne luminoso. Il guru tattwa si manifestò in lui. Quindi, vi connettete con lui per il corpo fisico, oppure per quella shakti, il guru tattwa, che è in lui? Se vi connettete per il corpo, perderete tutti i segreti della vita spirituale. Ma se vi connettete per l’essenza che egli rappresenta, non farà differenza che sia lì fisicamente oppure no. Per un aspirante spirituale, per una persona che è sincera nel seguire il percorso spirituale, è necessario identificarsi anche con la qualità, la natura del guru che ispira, motiva e guida tutti noi.

Il guru tattwa, la guru shakti, è responsabile dell’elevazione della mente umana dal piano materiale di base ai piani spirituali e trascendentali più elevati. Questo è il ruolo del guru. Il ruolo del guru non è sedere davanti a voi fisicamente, benedirvi e darvi la grazia. Questo è il compito dei pontefici non dei guru. I guru sono scintille. Swami Sivananda creò una scintilla in Sri Swamiji, la materia era buona e prese fuoco. Il guru crea delle scintille all’interno di noi, ma la materia non è buona e noi non prendiamo fuoco. Qualche volta la nostra materia è molto bagnata a causa delle frustrazioni, delle tensioni e dell’ansia, quindi c’è molto fumo e niente fuoco. Qualche volta siamo fatti di una materia che non prende fuoco, come un sasso. Qualche volta siamo di materia che può prendere fuoco e bruciamo.

Secondo un detto: se Dio e il guru sono entrambi in piedi davanti a voi, a chi si deve rendere omaggio per primo? La risposta è al guru, perché è tramite lui che avete raggiunto Dio. Dio è il secondo, non il primo. Dobbiamo capire cosa sta facendo Sri Swamiji secondo questo spirito. Sta elevando il livello della nostra consapevolezza, della nostra coscienza, facendoci vivere lo yoga, non praticare yoga.

Ci sono due tradizioni: una è praticare yoga, l’altra è vivere lo yoga. Entrambe sono molto forti. Il saggio Patanjali è ritenuto il codificatore dello yoga. Descrive il processo dello yoga come l’essere preparati a ricevere la coscienza più elevata. Ma dopo che vi sarete preparati per ricevere quell’energia, quella grazia elevata, arriva lo yoga di Swami Sivananda che consiste nel fare esperienza e nel manifestare quella qualità, quella grazia, quell’abilità, creatività e chiarezza cha avete sviluppato con la pratica di yoga. Il saggio Patanjali tratta degli otto stadi dello yoga come pratica. In seguito, anche Swami Shivananda parla dell’ottuplice sentiero dello yoga, ma come il vivere l’esperienza dello yoga. Quando vivremo l’esperienza dello yoga, la nostra consapevolezza si eleverà.

Prendiamo come esempio la radio. Appena l’accendete, sentite molti rumori elettrici e incomprensibili, ma spostando il sintonizzatore verso una stazione specifica i rumori diminuiranno sempre di più. Qualche volta, quando andate vicino ad una stazione, c’è un suono acuto, come se tutti i suoni si fossero fusi e divenuti un unico suono ad alta frequenza. La frequenza sarà sempre più alta fino a divenire impercettibile, allora sarete arrivati alla stazione e potrete ascoltare la musica.

Questo è il processo dello yoga. Quando accendete la radio e sentite tutti i rumori elettrici ed incomprensibili, quella è la vita normale. Le chitta vritti sono attive. Non c’è sintonia, focalizzazione, chiarezza: è lo stato in cui siamo adesso. Ma poi iniziate a muovere la manopola della radio per sintonizzarla. Lo scopo della sintonizzazione è di abbassare le frequenze in modo che le parole, i suoni, la musica possano essere uditi chiaramente. Questo è l’eliminazione, la rimozione e la focalizzazione. Entrambe avvengono nello stesso momento. Con la pratica di yoga vi muovete attraverso gli stati di pratyahara e di dharana e, gradualmente, riducete i suoni elettrici ed incomprensibili. Poi tutti si fonderanno in un unico suono e sentirete come un fischio ad alta frequenza. Questa è la meditazione, dhyana, dove tutto è fuso ed emerge in un suono a frequenza elevata. Quando la frequenza sarà sempre più elevata fino a diventare impercettibile, lo stato di dhyana si convertirà in samadhi. Fino a questo punto c’è lo sforzo umano. Passato questo punto trovate la stazione e potete iniziare ad ascoltare la musica. Questo è vivere l’esperienza, perché qui non c’è focalizzazione, concentrazione, meditazione, ma state ascoltando l’intero spettro dei suoni, della musica, delle parole, in armonia. Questo è vivere lo yoga.

