martedì 21 giugno 2022

Yoga Panorama n.2, anno 2022


Indice:

- Il Sistema Guru-Discepolo in Occidente

- Disciplina

- Sadhana

- Verso la Bellezza, l'Equilibrio e l'Armonia

Il Sistema Guru-Discepolo in Occidente


Dharmanidhi, USA

Guru significa “colui che disperde l’oscurità”. L’oscurità in questo contesto si riferisce all’ignoranza, all’incapacità di percepire la luce della nostra vera natura, che in yoga è conosciuta come il “guru interiore”. Pertanto, il compito del guru esterno è di aiutarci a risvegliare il nostro guru interiore, non di sostituire la nostra divinità con la loro, come comunemente frainteso.

Sfortunatamente, i guru ciarlatani continuano a esistere instillando tra i loro studenti un senso di dipendenza dalla loro proclamata divinità. Di solito rispettano a parole l’idea che gli studenti sviluppino il loro guru interiore, creando nel contempo una maggiore dipendenza da sé stessi per il “tocco” della divinità o per gli insegnamenti segreti. Questa dipendenza è molto malsana. Paramahamsa Satyananda ha definito questo attaccamento “appiccicoso”. Ha affermato: “Cos’è tutto questo appiccicume? Il discepolo si attacca al guru, il guru si attacca al discepolo. È come una supercolla. Cosa succede quando incollate due pezzi di legno insieme e poi provate a separarli? Distruggete entrambi i pezzi di legno. Questo fatto che il discepolo si attacca al guru e il guru al discepolo non va bene”.

Idee occidentali sbagliate riguardo al guru

Il sistema guru-discepolo ha le radici nell’idea del servizio disinteressato da parte del guru, rivolto al risveglio del guru interiore del discepolo. La maggior parte dei guru che sono venuti in Occidente per insegnare provenivano da tradizioni monastiche orientali.

Mentre gli orientali sono abituati ad avvicinare i monaci e le monache delle tradizioni buddiste e yogiche, e conoscono il protocollo e le corrette dinamiche di relazione che aiutano a creare un ambiente favorevole a relazioni armoniose tra insegnante e studente, noi in Occidente non abbiamo una storia di interazione con i guru a cui attingere.

Gli occidentali avevano, e fondamentalmente hanno ancora, impaccio quando si tratta di “come fare” ad interagire con insegnanti di altre culture e tradizioni così estranee alla loro. Non bisognerebbe essere tutti pecore, seguendo meccanicamente gli esempi degli studenti più anziani. Si dovrebbe creare consapevolmente un ambiente ordinato, in modo che la più alta funzione dell’insegnante, quella di trasmettere gli insegnamenti, possa essere concentrata senza inutili distrazioni e senza possibilmente stimolare i karma latenti non attivi, che potrebbero anche interferire con la trasmissione degli insegnamenti.

Molti guru dello yoga e del buddismo, insegnanti molto capaci nelle loro terre d’origine, ebbero un grande shock al loro arrivo in Occidente per insegnare. Desideri latenti, mantenuti in un perpetuo stato di conscia soppressione vivendo nell’ambiente controllato di un ashram o di un monastero, spesso salivano in superficie con grande forza e brutti risultati. Alcuni cedettero a quei desideri a spese degli insegnamenti e degli studenti coinvolti. Per alcuni guru furono gli acerbi semi del karma circa il denaro e l’avidità che li hanno portati alla rovina, per altri la lussuria e altri ancora trovarono la loro ombra in agguato nel desiderio di potere e di fama.

Un’altra area d’incomprensione è stata la nostra immatura visione dell’India, come un luogo dove si potevano trovare dei santi“perfetti” a ogni angolo della strada. Questo non è certamente possibile, poichè gli stessi indiani sono i primi ad affermare che negli ultimi duecento anni c’è stato un costante declino di maestri di calibro elevato. La maggior parte degli occidentali, alla disperata ricerca di una soluzione per l’illuminazione, guardava gli insegnanti provenienti dall’India attraverso le lenti rosa del perfetto essere umano. Questo concetto di santa perfezione è sia un mito che un malinteso.

