martedì 20 settembre 2016
Madre Natura
Fate esperienza della grazia di Dio
nello splendore dell’universo.
Siate benedetti dall’amore rassicurante di Dio.
L’aurora soave addolcirà la vostra anima,
il mezzogiorno abbagliante placherà i vostri
cuori agitati
e la serena musica della vostra anima
vi guiderà verso la pace e la prosperità.
E quando il giorno sarà terminato
dormirete nel grembo di Madre Natura.
Yajur Veda (34.37)
L’energia del sole e Surya Namaskara
Swami Santaramananda Saraswati
Fondatore, in Spagna, del Satyananda Ashram
Ogni
attività vitale trae la sua energia dalla luce del sole, assorbita direttamente
dalla clorofilla delle piante. Nell’uomo è assorbita dai mitocondri, simili a
dei batteri in miniatura, che immagazzinano l’energia indispensabile per
l’organismo.
Prima
di trattare dettagliatamente i processi di trasformazione di milioni di cellule
che costituiscono il nostro corpo, dobbiamo soffermarci sulla prima fonte di
energia: il sole. Come entra in contatto con le cellule vegetali e animali, la
luce del sole si trasforma in vita. È la trasformazione dell’energia della luce
in un’altra, che è chimica, a permettere alle cellule di moltiplicarsi. È
allora che l’evoluzione diventa possibile. Il grano spunta dalla terra e si
sviluppa. La lumaca cammina verso il suo cibo. L’uomo pensa, costruisce,
distrugge e si realizza.
Tutte
le attività vitali traggono l’energia necessaria dal sole. Non si può concepire
l’esistenza della vita sul nostro pianeta senza la vegetazione. Ancor meno che
gli abitanti della terra, dalla lumaca al pachiderma, possano nutrirsi senza le
piante verdi. Come si può notare osservando il ciclo della formazione del
carbone, vi è un equilibrio naturale che ne permette la creazione e il processo
si ripete instancabilmente. L’anidride carbonica permette la vita dei vegetali
e, indirettamente, mantiene la nostra stessa esistenza. Se questo gas
scomparisse, il regno vegetale morirebbe. La sua estinzione provocherebbe,
inevitabilmente, la morte di tutti gli animali, noi compresi. Il processo di
nutrizione che permette alle piante di trasformare l’acqua e l’acido carbonico
nelle sostanze essenziali, come l’ossigeno, l’idrogeno, il carbonio, l’amido,
lo zucchero ecc., trae energia dalla luce del sole. Questo processo cellulare è
chiamato fotosintesi. Le analisi di laboratorio hanno dimostrato che la
fotosintesi trasforma il settanta per cento dell’energia luminosa ricevuta
dalle piante in energia chimica.
Questo
dato è sorprendente, se comparato con quello ottenuto dai meccanismi di
trasformazione dell’energia creati dall’uomo. I macchinari a vapore, ad
esempio, difficilmente raggiungono il trenta per cento. Le piante assorbono i
raggi del sole attraverso i cloroplasti, una massa di molecole formate da una
sostanza chiamata clorofilla. La prima operazione della fotosintesi avviene
nelle profondità di questa sostanza, che dà ai vegetali il caratteristico colore
verde. A livello degli elettroni, i raggi dell’energia luminosa del sole si
trasformano in energia elettrica e, poi, in energia chimica, cioè nel
carburante essenziale per tutti i processi vitali. Questo carburante è
denominato acido adenosintrifosfato, o ATP. Per tutte le cellule,
l’ATP
è quello che il carburante, o l’elettricità, è per le fabbriche. Per
assicurarsi l’esistenza, gli animali e i vegetali hanno bisogno dell’ATP.
