Swami Satyananda Saraswati
Chamarande (Francia), agosto
1981
Ogni volta che la
relazione tra guru e discepolo è
stata discussa da persone intelligenti, sono state espresse differenti
opinioni. Alcuni pensatori sostengono che il guru non sia necessario e, da un certo punto di vista, hanno
ragione. Il punto centrale della loro argomentazione è che ognuno è il guru di sé stesso e, filosoficamente,
questo è corretto: il vero guru è
all’interno di ogni persona. Egli è noto come sat guru, la guida interiore.
In realtà, ogni tipo di
guida che ricevete nella vita spirituale proviene da questo guru interiore. Ma c’è un altro aspetto
che deve essere considerato. Perché dire ad un cieco che siccome fuori splende
il sole, non è necessario accendere la luce all’interno di una stanza? È
esattamente la stessa cosa. Non c’è nessun dubbio che il guru sia dentro ognuno di noi, ma voi potete sentirlo? Potete
seguire le sue direttive? Avete mai sentito il suo amore e le sue benedizioni?
L’idea di essere il proprio guru è
molto accattivante. In questo modo salvereste il vostro ego. Non dovreste
sottomettervi a nessuno. Ma se il guru
è interiore, si ha un problema pratico nella vita. Chi sarà lì ad ispirarvi ed
a farvi da guida spirituale? Per questo motivo, sin dall’inizio dei tempi,
esiste la tradizione di guru e
discepolo.
Il collegamento
spirituale interiore
Ogni ricercatore deve
avere un guru con cui poter stabilire
un collegamento spirituale interiore. Guru
non significa insegnante, precettore o tutore. Guru significa colui che dissipa l’oscurità: è colui che vi aiuta
ad illuminare il vostro sé interiore. Egli potrebbe insegnarvi ed istruirvi nel
raja e nell’hatha yoga, oppure potrebbe non darvi nessuna lezione. Le
qualifiche di un guru non sono né il raja yoga, né l’hatha yoga e nemmeno la
cultura scolastica. Guru è chi ha
l’anima colma d’amore fino all’orlo, chi non vive e non lavora per sé stesso.
Una persona così, che ha ricevuto l’illuminazione, è un guru.
Nella storia ci sono
stati molti guru che non hanno
predicato né insegnato, ma sono stati in grado di trasmettere amore e
benedizioni ai loro discepoli. Quando avvicinate una persona così, si
stabilisce spontaneamente un collegamento tra voi due. È qualcosa di simile
all’amore a prima vista. Secondo me quindi, non è necessario spiegare come un
discepolo riconosce il proprio guru.
Il primo e più
importante collegamento tra guru e
discepolo è il mantra. Il mantra è come un seme che il guru pianta nella coscienza del
discepolo, proprio come un contadino pianta un seme in un giardino. Il mantra diventa un filo invisibile che
lega il discepolo al suo guru.
Tramite il mantra le frequenze del
cervello del discepolo si sincronizzano con quelle del guru. Così come sintonizzate la radio su una particolare stazione
per aggiustarne la frequenza, il discepolo usa il mantra per aggiustare la frequenza della sua coscienza. Certo il mantra purifica la mente e favorisce
concentrazione e tranquillità, ma quando il guru
lo dà ad un discepolo, lo scopo è di stabilire una relazione.
Il discepolato
e l’abbandono
Se volete diventare dei
discepoli, ma ancora non avete trovato un guru,
dovete considerare un punto importante. Dovete comprendere che il guru è in linea con la vostra evoluzione
e realizzazione. In altre parole, a seconda del vostro calibro e personalità,
sceglierete un certo guru e lo
otterrete. Perciò se volete un guru
di qualità buona e superiore, dovrete sviluppare un discepolato e un abbandono
superiori.
Un discepolo dovrebbe
arrendere il proprio ego al guru,
poichè è con quest’atto di abbandono che si svuota. Così come un flauto di
bambù produrrà una bellissima melodia solo se opportunamente reso vuoto, allo
stesso modo, un discepolo deve svuotarsi per diventare uno strumento utile.
L’ostacolo maggiore tra il guru e il
discepolo è l’ego. Maggiore è l’ego, minore è la ricettività. Rendendo sottile
l’ego, la ricettività inizierà ad aumentare.
Alcune persone sono
spaventate all’idea di abbandonare il proprio ego perché hanno paura di perdere
la loro individualità. Ovviamente, sono consapevoli di abbandonare il proprio
ego in molte situazioni della vita. Non c’è niente di male nell’arrendere il
proprio ego al guru. Perdendo la
propria individualità dinanzi a lui, si diventa il destinatario di molti
benefici, non solamente durante la meditazione, ma anche nella vita di tutti i
giorni.
