martedì 20 settembre 2016

Prana e Pranayama

Swami Niranjanananda Saraswati
Ganga Darshan, 26 novembre 1987
Comunemente le persone hanno un’idea molto particolare riguardo al pranayama: lo considerano una semplice pratica di respirazione. Ci sono molti aspetti che riguardano il prana che occorre considerare, come l’influenza del respiro sul corpo, sulla mente e sulla psiche.

Vi sono due concetti ben distinti: il respiro è separato dal prana e il prana è separato dall’aria che respiriamo. Il prana ha un’influenza ben definita sul corpo fisico, sul cervello, sulla consapevolezza e sull’energia, ma prima di arrivare a questo punto, dobbiamo comprendere esattamente cos’è il prana. Vi farò un esempio per spiegarvi il prana. Tutto ciò che racconterò, è assolutamente vero.

Riguarda la ricerca fatta dal Meninger Foundation degli Stati Uniti che ha coinvolto uno swami, di nome Nadabrahmananda. Lo swami venne fatto entrare in una cabina di vetro con una scimmia ed una candela accesa e gli fu chiesto di praticare kumbhaka (la ritenzione interna del respiro) e, contemporaneamente, di suonare la tabla. I ricercatori gli chiusero naso, orecchie e bocca. Non c’era alcuna remota possibilità per lui di respirare attraverso un foro qualsiasi del corpo. Quando chiusero la cabina, la candela si spense dopo circa tre o quattro minuti, la scimmia svenne dopo quindici minuti, ma lo swami continuò a suonare la tabla in stato di ritenzione interna del respiro per quarantacinque minuti consecutivi.

Questo sembra sfatare la teoria che il respiro sia legato al prana: lo swami ha detto che, mentre praticava kumbhaka, era consapevole solamente di un certo tipo di energia che si muoveva in tutto il corpo. Non era consapevole di nessuna agitazione del cuore e nemmeno dell’elevata pressione sanguigna. Quando si trattiene il respiro per un lungo periodo di tempo, si ha solo la piena consapevolezza di un’energia pulsante in tutto il corpo. Sentiva di non aver nessun bisogno di respirare. Avrebbe continuato per un tempo molto più lungo senza respirare, ben oltre i quarantacinque minuti.

Lo yoga chiarisce che il prana è una forma di energia generata all’interno del corpo e che dipende molto dallo stato della mente, dalla consapevolezza, dalle emozioni e dai pensieri, così come dagli aspetti positivi e negativi della personalità. Questo processo è noto come ‘il risveglio del prana’. Una volta che si è in grado di risvegliare l’energia pranica, il respiro automaticamente cesserà ma questo, certamente, richiede molta pratica di un perfetto kumbhaka.

Dobbiamo ricordare che, sebbene il pranayama sia una semplice tecnica d’inspirazione ed espirazione, di ritenzione interna ed esterna del respiro, genera molti cambiamenti fisici e psichici nel corpo di cui occorre essere consapevoli. Primo fra tutti, consideriamo il respiro. Sappiamo che attraverso il respiro possiamo alterare la funzione del sistema nervoso, del cuore e del cervello e indurre uno stato di rilassamento. Possiamo, anche, indurre uno stato di tensione nel corpo e nel cervello.

Il processo dell’inspirazione crea una certa resistenza fisica e tale resistenza, o tensione, non è limitata solo al corpo ma influenza anche la mente. Mentre espiriamo, eliminiamo quella tensione, quell’accumulo d’energia e raggiungiamo uno stato di tranquillità osservando il respiro. Tramite il respiro possiamo controllare il livello di tensione; che sia muscolare, nervosa o emozionale. Come si può modificare, in modo semplice, lo schema del respiro che influenza il sistema nervoso simpatico e parasimpatico, l’emisfero destro e sinistro del cervello, gli aspetti energetici di ida e pingala della nostra personalità?