Dove
prende l’energia un atleta durante un’attività faticosa? Nelle persone, come
negli animali e nelle piante, l’energia è immagazzinata in cellule depositarie
che hanno la forma di piccoli fagioli, chiamate mitocondri, che sono delle
stazioni di energia in miniatura. Queste capsule simili a stazioni sono divise
in compartimenti e hanno una complessità tale che per molto tempo sono state
considerate come delle cellule all’interno di altre cellule. Le loro pareti
sono permeabili e assorbono le sostanze necessarie per la fabbricazione
dell’energia grossolana che rilasciano in base alla domanda. Ogni mitocondrio
contiene quindicimila catene di trasformazione. Ogni cellula ha cinquantamila
mitocondri e il corpo umano è costituito da migliaia di milioni di cellule. La
combustione avviene in queste migliaia di milioni di fabbriche che assorbono,
distribuiscono, trattano, trasformano e immagazzinano le sostanze
indispensabili alla vita, arrivando a proporzioni inimmaginabili.
Il
sole, molteplice fonte energetica, è la causa di tutto questo. La sua azione è all’origine
delle nuvole, della pioggia e, di conseguenza, dell’energia idraulica delle
cascate. La sua luce contribuisce allo sviluppo del regno vegetale e senza di
essa nemmeno gli animali e l’uomo possono vivere. Con il passare del tempo, gli
alberi, le piante e gli altri membri del regno vegetale si trasformano in
carbone, che è l’agente energetico largamente impiegato per la vita delle
fabbriche, degli impianti di riscaldamento, dei macchinari a vapore, ecc. La
vita nel nostro pianeta è totalmente dipendente dal sole.
Da
tempo immemore, gli uomini adorano il sole e c’è poco da meravigliarsi di
questo, visto che questa palla di fuoco domina il cielo, è a noi visibile e
sostiene la vita con il suo calore, la sua luce ed energia. Le società
primitive hanno sviluppato miti e rituali basati sulla riverenza verso questo
meraviglioso corpo celeste. Quasi tutte le grandi civiltà del passato hanno
sviluppato religioni e filosofie profondamente basate sul sole. È stato
personificato da varie divinità, come Mitra dei Persiani, Inti degl’Incas del
Sud America, Osiris degl’Egizi, Apollo dei Greci, Baal dei Caldei e Surya degli
Hindu. Tutte queste divinità rappresentano il rinnovamento dell’esistenza del
mondo. Molti templi e luoghi furono consacrati per l’adorazione del sole: le
piramidi in Egitto, lo Yucatan in Messico, lo Ziggurat in Babilonia e Caldea e il
tempio del sole a Konarak in India.
Tutti
noi adoriamo ancora il sole, in una forma o in un’altra. In primavera e in
estate, dopo i lunghi e tristi mesi invernali, possiamo vedere un gran numero
di persone sulle spiagge, nei parchi o nei giardini che assorbono il calore e
l’energia del sole. Chi può non apprezzare la magnificenza di un bel tramonto o
di un’alba e, forse, esserne anche commosso, per via di pensieri più profondi,
o per nuove e strane sensazioni? E chi non ha mai sentito almeno una volta la
nostra dipendenza eterna dal sole e dal suo calore, luce ed energia?
L’adorazione
del sole trova il suo coronamento pratico in surya namaskara. Il termine sanscrito surya significa sole e namaskara saluto o adorazione. Per
questo la pratica è nota come il ‘saluto al sole’. È stato sviluppato in India
migliaia di anni fa da saggi illuminati, che prescrissero la sua pratica a
tutti come parte integrante della vita quotidiana.
Surya namaskara è famoso per essere
una pratica completa. I suoi benefici non si limitano a una parte della natura
dell’uomo, ma include la rivitalizzazione dell’intero organismo. Surya namaskara esercita tutto il corpo
in dodici movimenti.
Tramite
questi movimenti, gli organi addominali e lo stomaco sono allungati e
compressi. Questo crea un meraviglioso massaggio agli organi e ne assicura la
corretta funzionalità. Se, al momento, essi non stanno lavorando
efficientemente, li incoraggia a farlo.