Tuttavia, probabilmente il fattore più importante che ha contribuito alla fase che sta attraversando il concetto di guru è la mancanza di maturità emotiva e mentale del discepolo medio. Sembra che la stragrande maggioranza degli studenti che cercano un guru non siano veramente pronti per questo e non comprendano effettivamente come poter avere il miglior beneficio dalla presenza del guru per la propria crescita. Molti studenti proiettano ogni tipo di fantasia sui loro insegnanti, il che ostacola il loro stesso sviluppo. Non hanno la consapevolezza di proiettare le proprie questioni, necessità, paure, insicurezze, rabbie, abbandoni e così via. Quando il loro guru non risponde ai loro bisogni nel modo in cui si aspettano, gli studenti reagiscono come bambini: si arrabbiano, fanno il broncio o ritirano il loro amore e la loro devozione per il guru.

Senza una solida base di maturità emotiva e mentale, tutti i progressi che si fanno spiritualmente sotto la guida di un guru possono andare persi in un lampo la prima volta che l’insegnante non riesce a soddisfare il nostro ideale di perfezione; in altre parole la prima volta che realizziamo realmente che sono degli esseri umani. Tuttavia, se sappiamo che i guru sono degli esseri umani e che commettono errori di tanto in tanto, se siamo maturi interiormente mentalmente ed emotivamente e se comprendiamo che il guru potrebbe avere difficoltà ad adattarsi a una cultura che ha avuto poca o nessuna esperienza della relazione guru-discepolo, allora abbiamo intrapreso la strada giusta e possiamo solo trarre beneficio dalle nostre interazioni con il guru.

Necessità del guru

Nonostante le difficoltà che stiamo vivendo ora, il sistema guru-discepolo sarà presente finché esisteranno i ricercatori spirituali. Non credo che la maggior parte delle persone sarà mai in grado di percepire direttamente la propria divinità, ottenendo così la piena realizzazione di sé, senza l’aiuto di un guru. L’idea che non abbiamo bisogno di un insegnante o di un guru è vera e falsa allo stesso tempo. Da un lato abbiamo la sensazione di essere divini ed è solo questione di tempo prima di scoprirlo da soli. Nella realtà assoluta, questo è vero; siamo tutti parte della Coscienza di Dio. Tuttavia, nella realtà quotidiana è un po’ come perdere le chiavi della macchina in casa propria. Sapete che le chiavi sono in casa, ma vi piacerebbe che qualcuno vi aiutasse a trovarle, in modo da porter andare per la vostra strada. Questo è il motivo per cui il guru è necessario.

Una conoscenza intellettuale della nostra divinità non è sufficiente. Non potrebbe mai darci l’esperienza interiore della Coscienza di Dio che tutti desideriamo. Il guru dà ispirazione tramite la sua personale esistenza. Dal punto di vista psicologico, è un’esperienza molto potente vedere un altro essere umano vivere la vita con la pienezza a cui aspiriamo anche noi. Spesso abbiamo bisogno di una conferma che questo tipo di vita è possibile più e più volte, tramite il contatto ripetuto con il guru.

Questa apertura nella nostra psiche può creare una sospensione nella nostra insicurezza o confusione, abbastanza lunga da consentire al nostro spirito di dispiegarsi o manifestarsi. L’energia irradiata dal guru può essere sperimentata dal discepolo il cui sistema interno è preparato a ricerverla, e questa potrebbe essere la ragione principale per cui il sistema guru-discepolo non scomparirà mai. Abbiamo bisogno di sentire, di sperimentare quello spazio illuminato portato dal guru, in modo da poterlo trovare più facilmente in noi stessi.

Alcuni grandi maestri hanno raggiunto la realizzazione senza nessuna evidente assistenza esterna. Persone come Ramana Maharshi e Baba Nityananda, ad esempio, senza dubbio hanno attinto al sadhana delle loro precedenti incarnazioni e sono state spesso ispirate, anche solo per un momento da qualcun’altro, e questo ha poi catalizzato la piena fioritura della loro divinità. L’esperienza diretta del divino è una grande idea, forse realizzabile nei secoli d’oro dell’umanità, ma piuttosto prematura per la nostra epoca: il Kaliyuga o l’età oscura.