Questo è il movimento dello yoga. Ad ogni stadio, man mano che evolviamo, progrediamo sempre più. La mente, le sensazioni, le emozioni e i sentimenti si raffinano sempre più diventando più nitidi e creativi. Con questo raffinamento sorge una nuova percezione. Si fa esperienza di una nuova comprensione, di una nuova visione e di un nuovo stato della mente. Questo stato della mente è noto come saumyata, la mente serena. Non c’è un termine inglese che possa tradurre saumyata. Quello che più si avvicina è serenità, o saggezza equilibrata, stitha prajna, di cui Krishna parla nella Bhagavad Gita. È in questo stato di saggezza equilibrata, saumyata o stitha prajna, che ci si connette con le realtà più elevate.

Così come in samadhi ci si connette con le realtà più elevate, allo stesso modo con il risveglio, la trasformazione e la purificazione della mente, si ha la consapevolezza e l’esperienza di quel Sé supremo. Quest’esperienza del Sé supremo va mantenuta. L’esperienza del Sé supremo si estende a tutti gli aspetti della vita, ai karma, alle azioni, al comportamento e all’atteggiamento. Crea un campo energetico intorno ad una persona, ad un luogo e quando si entra in quel campo ci si sente toccati, ci si sente differenti e allo stesso tempo felici, in pace e tranquilli. L’esperienza intellettuale che si fa tramite buddhi, di fronte ad un maestro, esperienza di pace, serenità, controllo, equilibrio ed armonia è solo la comprensione esterna di un processo sottile che interessa la consapevolezza e la psiche a livelli profondi. Questo processo sottile deve essere sviluppato per diventare il recipiente dell’energia cosmica e fare così esperienza della natura trascendentale interiore.

Il ruolo del guru è di portarvi a quel livello. Una volta che ci sarà la connessione con il Sé supremo, la funzione, il ruolo del guru sarà terminato. Poi dovrete diventare quella luce. Dovrete fare esperienza di quella natura elevata. In seguito, quando tornerete di nuovo al piano materiale a causa della mente e delle limitazioni del sé, il guru tornerà e vi dirà: “Ok, ora dovrai fare questo, quello e quest’altro per superare le tue limitazioni e prendere il volo.” Quindi, quello che Sri Swamiji ha detto durante la yajna è la verità. Chi ha orecchi per intendere ascolti e chi ha occhi per vedere guardi.
3 Dicembre 2003

Swamiji, tu sei il mio guru. Sebbene questa è solo la seconda volta che ti vedo, sento una profonda attrazione ed è come se t’avessi conosciuto già in passato. Come può succedere questo?
La vita è un gioco di emozioni, di affetti e noi siamo legati gli uni agli altri grazie a queste emozioni ed affetti. Alcuni esprimono delle qualità più di altri e possono collegarsi con qualcuno a livello emozionale e trovare il supporto che li nutre e li sostiene emotivamente.

Sono i vostri sentimenti, sensazioni ed emozioni che creano il legame tra voi e me. La stessa cosa, naturalmente, accade anche al contrario. La prima volta che mi vedete potrei non piacervi affatto. Ci sarebbe una reazione differente. Allora, potrebbe sorgere la domanda: “Perché ti odio a prima vista? Siamo stati nemici in passato?” Queste domande non hanno nessuna rilevanza, perché tra noi vi è una relazione attraverso le emozioni e gli affetti. Se si rimuovessero l’emozione e l’affetto non ci sarebbe nessun collegamento tra voi e me, o tra chiunque altro. Se avete un’emozione positiva, coltivatela.
C’è un’applicazione positiva e una negativa, dannosa, dei sentimenti, delle emozioni e delle forze che tutti noi abbiamo. Dobbiamo coltivare ciò che è positivo ed elevante. Invece di rimuginare su ciò che è restrittivo, negativo e cattivo, coltivate quello che è positivo, buono e cercate di pensare di più a queste cose. Perché pensare a fare del bene, a sentirsi bene e a fare esperienza del bene?