Surya namaskara stimola la peristalsi
intestinale, che aiuta a rimuovere la costipazione. Massaggia gentilmente i
reni e stimola la circolazione sanguigna in tutto il corpo. Aumenta la
sudorazione, che pulisce tutti i pori della pelle e dona al praticante una
carnagione chiara e luminosa: segno di perfetta salute. Stimola il cuore senza
sforzo eccessivo, come invece avviene con esercizi fisici o ginnici pesanti. La
circolazione del sangue è incrementata e questo aiuta a eliminare le tossine
dal corpo. Il sangue stagnante presente in alcune aree è eliminato e sostituito
con sangue purificato ed ossigenato.
In
surya namaskara i polmoni si svuotano
delle impurità e dell’aria stagnante e il corpo è rivitalizzato da un
rifornimento extra di ossigeno. Di conseguenza, il corpo e il cervello
funzionano meglio. Si può quasi sentire la ricarica energetica extra. Questo
armonizza il sistema delle ghiandole endocrine, ne aiuta a rimuovere le
eventuali irregolarità e le massaggia, aumentando direttamente l’afflusso di
sangue verso di esse.
Con
i movimenti di surya namaskara, la
colonna vertebrale è piegata e allungata in modo sistematico, fino alla massima
estensione: questo stimola la circolazione sanguigna nel midollo spinale e in
tutti i plessi nervosi. Come conseguenza si avrà salute e vitalità di tutto il
sistema nervoso.
Con
questa pratica vengono esercitati, allungati e compressi i muscoli e le
articolazioni più importanti del corpo. Ciò aiuta il ritorno del sangue impuro
e stagnante verso i polmoni e i reni per essere purificato.
La
pratica di surya namaskara dà, anche,
molti benefici sottili, oltre a quelli fisici. Induce pace della mente, riduce
i conflitti emotivi, le nevrosi e lo stress.
È
una pratica eccellente per svegliarsi la mattina e per prepararsi a tutto
quello che si deve affrontare durante la giornata con forza fisica e mentale.
Nessun’altra
pratica può superarla. Praticando surya
namaskara per quindici minuti al giorno, si avrà un’ottima salute fisica e
mentale per tutta la vita.
Chi
fosse interessato a saperne di più in riguardo alla teoria e alla pratica di surya namaskara può scrivere alla B.S.Y
e richiedere il libro ‘Surya Namaskara: the technique of solar revitalisation’.
Prana e Pranayama
Comunemente le persone hanno un’idea molto particolare riguardo al pranayama: lo considerano una semplice
pratica di respirazione. Ci sono molti aspetti che riguardano il prana che occorre considerare, come
l’influenza del respiro sul corpo, sulla mente e sulla psiche.
Vi sono due concetti ben distinti: il respiro è separato dal prana e il prana è separato dall’aria che respiriamo. Il prana ha un’influenza ben definita sul corpo fisico, sul cervello,
sulla consapevolezza e sull’energia, ma prima di arrivare a questo punto,
dobbiamo comprendere esattamente cos’è il prana.
Vi farò un esempio per spiegarvi il prana.
Tutto ciò che racconterò, è assolutamente vero.
Riguarda la ricerca fatta dal Meninger Foundation degli Stati Uniti che ha
coinvolto uno swami, di nome
Nadabrahmananda. Lo swami venne fatto
entrare in una cabina di vetro con una scimmia ed una candela accesa e gli fu
chiesto di praticare kumbhaka (la
ritenzione interna del respiro) e, contemporaneamente, di suonare la tabla. I
ricercatori gli chiusero naso, orecchie e bocca. Non c’era alcuna remota
possibilità per lui di respirare attraverso un foro qualsiasi del corpo. Quando
chiusero la cabina, la candela si spense dopo circa tre o quattro minuti, la
scimmia svenne dopo quindici minuti, ma lo swami
continuò a suonare la tabla in stato di ritenzione interna del respiro per
quarantacinque minuti consecutivi.
Questo sembra sfatare la teoria che il respiro sia legato al prana: lo swami ha detto che, mentre praticava kumbhaka, era consapevole solamente di un certo tipo di energia che
si muoveva in tutto il corpo. Non era consapevole di nessuna agitazione del
cuore e nemmeno dell’elevata pressione sanguigna. Quando si trattiene il
respiro per un lungo periodo di tempo, si ha solo la piena consapevolezza di
un’energia pulsante in tutto il corpo. Sentiva di non aver nessun bisogno di
respirare. Avrebbe continuato per un tempo molto più lungo senza respirare, ben
oltre i quarantacinque minuti.