Molti credono che, quando si pratica pranayama, si genera un accumulo di ossigeno nel sistema e che l’ossigeno stesso, mandato al cervello, lo rende attivo. Molti studi, però, hanno dimostrato che non si aumenta la quantità d’ossigeno nel sistema, nel sangue o nel cervello, ma si eliminano le tossine dal corpo, sia sotto forma di calore, sia come sudore. Molte volte facciamo esperienza di questo mentre pratichiamo bhastrika pranayama per lungo tempo. Attraverso il procedimento della respirazione eliminiamo anche la CO2, in tal modo, sentiamo che il livello di ossigeno è aumentato.

Ad esempio: se la quantità di ossigeno all’interno del corpo è del 10% e la quantità delle tossine è dell’8%, si considera che si ha il 2% d’ossigeno. Però, se con la pratica del pranayama si riducesse la quantità delle tossine nel sistema del 4%, la quantità di ossigeno sarebbe del 6%. Questo è ciò che realmente accade durante la pratica di pranayama. Tramite la purificazione delle tossine si ha una sensazione di energia, leggerezza, vitalità, forza, chiarezza di mente, chiarezza di percezione e massime prestazioni cerebrali. Questo è un aspetto del pranayama.

Il secondo aspetto del pranayama è che, quando respiriamo l’aria dall’ambiente, espiriamo gli ioni positivi e negativi dal corpo, indipendentemente dalla loro quantità. Uno scienziato direbbe che nell’aria ci sono cinquecento particelle di ioni negativi per centimetro quadrato, che ci fanno sentire leggeri, freschi, energici e vibranti. Se andiamo in montagna e anche dopo un temporale, l’aria è carica di elettricità, di ioni negativi. Quando pratichiamo pranayama, anche se ci troviamo dentro una stanza, dopo un po’ di tempo creiamo un tipo di elettricità statica all’interno del corpo. Se passiamo un pettine o una spazzola tra i capelli, si caricherà elettricamente di energia statica e, con esso, potremmo attrarre dei pezzettini di carta. 

Lo stesso principio è applicabile anche al pranayama. Si genera un tipo di elettricità statica all’interno del corpo che attrae gli ioni negativi dall’ambiente all’interno del nostro sistema. Per questo, anche in un piccolo spazio, in una stanza chiusa dove ci sono molti ioni negativi per centimetro quadrato, dopo la pratica del pranayama, ci sentiamo vibranti, energici e luminosi: abbiamo creato questa forma di energia statica che ha attratto gli ioni negativi dall’ambiente.

Il terzo aspetto del pranayama si riferisce al sistema nervoso. Chi ha praticato Swara Yoga ed è, quindi, maggiormente consapevole del processo della propria respirazione, sa che il respiro cambia costantemente schema di flusso nelle narici.
A volte una narice è più pulita, aperta e il flusso nell’altra è bloccato e viceversa: i due flussi cambiano periodicamente. Ogni flusso si riferisce a un particolare tipo d’esperienza del sistema nervoso. Quando il sistema nervoso simpatico è attivo, le prestazioni fisiche sono differenti. Si è più estroversi, dinamici, espansivi, allerta e consapevoli: si è molto presenti nel mondo. Quando il respiro fluisce nell’altra narice, che influenza il sistema nervoso parasimpatico, ci si sente più rilassati, tranquilli, pacifici, introversi e ciò è molto più evidente in chi soffre di problemi mentali.

Negli Stati Uniti, dove insegnano pranayama alle persone con disturbi mentali (ai soggetti iperattivi), hanno scoperto che solo con la pratica di nadi shodhana (il respiro a narici alternate), si è in grado di abbassare l’iperattività del malato e, anche, di indurre uno stato di tranquillità. Il pranayama è stato insegnato ai catatonici (ai depressi): a coloro che, se sollevano un braccio, possono rimanere così per ore, senza abbassarlo e per farlo abbassare occorre tirarlo giù, ma poi, di nuovo tornerà su.  Queste persone non hanno nessun controllo pratico sulle espressioni fisiologiche esterne e sui movimenti. Certo, all’inizio occorre ricorrere ai farmaci e rendere la mente estroversa: in questo serio stato d’introversione è molto difficile per l’individuo praticare pranayama. S’iniettano degli stimolanti nel sistema ed il paziente diventa estroverso. Quando la mente è diventata estroversa, gli insegnano dei pranayama che attivano il sistema nervoso simpatico e che li rendono estroversi: bhastrika e surya bheda pranayama. Hanno scoperto così, che quando tali pratiche sono eseguite attentamente e sistematicamente, sono molto efficaci. Quindi, l’effetto del pranayama sul sistema nervoso è un argomento molto vasto e importante.