La bontà deve essere compresa in modo pratico. È nella natura umana essere cattivi, non buoni. Ogni attore vi dirà che è molto facile interpretare un criminale. Interpretare il ruolo di un buono non viene spontaneo, occorre prepararsi. Diventare buoni ed essere buoni può creare molte difficoltà pratiche e, quindi, bisogna essere molto attenti ed imparare a gestire la bontà.

La bontà può essere gestita solo se la struttura della mente è stata sviluppata nella misura in cui risulta allineata con le qualità positive e creative. Ciò si ha con la pratica di yama e niyama. Praticando yama e niyama, impariamo come comprendere, applicare e fare esperienza della bontà nella nostra vita.

Applicare e fare esperienza della bontà nella nostra vita è noto come tapasya. Tapasya non è l’austerità o l’autopunizione. Tapasya è la trasformazione del sé interiore per fare esperienza e vivere la qualità della bontà. Quando saremo in grado di esprimere creativamente questa bontà interiormente, avremo una connessione con chiunque ci circonda, che sarà di supporto e ci eleverà interiormente. Se questa connessione non c’è, niente attrarrà la nostra attenzione. Le nostre motivazioni ed ispirazioni saranno dissipate e perderemo interesse.

Quindi, la domanda non riguarda voi o me. Riguarda come poter sviluppare e mantenere quella buona sensazione ed energia che lega fortemente guru e discepolo, e che può agire anche come trampolino di lancio per scoprire dimensioni nuove e più elevate nella vita. Questo è sambandh, la connessione, l’interazione armonica.
3 Dicembre 2003

Quando un discepolo fallisce un obiettivo e chiede al guru cosa fare e il guru dice che la decisione è la sua, cosa dovrebbe fare, visto che si sente troppo perplesso e confuso per prendere una qualsiasi decisione?
La faccenda è molto semplice ma la risposta non lo è. Quando le persone domandano qualcosa al guru, chiedono come poter fare questo o quello. Fino ad un certo punto va bene, ma arriva un momento in cui i propri sadhana e pratiche dovrebbero portare ad una fase in cui s’inizia a manifestare la propria saggezza, discriminazione, viveka e vairagya. Quando la discriminazione e la saggezza diverranno fulgidi, troverete le soluzioni ad ogni problema. Il problema è che gli esseri umani pensano solo con una parte della mente che confronta ed analizza sempre le situazioni, i bisogni e le interazioni con l’idea o il pensiero sottile di ‘cosa ottengo in questo modo?

La nostra natura, la nostra personalità, è oggetto di piaceri e dispiaceri. Le cose che piacciono ci danno l’esperienza di felicità, piacere, gioia, soddisfazione ed appagamento. Ciò che non piace è doloroso. Verso ciò che non piace c’è il rifiuto. Il piacere ed il dispiacere, noti nella terminologia yogica come raga e dwesha, attrazione e repulsione, rappresentano la natura che controlla la mente umana. Quando raga e dwesha controllano l’espressione della mente umana, ogni cosa che pensiamo, pianifichiamo o desideriamo sarà sotto l’influenza del piacere e del dispiacere. In questa condizione mentale, né il guru e né Dio può darvi saggezza. Se i vostri piaceri e dispiaceri sono predeterminati, nemmeno le parole di Dio possono fare la differenza, perché non siete in uno stato di accettazione. Quindi, in casi come questo, il guru vi dice di decidere da soli quale dev’essere lo scopo e la focalizzazione nella vostra vita, perché sa che il suo suggerimento non verrebbe accettato.

Questo è applicabile a tutti. Il guru guiderà solo quelle persone che hanno una fede implicita; quelle persone sono sotto la mia responsabilità. Perciò, le qualità del discepolo sono molto più importanti delle istruzioni del guru. Non è importante che il guru vi dica qual è lo scopo della vostra vita, o volere dal guru le soluzioni ai problemi. Questo è secondario. È importante coltivare le qualità di un discepolo nella vita.

Se una persona è un vero discepolo, riceverà la guida del guru ad ogni passo lungo la via: a volte sarà fisica, a volte mentale, a volte psichica e a volte solo delle parole che si sentono in meditazione. Ma se questa consapevolezza, questo livello di accettazione e di abbandono non ci sono, se la relazione con il guru è intellettuale e orientata all’appagamento, allora è meglio trovarsele da soli le soluzioni nella vita.
5 Agosto, 2002