Lo yoga chiarisce che il prana è una forma di energia generata
all’interno del corpo e che dipende molto dallo stato della mente, dalla
consapevolezza, dalle emozioni e dai pensieri, così come dagli aspetti positivi
e negativi della personalità. Questo processo è noto come ‘il risveglio del prana’. Una volta che si è in grado di
risvegliare l’energia pranica, il respiro automaticamente cesserà ma questo,
certamente, richiede molta pratica di un perfetto kumbhaka.
Dobbiamo ricordare che, sebbene il pranayama
sia una semplice tecnica d’inspirazione ed espirazione, di ritenzione interna
ed esterna del respiro, genera molti cambiamenti fisici e psichici nel corpo di
cui occorre essere consapevoli. Primo fra tutti, consideriamo il respiro.
Sappiamo che attraverso il respiro possiamo alterare la funzione del sistema
nervoso, del cuore e del cervello e indurre uno stato di rilassamento.
Possiamo, anche, indurre uno stato di tensione nel corpo e nel cervello.
Il processo dell’inspirazione crea una certa resistenza fisica e tale
resistenza, o tensione, non è limitata solo al corpo ma influenza anche la
mente. Mentre espiriamo, eliminiamo quella tensione, quell’accumulo d’energia e
raggiungiamo uno stato di tranquillità osservando il respiro. Tramite il
respiro possiamo controllare il livello di tensione; che sia muscolare, nervosa
o emozionale. Come si può modificare, in modo semplice, lo schema del respiro
che influenza il sistema nervoso simpatico e parasimpatico, l’emisfero destro e
sinistro del cervello, gli aspetti energetici di ida e pingala della
nostra personalità?
Molti credono che, quando si pratica pranayama,
si genera un accumulo di ossigeno nel sistema e che l’ossigeno stesso, mandato
al cervello, lo rende attivo. Molti studi, però, hanno dimostrato che non si
aumenta la quantità d’ossigeno nel sistema, nel sangue o nel cervello, ma si
eliminano le tossine dal corpo, sia sotto forma di calore, sia come sudore.
Molte volte facciamo esperienza di questo mentre pratichiamo bhastrika pranayama per lungo tempo.
Attraverso il procedimento della respirazione eliminiamo anche la CO2, in tal modo, sentiamo che il
livello di ossigeno è aumentato.
Ad esempio: se la quantità di ossigeno all’interno del corpo è del 10% e la
quantità delle tossine è dell’8%, si considera che si ha il 2% d’ossigeno.
Però, se con la pratica del pranayama
si riducesse la quantità delle tossine nel sistema del 4%, la quantità di
ossigeno sarebbe del 6%. Questo è ciò che realmente accade durante la pratica
di pranayama. Tramite la
purificazione delle tossine si ha una sensazione di energia, leggerezza,
vitalità, forza, chiarezza di mente, chiarezza di percezione e massime
prestazioni cerebrali. Questo è un aspetto del pranayama.
Il secondo aspetto del pranayama
è che, quando respiriamo l’aria dall’ambiente, espiriamo gli ioni positivi e
negativi dal corpo, indipendentemente dalla loro quantità. Uno scienziato
direbbe che nell’aria ci sono cinquecento particelle di ioni negativi per
centimetro quadrato, che ci fanno sentire leggeri, freschi, energici e
vibranti. Se andiamo in montagna e anche dopo un temporale, l’aria è carica di
elettricità, di ioni negativi. Quando pratichiamo pranayama, anche se ci troviamo dentro una stanza, dopo un po’ di
tempo creiamo un tipo di elettricità statica all’interno del corpo. Se passiamo
un pettine o una spazzola tra i capelli, si caricherà elettricamente di energia
statica e, con esso, potremmo attrarre dei pezzettini di carta.