È mia opinione, e quella di molti insegnanti e discepoli ai quali ho posto il quesito, che la tendenza contro gli insegnanti in occidente sia uno dei principali sintomi della malattia chiamata “New Age”. La New Age è un movimento molto egocentrico e infantile, in cui la comprensione intellettuale si maschera da illuminazione e misticismo dove soddisfare i bisogni dell’infanzia e mettere in atto modelli di comportamento infantili di bisogno e gioco dell’ego senza sensibilità per gli altri; è percepito come un segno salutare di autopotenziamento.

Prendiamo il caso dello studente che si rivolge ad un insegnante per stabilire una relazione guru-discepolo al fine di approfondire la consapevolezza di sé stesso attraverso il processo dello specchio riflesso. All’inizio della relazione lo studente è felice di vedere le situazioni in cui il suo ego lo sta trattenendo. Ma troppo spesso, quando inizia ad andare più in profondità e a dover affrontare le questioni fondamentali legate alla sessualità, all’orgoglio, all’attaccamento, ai bisogni ecc., ciò che vede riflesso nello specchio del suo guru è così terribile da affrontare o troppo forte che lascia perdere. È a questo punto che molti studenti abbandonano il programma, il che è un peccato perché proprio questo è il punto in cui inizia il vero lavoro!

La trasmissione

Il sistema guru-discepolo è essenziale al giorno d’oggi così come nel passato, se non di più. Lo possiamo manipolare, manomettere, mutilare, distorcere, ma non potremmo mai eliminarlo per un’ottima ragione. La relazione guru-discepolo è un modello microcosmico dell’interazione energetica che avviene in ogni strato del nostro universo, visibile e non. È la trasmissione di energia nella sua forma migliore.

Attraverso la trasmissione, tutta la coscienza si evolve o si dispiega continuamente. Tutto nella vita è trasmissione di energia da una fonte a un ricevitore. Che sia nella forma di nutrimento del sistema fisico tramite l’assunzione di cibo, o il nutrimento delle energie emotive e psichiche attraverso l’intimità sessuale o affettiva, o alimentare il sistema energetico spirituale tramite la trasmissione diretta dell’insegnante, è sempre la stessa energia dinamica che fuoriesce a diversi livelli di densità. È un processo meccanico nella sua essenza. Possiamo scegliere di non prenderne parte consapevolmente, ma non possiamo farne a meno.

Pertanto, il sistema guru-discepolo è qui per rimanere. Non importa se praticate bhakti yoga, jnana yoga, tantra yoga o qualsiasia altro tipo di yoga, la trasmissione di energia o shakti avviene in tutte le relazioni insegnante-studente. Che lo studente o l’insegnante siano consapevoli del meccanismo della trasmissione è un’altra questione. Shakti è l’energia della coscienza che è la sostanza del nostro universo. Questa shakti, trasmessa dal guru tramite lo sguardo, la parola o il tocco e ricevuta dal discepolo, è responsabile della catalizzazione del nostro sviluppo più profondo. Per ricevere questa energia è richiesto solo un desiderio profondo e sincero di apertura e di crescita.

La trasmissione Shaktipat minaccia gli aspiranti spirituali identificati con il loro intelletto perché questa energia non può essere conosciuta dalla mente. Arrendersi ad essa e permetterle di “elaborarti” ad un livello molto profondo significa mettere l’ego (e la propria fede nell’intelletto) a grande rischio ed entrare nel vuoto che è alla base di tutta l’esistenza. Poichè shakti è indistruttibile, il veicolo principale per la trasmissione della shakti, il sistema guru-discepolo, non sarà mai in pericolo di estinzione.

La trasmissione della shakti crea una connessione molto profonda tra il guru e il discepolo. Questo può spesso essere fonte di grande paura e insicurezza per il partner di un discepolo che può percepire che l’energia che si muove tra il guru e il discepolo è molto profonda e potente, e sentire questa connessione come una minaccia. La paura della shakti e la resa dell’ego necessaria per sperimentare questo fa sì che molti yogi della “new age” tornino alla sicurezza del proprio ego e si allontanino dal guru.