Un flauto vuoto
Forse avrete letto la
storia del grande yogi tibetano
Milarepa. Quando Milarepa era un ragazzo, andò da un guru a chiedere di essere iniziato. Il guru lo prese a calci e gli urlò: “Tu mascalzone, esci da qui.” Per
diversi giorni Milarepa rimase fuori al freddo, davanti alla porta della casa
del guru ma il guru si rifiutava di riceverlo. Siccome Milarepa era innocente ed
aveva abbandonato il proprio ego, nei principi e nella pratica, non pensava
come potremmo pensare noi: “Che strano guru
è questo. Se non mi vuole vedere, allora non lo voglio come guru”. Milarepa continuò a rimanere
fuori dalla porta ed ogni volta che il guru
usciva gli dava un calcio.
Un giorno il guru uscì e sua moglie portò a Milarepa
del cibo appena preparato e caldo. Fino ad allora gli venivano gettati solo
degli avanzi. Mentre il ragazzo mangiava, il guru apparve sulla scena. Furioso domandò: “Chi ti ha dato quel
cibo?” Milarepa rispose: “Me l’ha dato la mia mamma guru.” Tutto accigliato il guru
disse: “Ora ho capito. Sei venuto qui per corrompere mia moglie. Beh, non puoi
stare vicino a lei. Vai via da qui.” Il guru
gl’indicò una collina e gli disse di costruirsi una casa lassù.
Il povero ragazzo
dovette portare pesanti massi dalla valle fino in cima alla collina, giorno
dopo giorno, per diversi mesi. Alla fine, quando ebbe terminato il lavoro, il guru andò sulla collina a controllare la
costruzione. Trovò il ragazzo che dormiva e gli diede un calcio con tutta la
sua forza. “Sei un lazzarone” e il ragazzo si mise a piangere. “Ora che hai
terminato la casa, pensi solo a dormire. No, non puoi stare qui. Riporta giù
tutte le pietre e costruisci un’altra casa vicino al mio cancello, così posso
tenerti d’occhio.” Un qualunque altro discepolo avrebbe detto: “Che strano guru!” Ma Milarepa non aveva ego, era un
flauto vuoto, e riportò tutte le pietre giù una ad una.
La
trasformazione spirituale
La storia va avanti, ma
io voglio solo farvi dare un’occhiata all’approccio di un discepolo verso un guru dal comportamento sorprendente,
eccentrico ed illogico. Quando più tardi Milarepa si sedette in meditazione,
mise sulla sua testa una piccola lampada di terracotta accesa. Sedette nella
posizione del loto per ore, senza fare il minimo movimento. La lampada non
cadde né tremolò. Perché? Perché lui non aveva ego. Se siete come dei bambini
mentalmente innocenti e puri, la vostra mente può diventare tranquilla in un
attimo.
Ci sono molte storie di
grandi discepoli come questo, ma nessuno di essi è diventato un discepolo
semplicemente scegliendosi un guru.
Erano tutti dei devoti che si sono preparati ad affrontare qualsiasi
trasformazione fosse inflitta dal guru.
Cosa fa un falegname
con del legname? È dolce con esso? No, lo taglia con una sega, lo cesella e ci
mette dei chiodi. In questo modo produce un bell’elemento d’arredo. Se un pezzo
di legno non subisse questo crudele processo per mano di un falegname, non
potrebbe mai essere trasformato in qualcosa di utile. Un discepolo è una
materia grezza, non importa quante cose conosce. Potrebbe essere molto
intelligente. Potrebbe essere un grande diplomatico, un uomo d’affari o un
professore; potrebbe essere mondanamente molto saggio ma questo non ha importanza.
È una materia grezza che deve essere trasformata dal guru. Ed uno ad uno tutti gli elementi della sua personalità,
devono andare incontro ad un processo di disintegrazione, perché deve essere
totalmente ringiovanito e rigenerato. Sebbene il discepolo mantenga lo stesso
corpo fisico in tutto e per tutto, gli elementi del suo corpo mentale,
emozionale e spirituale sono completamente cambiati. In altre parole, la
personalità del discepolo subisce una metamorfosi totale.
Fate attenzione
all’approccio intellettuale
In tutta la mia vita da
discepolo ho osservato molti punti importanti, veramente pericolosi, nella vita
di un discepolo. Quando vivevo con il mio guru,
Swami Sivananda, io stesso e molti altri swami
spesso pensavamo di saperne di più del nostro guru. Credevamo che la crescita e lo sviluppo dell’istituzione
avvenissero solo grazie ai nostri sforzi. C’era molto intellettualismo in noi e
a causa di questo, non approcciavamo il nostro guru come dei bambini. Una volta parlammo di questo problema con il
nostro guru. Dicemmo: “Spesso ci
sembra di sapere più cose di te e ci sono situazioni nelle quali sentiamo che
tu stia facendo degli errori.” Swamiji replicò: “Avete ragione.” Quella era la
sua grandezza e quella fu la nostra meschinità.
Quando diventate un
discepolo, che siate laici o sannyasin,
e accettate un mantra dal guru, è molto importante che egli viva
nel vostro cuore come una luce costante. Mantenendo la consapevolezza costante
al guru sarete in grado di sviluppare
il sat guru, quel guru che risiede interiormente.