Lo stesso principio è applicabile anche al pranayama. Si genera un tipo di elettricità statica all’interno del
corpo che attrae gli ioni negativi dall’ambiente all’interno del nostro sistema.
Per questo, anche in un piccolo spazio, in una stanza chiusa dove ci sono molti
ioni negativi per centimetro quadrato, dopo la pratica del pranayama, ci sentiamo vibranti, energici e luminosi: abbiamo
creato questa forma di energia statica che ha attratto gli ioni negativi
dall’ambiente.
Il terzo aspetto del pranayama si
riferisce al sistema nervoso. Chi ha praticato Swara Yoga ed è, quindi, maggiormente consapevole del processo
della propria respirazione, sa che il respiro cambia costantemente schema di
flusso nelle narici.
A volte una narice è più pulita, aperta e il flusso nell’altra è bloccato e
viceversa: i due flussi cambiano periodicamente. Ogni flusso si riferisce a un
particolare tipo d’esperienza del sistema nervoso. Quando il sistema nervoso
simpatico è attivo, le prestazioni fisiche sono differenti. Si è più
estroversi, dinamici, espansivi, allerta e consapevoli: si è molto presenti nel
mondo. Quando il respiro fluisce nell’altra narice, che influenza il sistema
nervoso parasimpatico, ci si sente più rilassati, tranquilli, pacifici,
introversi e ciò è molto più evidente in chi soffre di problemi mentali.
Negli Stati Uniti, dove insegnano pranayama
alle persone con disturbi mentali (ai soggetti iperattivi), hanno scoperto che
solo con la pratica di nadi shodhana
(il respiro a narici alternate), si è in grado di abbassare l’iperattività del
malato e, anche, di indurre uno stato di tranquillità. Il pranayama è stato insegnato ai catatonici (ai depressi): a coloro
che, se sollevano un braccio, possono rimanere così per ore, senza abbassarlo e
per farlo abbassare occorre tirarlo giù, ma poi, di nuovo tornerà su. Queste persone non hanno nessun controllo
pratico sulle espressioni fisiologiche esterne e sui movimenti. Certo,
all’inizio occorre ricorrere ai farmaci e rendere la mente estroversa: in
questo serio stato d’introversione è molto difficile per l’individuo praticare pranayama. S’iniettano degli stimolanti
nel sistema ed il paziente diventa estroverso. Quando la mente è diventata
estroversa, gli insegnano dei pranayama
che attivano il sistema nervoso simpatico e che li rendono estroversi: bhastrika e surya bheda pranayama. Hanno scoperto così, che quando tali
pratiche sono eseguite attentamente e sistematicamente, sono molto efficaci.
Quindi, l’effetto del pranayama sul
sistema nervoso è un argomento molto vasto e importante.
Vi è poi un altro aspetto: il cervello. Due sono le cose da considerare.
Una è l’attività elettrica del cervello, l’altra è la prestazione dei due
emisferi. Siamo in grado di comprendere l’attività elettrica del cervello
perché più siamo coinvolti con il mondo esterno, con gli affari quotidiani e
più diventiamo tesi, maggiore sarà la frequenza delle onde beta; molti cicli al
secondo, tra i venti e i trenta. Ciò riduce l’efficienza della mente. Devia la
mente in varie direzioni. Nella vita se ne fa esperienza quando non si riesce a
prendere una decisione perché si vogliono troppe cose, o quando ci sono troppe
cose che piacciono e che non piacciono, troppe ambizioni! Non si è mai
veramente rilassati.
Il rilassamento non significa sdraiarsi, chiudere gli occhi e svagare la
mente. Nello yoga il rilassamento
significa avere controllo sulle attività del cervello, perché tramite il
cervello si può controllare il corpo e si possono controllare le funzioni della
mente. Questo è il motivo per cui quando ci si distende nella posizione supina
di shavasana durante Yoga Nidra, o tra un’asana e l’altra, è richiesto di
osservare il respiro. Non c’è altra ragione oltre a questo. Se non ci fosse una
ragione specifica, verrebbe chiesto di fantasticare su qualcosa che non è
relativo al respiro, ad esempio verrebbe chiesto di vedere uno shivalingam nello spazio dietro la
fronte. Potreste rilassarvi concentrandovi su uno shivalingam nel centro tra le sopracciglia, ma lo stato di
rilassamento del cervello non è la stessa cosa e non sareste in grado di
controllare coscientemente gli impulsi elettrici del cervello.