La religione del sistema guru-discepolo

Tutti gli yogi moderni dovrebbero cercare l’essenza del sistema guru-discepolo, il processo di trasmissione della shakti, nella loro relazione con il guru. Abbiamo bisogno di rimuovere la struttura religiosa associata a questo puro processo energetico. L’eccessivo bagaglio di patriarcato, dogmi e controllo che è stato costruito attorno al sistema guru-discepolo dovrebbe essere buttato via ora! Molti lignaggi di trasmissione della shakti, un tempo grandiosi, ora sono stantii e privi di vita a causa di successori di guru rimasti coinvolti nel potere della posizione di guru. È la solita storia di corruzione del potere.

La focalizzazione sull’energia femminile di shakti e della divinità come nostra Madre rimuoverà il patriarcato e il controllo religioso che si è stabilizzato in molte organizzazioni di yoga. Il Tantra è devoto al sacro femminile. Nel Tantra, la più alta forma di iniziazione che si può ricevere proviene da una yogini tantrica: una femmina.

L’adozione di un’atteggiamento più tantrico aiuterà ad allentare la rigidità che si è stabilizzata in gran parte dello yoga, consentendo un flusso più libero della shakti man mano che le tensioni di controllo e del patriarcato vengono rilasciate. Più shakti è sicuramente ciò che serve oggi, perché è la dissipatrice dell’oscurità che fluisce dal vero guru al discepolo. Ci sono ottimi esempi di guru orientati alla shakti che insegnano oggi in Nord America e in Europa, come Paramahamsa Niranjanananda, Lar Short, Swami Chetanananda, Ammachi, Madre Meera e molti maestri tibetani.

Quei lignaggi guru-discepolo che prosperano al giorno d’oggi lo fanno perché il loro successo si basa sul guru che dà disinteressatamente ai discepoli. Non è possibile applicare veramente il principio della trasmissione rimanendo profondamente radicati nella personalità egoica. Il vero guru e il vero discepolo sono nudi davanti alla Madre Divina ed entrambi ne sono consapevoli. Questo è uno dei meccanismi sicuri nel vero sistema guru-discepolo, ed è il motivo per il quale questo sistema produce continuamente esseri umani molto evoluti. Ogni guru sa di essere a galla in un fiume più grande di coscienza che si estende indietro nel tempo, e sono per sempre grati al proprio guru con una profonda gratitudine e un profondo amore che le parole non possono esprimere.

Il vero guru non è mai tentato di andare verso ciò che Chogyam Trungpa ha definito “ego divino”, perché è sempre in contatto con il proprio guru, che sia vivo o che abbia lasciato il corpo. Senza questa reverenza per i nostri rispettivi lignaggi, si finisce per diventare uno “yoga new age” annacquato, egoista, che ripete il mantra “io, io, io”.

Molti di quegli insegnanti di oggi che vanno contro il sistema guru-discepolo hanno trascorso periodi di tempo prolungati a studiare effettivamente con un guru e riceverne la trasmissione. È fondamentalmente falso e ipocrita che questi insegnanti retrocedano e insegnino ai loro studenti che il guru e la trasmissione non sono necessari, soprattutto quando si comprende la legge naturale di come funziona la trasmissione della shakti. Questi insegnanti sono stati ispirati da un guru e la shakti ha catalizzato una profonda crescita dentro di loro. Ora, quando insegnano durante dei seminari, delle conferenze o nelle individuali, non c’è un certo livello di scambio di shakti?

Il fenomeno del Satguru

Ognuno di noi può avere un insegnante molto speciale in questa vita che agirà come una sorta di porta di energia attraverso la quale poter intraprendere il viaggio e ritrovare la nostra natura spirituale. Il termine sanscrito per questa persona è satguru, da sat verità o vero, e guru dissipatore di oscurità. Possiamo imparare metodi di pratica e insegnamenti da altri insegnanti, ma il satguru, insieme ai nostri sforzi, costituisce la chiave centrale per sbloccare la nostra liberazione.

Stiamo parlando di un fenomeno energetico. Ad alcuni discepoli non piacciono nemmeno i loro insegnanti o il modo in cui essi vivono, ma non possono negare che quell’essere sia il loro satguru e di trarre enorme beneficio dal tempo trascorso con lui. È piacevole, almeno per la nostra psicologia, quando ci piace o ammiriamo veramente il nostro satguru, ma questo non è un requisito essenziale affinché quella relazione sia efficace.