Vi è poi un altro aspetto: il cervello. Due sono le cose da considerare. Una è l’attività elettrica del cervello, l’altra è la prestazione dei due emisferi. Siamo in grado di comprendere l’attività elettrica del cervello perché più siamo coinvolti con il mondo esterno, con gli affari quotidiani e più diventiamo tesi, maggiore sarà la frequenza delle onde beta; molti cicli al secondo, tra i venti e i trenta. Ciò riduce l’efficienza della mente. Devia la mente in varie direzioni. Nella vita se ne fa esperienza quando non si riesce a prendere una decisione perché si vogliono troppe cose, o quando ci sono troppe cose che piacciono e che non piacciono, troppe ambizioni! Non si è mai veramente rilassati.

Il rilassamento non significa sdraiarsi, chiudere gli occhi e svagare la mente. Nello yoga il rilassamento significa avere controllo sulle attività del cervello, perché tramite il cervello si può controllare il corpo e si possono controllare le funzioni della mente. Questo è il motivo per cui quando ci si distende nella posizione supina di shavasana durante Yoga Nidra, o tra un’asana e l’altra, è richiesto di osservare il respiro. Non c’è altra ragione oltre a questo. Se non ci fosse una ragione specifica, verrebbe chiesto di fantasticare su qualcosa che non è relativo al respiro, ad esempio verrebbe chiesto di vedere uno shivalingam nello spazio dietro la fronte. Potreste rilassarvi concentrandovi su uno shivalingam nel centro tra le sopracciglia, ma lo stato di rilassamento del cervello non è la stessa cosa e non sareste in grado di controllare coscientemente gli impulsi elettrici del cervello.

Chi di voi ha utilizzato il sistema biofeedback, ha visto le onde cerebrali e ha cercato di cambiarne la frequenza imparando a rilassare la muscolatura, controllando il respiro, o spostando la mente dai problemi immediati a un’altra esperienza, sa come cambiano le frequenze e come un’onda cerebrale si sovrappone ad un’altra. Questo è esattamente ciò che accade quando si pratica pranayama in uno stato mentale di conflitto, tensione e frustrazione.

Vi è una riduzione graduale delle onde beta, ma ciò non significa che le alpha siano aumentate. Vi sono pratiche di pranayama dove si bypassano le onde alpha, theta e delta. Da beta si procede verso shunya: l’assenza di attività!

Questo è stato sperimentato da diversi ed ottimi ricercatori e swami. Ho avuto l’opportunità di vedere l’esperimento di come un praticante di pranayama possa passare allo stato di shunya direttamente dalle onde beta, senza passare per le fasi di alpha, delta e theta. L’esperimento è stato condotto sullo stesso sannyasin della cabina chiusa ermeticamente, che aveva sospeso il respiro per quarantacinque minuti ottenendo un ottimo risultato.

L’aspetto successivo di cui voglio parlare riguarda i due emisferi del cervello. Ci sono molte teorie al riguardo. Si pensa che l’emisfero destro abbia una particolare area d’attività e quello sinistro un’altra. La razionalità, la consapevolezza, il dinamismo, la tranquillità sono tutte funzioni degli emisferi cerebrali. L’attività degli emisferi cambia secondo l’alternanza del flusso di ida e di pingala. Ida e pingala qui non sono il flusso del respiro alla narice destra e sinistra, ma il flusso e il volume del prana, la quantità di prana all’interno del sistema.