Chi di voi ha utilizzato il sistema biofeedback, ha visto le onde cerebrali
e ha cercato di cambiarne la frequenza imparando a rilassare la muscolatura,
controllando il respiro, o spostando la mente dai problemi immediati a un’altra
esperienza, sa come cambiano le frequenze e come un’onda cerebrale si
sovrappone ad un’altra. Questo è esattamente ciò che accade quando si pratica pranayama in uno stato mentale di
conflitto, tensione e frustrazione.
Vi è una riduzione graduale delle onde beta, ma ciò non significa che le
alpha siano aumentate. Vi sono pratiche di pranayama
dove si bypassano le onde alpha, theta e delta. Da beta si procede verso shunya: l’assenza di attività!
Questo è stato sperimentato da diversi ed ottimi ricercatori e swami. Ho avuto l’opportunità di vedere
l’esperimento di come un praticante di pranayama
possa passare allo stato di shunya
direttamente dalle onde beta, senza passare per le fasi di alpha, delta e
theta. L’esperimento è stato condotto sullo stesso sannyasin della cabina chiusa ermeticamente, che aveva sospeso il
respiro per quarantacinque minuti ottenendo un ottimo risultato.
L’aspetto successivo di cui voglio parlare riguarda i due emisferi del
cervello. Ci sono molte teorie al riguardo. Si pensa che l’emisfero destro
abbia una particolare area d’attività e quello sinistro un’altra. La
razionalità, la consapevolezza, il dinamismo, la tranquillità sono tutte
funzioni degli emisferi cerebrali. L’attività degli emisferi cambia secondo
l’alternanza del flusso di ida e di pingala. Ida e pingala qui non
sono il flusso del respiro alla narice destra e sinistra, ma il flusso e il
volume del prana, la quantità di prana all’interno del sistema.
Conoscete l’esempio del magnete che attrae il metallo. Se davanti a un
magnete si mette un cartoncino spesso, riuscirà ancora ad attrarre il metallo,
ma non con la stessa forza di prima. Più grande sarà la barriera davanti al
magnete, minore sarà la sua efficacia. Il flusso di ida e di pingala è
qualcosa di simile. Più si rimuovono i blocchi da questi flussi pranici (non ho
utilizzato il termine “tossine” ma “blocchi”), più la loro forza magnetica
aumenta. Che cosa sono questi blocchi? La tensione sicuramente è uno di essi. I
problemi emozionali certamente sono altri blocchi. Lo stato della mente di
“voglio questa cosa ma non posso averla” e lo stato di repressione, sono altri
esempi. È la rimozione di tutti questi blocchi psicologici che aumenta il
quantum del flusso di ida e di pingala e ciò di conseguenza,
influenzerà le prestazioni della mente, l’intelligenza, le emozioni ed il
comportamento.
Il fatto che alcune persone sono destrimane e altre mancine, che alcuni
sono più lineari nel loro modo di pensare rispetto ad altri, o che qualcuno ha
la capacità di visualizzare oggetti, può essere compreso meglio prendendo in
considerazione questa questione. Se poi, si raggiunge l’armonia dei due
emisferi del cervello, tutto ciò può essere trasceso: grazie alla pratica del pranayama, equilibrando il flusso di ida e di pingala.