I modi inquietanti con i quali molti discepoli si avvicinano al proprio guru indicano una connessione tra i due che è prestabilita, non nel regno della creazione o della scelta consapevole. Conosco un grande insegnante contemporaneo che ha incontrato il proprio insegnante e ha ricevuto da lui insegnamenti durante lo stato di sogno, molto tempo prima di incontrarlo sul piano fisico, e nemmeno pensava che questo insegnante fosse davvero una persona in carne e ossa. Quando lo incontrò veramente faccia a faccia per la prima volta durante un incontro spirituale, è quasi svenuto per lo shock.

Chi di voi ha avuto una simile esperienza sa esattamente cosa intendo. Non lascia dubbi nella mente che vi è una potente, compassionevole e profonda connessione spirituale tra voi e il vostro guru che trascende i limiti del tempo e dello spazio e che questa stessa relazione potrebbe essersi instaurata vita dopo vita, era dopo era. Tuttavia, l’incontro con il proprio satguru non deve essere di natura così drammatica o psichica per essere autentica.

Ho studiato yoga alcune volte alla settimana a casa di un insegnante locale per poco più di un anno. Entrando in casa, ogni volta mi ritrovavo di fronte a un grande dipinto del suo guru. Quando vidi questo dipinto per la prima volta decisi in quel preciso istante che quello non poteva essere il mio guru. Non so perché, ma provavo una profonda repulsione. Guardando indietro, non corrispondeva all’immagine del guru che il mio ego aveva costruito.

Poi un giorno, dopo poco più di un anno, mentre varcavo la porta della sala per l’inizio della lezione, alzai lo sguardo al dipinto del suo guru e fui preso da una strana emozione, diversa da qualsiasi altra avessi mai conosciuto prima. Non avevo mai provato questo profondo amore per una ragazza e nemmeno per mia madre. Le lacrime iniziarono a scendere. Nel profondo sapevo che quest’uomo mi stava veramente aiutando, anche se non lo avevo mai incontrato e non sapevo molto di lui. Sapevo solo che io e lui eravamo connessi e che avrei conosciuto profondamente me stesso grazie alla sua guida e alla sua ispirazione.

Storie simili sono dettagliatamente descritte nel sistema guru-discepolo, ma ciò non implica in alcun modo che dovremmo sostituire il guru a Dio. Nel novembre del 1994, mentre stavo avendo il darshan del mio guru, Paramahamsa Satyananda, in India, una discepola gli disse che lo usava come suo oggetto di devozione, il suo simbolo di Dio. Paramahamsaji le disse subito che non riteneva una buona idea quella di usare un essere umano come simbolo della devozione a Dio, perché gli studenti corrono sempre il rischio di disincantarsi del guru e di perdere tutti i progressi fatto nel sadhana la prima volta che le azioni o le parole del guru non dovessero combaciare con l’immagine che lo studente ha della divinità o della perfezione. Questo è un consiglio saggio per coloro che stanno pensando di cercare un guru.

Paramahamsa Satyananda ha detto che la realizzazione più profonda che ha avuto riguarda l’esatta natura della sua relazione con Dio. Quando scoprì che lui era un servo e Dio il suo padrone, ogni cosa andò al proprio posto. Con l’atteggiamento del servitore siamo in realtà molto più liberi rispetto a quando perseguiamo l’ideale assoluto di essere Dio, il che porta sempre a una delusione una volta che capiamo che, in un senso molto reale, quotidiano, noi non siamo Dio.

Arrendersi invece di cedere il potere

La questione più confusa e contraddittoria che deve affrontare uno studente nuovo al percorso spirituale è l’abbandonarsi. Niente fa suonare più campanelli d’allarme e produce più paura che parlare di arrendersi a un insegnante, e con buone ragioni, considerando la recente ondata di abusi di potere da parte di “insegnanti” egoistici. L’abbandono ha bisogno di essere ridefinito in un contesto spirituale. La resa è associata a un esercito sconfitto, inginocchiato ai piedi dell’avversario vittorioso, o a un criminale che si arrende alla polizia. Il termine delinea l’immagine di essere presi o controllati da una forza più potente, e come animali umani quell’immagine innesca un sano riflesso di sopravvivenza. Tuttavia, quell’immagine non descrive accuratamente il significato nel contesto spirituale dell’arrendersi.