Conoscete l’esempio del magnete che attrae il metallo. Se davanti a un magnete si mette un cartoncino spesso, riuscirà ancora ad attrarre il metallo, ma non con la stessa forza di prima. Più grande sarà la barriera davanti al magnete, minore sarà la sua efficacia. Il flusso di ida e di pingala è qualcosa di simile. Più si rimuovono i blocchi da questi flussi pranici (non ho utilizzato il termine “tossine” ma “blocchi”), più la loro forza magnetica aumenta. Che cosa sono questi blocchi? La tensione sicuramente è uno di essi. I problemi emozionali certamente sono altri blocchi. Lo stato della mente di “voglio questa cosa ma non posso averla” e lo stato di repressione, sono altri esempi. È la rimozione di tutti questi blocchi psicologici che aumenta il quantum del flusso di ida e di pingala e ciò di conseguenza, influenzerà le prestazioni della mente, l’intelligenza, le emozioni ed il comportamento.

Il fatto che alcune persone sono destrimane e altre mancine, che alcuni sono più lineari nel loro modo di pensare rispetto ad altri, o che qualcuno ha la capacità di visualizzare oggetti, può essere compreso meglio prendendo in considerazione questa questione. Se poi, si raggiunge l’armonia dei due emisferi del cervello, tutto ciò può essere trasceso: grazie alla pratica del pranayama, equilibrando il flusso di ida e di pingala.

Consideriamo ora l’espansione del campo pranico, di pranamaya kosha. Possiamo notare che c’è un momento della giornata in cui i bioritmi del corpo, della mente e delle emozioni, raggiungono un valore ottimale e un momento in cui arrivano al punto più basso. Al mattino di solito ci sentiamo stanchi, anche dopo otto o dieci ore di sonno perché il livello energetico è basso. Ci sono momenti durante il pomeriggio in cui ci si sente stanchi perché il livello energetico è basso ma dopo un po’, ci si sente di nuovo energici. Dieci o dodici minuti fa mi sentivo stanco, ma ora sono di nuovo energico. Perché? Non ho dormito. Non sono andato a letto. Non ho fatto nulla. Questa è un’esperienza comune relativa ai bioritmi del corpo, dell’intelletto e delle emozioni che, di nuovo, sono risaliti.

Questi bioritmi non si riferiscono alle tabelle che si trovano nei mercati, ai diciannove, ventuno o ventitré giorni del ciclo del bioritmo, e nemmeno al libro che si consulta per controllare la data di nascita e la data attuale, ecc. È qualcosa di molto semplice riferito al respiro e al prana. Così come il flusso del respiro a ogni narice cambia ogni quarantacinque minuti in un’ora, così come il flusso del prana nei passaggi di ida e di pingala aumenta di volta in volta; il sistema nervoso, quello respiratorio, il cervello, le emozioni, la mente e il prana, in un determinato momento della giornata, salgono o scendono secondo il ciclo e pranamaya kosha è influenzato dalle fluttuazioni di questi bioritmi.

In realtà è la nostra incapacità di mantenere uno stato di armonia del livello di prana che ci fa sentire stanchi, esausti o esauriti energeticamente. Se fossimo in grado di mantenere un livello costante di prana, non importa quanto il nostro corpo possa essere stanco, potremmo anche boccheggiare e sudare, i nostri muscoli potrebbero essere dolenti, ma non crolleremmo dalla fatica. Saremmo soggetti ai sintomi dell’affaticamento, ma recupereremmo molto velocemente. Il prana combatte l’accumulo di vari acidi, ormoni e tossine all’interno del corpo. L’accumulo di acido lattico all’interno dei muscoli, che fa sì che si stanchino e il flusso costante di adrenalina, possono essere corretti e controllati solo attraverso il prana.