La vera resa spirituale è rinunciare al nostro controllo, non a qualcosa di esterno. È una scelta autonoma, consapevole, e un’azione in cui ci apriamo dal profondo. È veramente una resa del sé al Sè. Quando una persona “si arrende” essenzialmente dice a sé stesso che “questo ego, questo intelletto, questa capacità di analizzare mi ha portato molto lontano dal sentiero spirituale, ma non può portarmi oltre, e lo so dentro di me”. Ciò non significa che non funzionate più a livello razionale. Significa che avete identificato l’intero vostro bagaglio di viaggi, proiezioni e ferite, e li abbandonate consapevolmente in modo che non alterino più le interazioni con il vostro guru.

È essenziale che un discepolo continui a coltivare la discriminazione, ma questo non è in opposizione al vostro bagaglio egoico. Nel sistema guru-discepolo la resa è usata per approfondire l’esperienza della vita spirituale, non per far diventare le persone dei servitori del guru senza discriminazione e privi di mente. I veri guru non vogliono servitori dal cervello in stato vegetativo e faranno del loro meglio per risvegliare gli studenti e tirarli fuori dall’atteggiamento pericoloso della “resa” non sana, non appena se ne accorgeranno.

Conclusioni

Il sistema guru-discepolo in Occidente sta attraversando un periodo di prova del fuoco causato dallo scontro delle tradizioni orientali monastiche con la nostra cultura e mentalità occidentali. Questo è un processo naturale e positivo che vedrà il sistema guru-discepolo emergere in una forma più snella e funzionale, senza perdere il suo valore come metodo molto importante di insegnamento e di trasmissione della shakti, così essenziale per un profondo risveglio e la realizzazione spirituale.

A mio parere questo sistema non verrà mai sostituito dall’esperienza diretta del divino perché l’ignoranza che accompagna la nostra nascita sul piano terreno provoca l’inaccessibilità alla percezione della nostra natura divina. Il vero guru, in tutte le tradizioni spirituali, illuminerà sempre la via per trovare noi stessi e ciò è chiaramente dimostrato dalla loro chiarezza, saggezza, compassione e servizio amorevole. In questa epoca buia abbiamo bisogno di più veri guru, non di meno.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1990s/1996/9607/9607guwt.html

Disciplina

Swami Niranjanananda Saraswati

Disciplina è la parola meno compresa al mondo. Qual è lo scopo della disciplina? Essere in grado di guidare le espressioni della mente: questo è lo scopo della disciplina. Non c'è bisogno di dire come funziona la nostra mente. Sappiamo che è soggetta a distrazioni: si distrae facilmente. Sappiamo che è soggetta a simpatie e antipatie. Ha forti emozioni, idee, convinzioni e credenze. Sappiamo che è soggetta ai guna: sattwa, rajas e tamas. Quando è influenzata da questi elementi, la mente funziona in modo irregolare. Non c'è chiarezza nel suo comportamento.

Il ruolo della disciplina è quello di aiutarci a gestire la mente per essere in grado di creare una condizione nella mente connessa con la positività e la creatività. Potremmo desiderare di essere positivi, ma le condizioni della mente non ci consentono di concentrarci sul positivo. Potremmo desiderare di diventare creativi, ma ci sono troppe distrazioni che ostacolano la creatività. C'è una lotta continua con sè stessi.

Come possiamo gestire la mente? I pensatori dicono: attraverso la disciplina. La disciplina è stata definita in molti modi. La definizione più semplice di disciplina, secondo la mia comprensione, è la capacità di calmare la mente, la capacità di osservare la mente. Inizialmente, per creare un ambiente favorevole nella nostra personalità e realizzare la mente, dobbiamo seguire determinate idee imposte per diventare più attenti e per sensibilizzare le nostre percezioni al comportamento e alle espressioni mentali. Un esempio è mouna. Mouna è un parola semplice, silenzio, eppure è difficile da mettere in atto. Finchè la mente non si esercita a mouna e continua a chiacchierare, saremo costretti a chiacchierare con noi stessi. Quando la mente diventa calma, rilassata e tranquilla, mouna diventa naturale, spontaneo e facile. Questo è un esempio di come una condizione esterna può migliorare la qualità della mente.

Fino a che punto possiamo progredire su tali percorsi dipende da noi. Il modo in cui prendiamo tali discipline per far sì che ci siano di aiuto o di ostacolo, dipende da noi. Lo scopo di ogni tipo di disciplina è quello di farci comprendere il comportamento, gli atteggiamenti e la natura della mente. Quando saremo in grado di dirigere la mente secondo i nostri desideri e le nostre scelte, allora quella fase è conosciuta come disciplina. Quando siamo soggetti alle influenze della mente, allora quello è il normale stato di comportamento.

Per tutta la vita abbiamo fatto ciò che la nostra mente ci richiedeva, in base alle nostre simpatie e antipatie; alla nostra saggezza e ignoranza; alla nostra maturità e immaturità. Tuttavia, seguire semplicemente la natura e il comportamento della mente porta alla dissipazione e alla distrazione. Questa è stata l'esperienza di coloro che hanno saputo controllare e guidare la propria mente. Essi hanno detto che la disciplina è importante per raggiungere la pace, per essere contenti ed esprimere la creatività e la saggezza umana.

Da questa prospettiva la disciplina rappresenta solo la gestione della mente. Il primo sutra degli Yoga Sutra di Patanjali, Atha yogah anushasanam, rappresenta la direzione verso cui lo yoga si muove per fornire la capacità di osservazione e l'abilità di dirigire la mente con saggezza, conoscenza e comprensione.

In definitiva, la disciplina è l'espressione della nostra personalità equilibrata, delle nostre emozioni e atteggiamenti equilibrati e armonizzati.

Per creare questa condizione dobbiamo iniziare con qualcosa di esterno, regolando il nostro stile di vita e i comportamenti mentali. Cercando di capirli e vedere se il risultato è appropriato o meno per il nostro sviluppo, per la nostra crescita e per l'ambiente in cui viviamo tutti insieme. Dobbiamo comprendere il concetto di disciplina come un mezzo per migliorare le espressioni della natura e del comportamento umano.

4 Agosto 2001, Ganga Darshan, Munger

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/2020s/2020/ajan20/disci.html

Sadhana

Il processo che vi porta da tamas a sattwa ha un nome, ed è sadhana. Generalmente quando usiamo la parola "sadhana" le persone la identificano con una disciplina spirituale, una pratica spirituale. Tuttavia, sadhana significa raggiungere la perfezioni in ciò che si fa.

Quando a scuola imparavate l'ABC, dovevate riempire pagine e pagine scrivendo ogni lettera ripetutamente. Dopo tre o quattro pagine di "A", dovevate scrivere "B" e così via. Vi sono state date pagine a righe e avete dovuto scrivere tra quelle righe. Questo è sadhana per un bambino, e il risultato di quel sadhana è visibile. Se scrivete correttamente, ottenete voti positivi, ottenete una stella d'oro, e se non scrivete correttemente ottenete una "x" rossa. Il sadhana di un bambino dà risultati in questi due modi. Più si scrive, più si fluisce, più chiarezza ci sarà nella scrittura e le lettere saranno riconosciute più facilmente. Il risultato di ogni sadhana fatto bene è il risultato della maturità. Attraverso il sadhana si ottengono voti positivi nella vita. Coloro che non praticano sadhana ottengono voti negativi, diventano pigri e rimangono ignoranti.

Un'altra forma di sadhana si trova nella storia di Arjuna, amico e discepolo di Sri Krishna. Quando era giovane era un arciere appassionato. Una volta mentre stava cenando, la candela si spense e nella sala da pranzo si fece buio pesto. Arjuna continuò a mangiare e all'improvviso si rese conto che le sue mani stavano andando automaticamente alla bocca; non andavano al naso, o negli occhi o alle orecchie, ma direttamente alla bocca. Comprese che anche nel buio più totale, se i sensi sono allenati, seguono i corso dell'azione.