Quindi, dal momento in cui ci alziamo al mattino fino a quando andiamo a letto alla sera, il nostro corpo, la mente e il livello pranico sono sottoposti a vari alti e bassi, ma se, in qualche modo, riuscissimo ad aumentare il livello di prana, riusciremmo a gestire la stanchezza, la letargia, la pigrizia, la sensazione di sfinimento e tornare, di nuovo, completamente svegli, allerta, tranquilli e rilassati, senza nessun effetto secondario. Sapete bene a quali effetti secondari mi sto riferendo. Se la notte non dormite, la mattina seguente direte: “Ho i nervi a fior di pelle. Non riesco a fare niente nella maniera appropriata. Non riesco a pensare. Sto tremando. Sto avendo questa e quest’altra esperienza.”

Qualche tempo fa, alcuni swami e dottori fecero un esperimento in Australia con il sistema Kirlian. Erano soliti svegliarsi al mattino, fare una fotografia delle loro mani e osservare le emissioni dell’energia elettromagnetica, del prana, e prendere nota dei colori. Ognuno dava un nome differente a quest’energia. Qualcuno la chiamava aura, alcuni campo biomagnetico, altri con nomi di fantasia ma, per una nostra comprensione, la chiameremo prana. Poi si recavano ai rispettivi lavori abituali. I medici andavano in ospedale e gli swami andavano a insegnare yoga. I partecipanti all’esperimento erano sei o sette persone. Alla sera, appena tornati, facevano una nuova fotografia e la confrontavano con quella del mattino.

La fotografia del mattino mostrava un’emissione della lunghezza di tre quarti di pollice, perché erano rilassati. Tutti dormivano senza tensione. La sera, invece, alcuni non mostravano nessuna emissione, perché avevano consumato molta energia durante il giorno e accumulato molta tensione. Erano mentalmente, emozionalmente e fisicamente esausti. Ora arriviamo alla parte più complicata, ma interessante. Un giorno, durante le pratiche di asana, cercarono di aumentare il prana ed osservarono, con delle foto, di quanto lo avessero aumentato dopo cinque minuti di asana, poi dopo un’altra asana e un’altra ancora. Scelsero solo cinque asana. La settimana successiva, provarono solo con il pranayama: cinque pranayama, uno al giorno.
Poi usarono i bandha (mula bandha, jalandhara bandha, uddiyana bandha) e i mudra corrispondenti (ashwini mudra, vajroli mudra, agnisar kriya, ecc.). In seguito provarono con Yoga Nidra, pratyahara, ajapa japa, mantra e la visualizzazione del respiro.

Con ogni pratica furono in grado di aumentare la quantità di prana e le sue emissioni in varie parti del corpo, soprattutto nelle dita, e videro delle notevoli differenze prima, durante e dopo l’esperimento. Certamente, sappiamo che siamo circondati dal campo o corpo pranico e che quando si è emotivamente o fisicamente stanchi, si utilizza l’energia per rinvigorire energeticamente il sistema. Se non si riesce a rinnovare il prana all’interno di noi stessi, andiamo a dormire o cerchiamo di riorganizzare la mente. Se riuscissimo a rinnovare il prana con varie pratiche yogiche, potremmo evitare che lo stress quotidiano influenzi le prestazioni del corpo e della mente.

La pratica di pranayama più importante è surya bheda pranayama: il respiro alla narice destra. Cinque cicli e torniamo attivi come al mattino. Ci sono molti studi fatti in varie parti del mondo a questo proposito.

Ricordate, questo lavoro non è ancora completato, perché ancora ne stiamo studiando l’aspetto mentale ed emozionale su come poter influenzare le emozioni: la sensazione di rabbia, amore, armonia, gioia, avidità e invidia. Questi sono aspetti che sicuramente si possono controllare e trasformare con la pratica di pranayama e alcuni studi sono già stati fatti. Si sta studiando anche l’aspetto psichico, in merito all’effetto del pranayama sulla mente conscia, subconscia e inconscia. Sono stati fatti molti studi, ma il pranayama è un argomento molto vasto e ci sono molti aspetti ancora da sondare.