Con questo in mente iniziò ad allenarsi a scoccare le frecce di notte senza vedere verso dove tirava. Naturalmente questo sadhana aveva i suoi problemi, ma lui li superò tutti e divenne il più grande arciere della sua epoca. Questa storia indica che se allenate i vostri sensi e la vostra mente, non c'è niente che non possiate raggiungere; tutto si realizza naturalmente e spontaneamente.

L'allenamento regola il comportamento dei sensi e della mente. Questo è il tipo di allenamento che manca nella vostra vita.

Questa regolazione del comportamento sensoriale e mentale è nota come sadhana. L'educazione sensoriale si svolge a livello fisico, sensoriale e interattivo. È un processo interattivo: voi e il mondo. Il sadhana mentale viene praticato per pacificare l'agitazione mentale e per sviluppare la concentrazione e la consapevolezza focalizzata. Il sadhana emozionale si svolge sotto forma di bhakti, quello intellettuale sotto forma di jnana e il sadhana spirituale sotto forma di pratyahara, dharana, dhyana e assorbimento.

Il sadhana spirituale si svolge sotto forma di sviluppo della comprensione della propria natura e di gestione delle aree problematiche della mente. Sadhana significa un processo che porta a maestria e perfezione. È anche un tipo di disciplina, poichè senza disciplina nessun sadhana può essere svolto o adempiuto. Pertanto, l'argomento principale e l'obiettivo del sadhana è la preparazione della mente.

La mente è sempre diretta esternamente e deve essere riqualificata. Sri Swamiji dice di non combattere mai con la mente ma di guidarla, sempre. Se c'è una lite tra marito e moglie, vi sarà disturbo; ci sarà dolore e sofferenza emotivi, confusione intellettuale e conflitto. Questo può accadere tra due persone che possono essere una coppia, degli amici, genitori, ecc. Se combattete con la vostra mente dovete considerare che la mente vive con voi ventiquattro ore al giorno. La mente è con voi nel letto dove dormite; vi segue quando mangiate, quando vi fate la doccia, quando vi lavate i denti, quando lavorate e quando fate visita ai vostri amici.

L'interazione con la mente è molto più influente di tutti gli altri tipi di interazioni. Un problema, una lite, un conflitto in famiglia può disturbare l'ambiente domestico. Cosa accade quando vi trovate a dover affrontare la vostra mente? E quando combattete con la vostra mente? Chi ne viene disturbato? Non è la mente a esserne disturbata, siete voi.

Sri Swamiji afferma: "Io non disturbo mai la mia mente, perchè altrimenti sarà la mia mente a disturbarmi. È sempre meglio essere amici della mente e mantenerla sempre felice". Mantenere la mente felice non significa permetterle di seguire i suoi capricci. Significa non entrare in confronto o conflitto diretto con la mente. Dovete guidare la vostra mente proprio come guidereste un figlio a fare certe cose, a comportarsi e agire in un certo modo. In questo modo guidate la vostra mente ma non lottate con essa. Nel momento in cui lottate con la mente, diventate perdenti; sarete disturbati e perdete la pace, la vostra shanti.

È l'allenamento mentale che vi permette di disciplinare la mente e, dopo aver raggiunto la disciplina, a intraprendere il sentiero del sadhana. Questo è stato ben spiegato dal saggio Patanjali e da altri rishi che hanno sviluppato il tema dello yoga. Il saggio Patanjali afferma che la gestione degli stati d'animo mentali è yoga. Usa la frase chitta vritti; io uso l'espressione "umore mentale". È l'umore dell'ambiente esistente nella mente che influenza i vostri processi di pensiero, il comportamento, le prestazioni, le risposte, ogni cosa. Se l'umore mentale è felice, il mondo intero è felice; se l'umore mentale è depresso, il mondo intero è nero e depresso. Se avete paura, sperimenterete la paura ovunque. Se siete arrabbiati, troverete ovunque motivi di rabbia.

Se siete gentili, troverete il modo di esprimere la gentilezza ovunque. È lo stato d'animo predominante della mente che diventa vritti ed è la gestione di queste vritti lo scopo dello yoga. Le vritti colorano la mente e il sadhana yogico, che mira a coltivare la consapevolezza spirituale, inizia con la comprensione delle vritti della mente.

Aprile 2011, Ganga Darshan

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/2020s/2020/2002/2002sadh.html