Consideriamo ora l’espansione del campo pranico, di pranamaya kosha. Possiamo notare che c’è un momento della giornata
in cui i bioritmi del corpo, della mente e delle emozioni, raggiungono un
valore ottimale e un momento in cui arrivano al punto più basso. Al mattino di
solito ci sentiamo stanchi, anche dopo otto o dieci ore di sonno perché il
livello energetico è basso. Ci sono momenti durante il pomeriggio in cui ci si
sente stanchi perché il livello energetico è basso ma dopo un po’, ci si sente
di nuovo energici. Dieci o dodici minuti fa mi sentivo stanco, ma ora sono di
nuovo energico. Perché? Non ho dormito. Non sono andato a letto. Non ho fatto
nulla. Questa è un’esperienza comune relativa ai bioritmi del corpo,
dell’intelletto e delle emozioni che, di nuovo, sono risaliti.
Questi bioritmi non si riferiscono alle tabelle che si trovano nei mercati,
ai diciannove, ventuno o ventitré giorni del ciclo del bioritmo, e nemmeno al
libro che si consulta per controllare la data di nascita e la data attuale,
ecc. È qualcosa di molto semplice riferito al respiro e al prana. Così come il flusso del respiro a ogni narice cambia ogni
quarantacinque minuti in un’ora, così come il flusso del prana nei passaggi di ida
e di pingala aumenta di volta in
volta; il sistema nervoso, quello respiratorio, il cervello, le emozioni, la
mente e il prana, in un determinato momento della giornata, salgono o scendono
secondo il ciclo e pranamaya kosha è
influenzato dalle fluttuazioni di questi bioritmi.
In realtà è la nostra incapacità di mantenere uno stato di armonia del
livello di prana che ci fa sentire
stanchi, esausti o esauriti energeticamente. Se fossimo in grado di mantenere
un livello costante di prana, non
importa quanto il nostro corpo possa essere stanco, potremmo anche boccheggiare
e sudare, i nostri muscoli potrebbero essere dolenti, ma non crolleremmo dalla
fatica. Saremmo soggetti ai sintomi dell’affaticamento, ma recupereremmo molto
velocemente. Il prana combatte
l’accumulo di vari acidi, ormoni e tossine all’interno del corpo. L’accumulo di
acido lattico all’interno dei muscoli, che fa sì che si stanchino e il flusso
costante di adrenalina, possono essere corretti e controllati solo attraverso
il prana.
Quindi, dal momento in cui ci alziamo al mattino fino a quando andiamo a
letto alla sera, il nostro corpo, la mente e il livello pranico sono sottoposti
a vari alti e bassi, ma se, in qualche modo, riuscissimo ad aumentare il
livello di prana, riusciremmo a
gestire la stanchezza, la letargia, la pigrizia, la sensazione di sfinimento e
tornare, di nuovo, completamente svegli, allerta, tranquilli e rilassati, senza
nessun effetto secondario. Sapete bene a quali effetti secondari mi sto
riferendo. Se la notte non dormite, la mattina seguente direte: “Ho i nervi a
fior di pelle. Non riesco a fare niente nella maniera appropriata. Non riesco a
pensare. Sto tremando. Sto avendo questa e quest’altra esperienza.”
Qualche tempo fa, alcuni swami e
dottori fecero un esperimento in Australia con il sistema Kirlian. Erano soliti
svegliarsi al mattino, fare una fotografia delle loro mani e osservare le
emissioni dell’energia elettromagnetica, del prana, e prendere nota dei colori. Ognuno dava un nome differente a
quest’energia. Qualcuno la chiamava aura, alcuni campo biomagnetico, altri con
nomi di fantasia ma, per una nostra comprensione, la chiameremo prana. Poi si recavano ai rispettivi
lavori abituali. I medici andavano in ospedale e gli swami andavano a insegnare yoga.
I partecipanti all’esperimento erano sei o sette persone. Alla sera, appena
tornati, facevano una nuova fotografia e la confrontavano con quella del
mattino.
La fotografia del mattino mostrava un’emissione della lunghezza di tre
quarti di pollice, perché erano rilassati. Tutti dormivano senza tensione. La
sera, invece, alcuni non mostravano nessuna emissione, perché avevano consumato
molta energia durante il giorno e accumulato molta tensione. Erano mentalmente,
emozionalmente e fisicamente esausti. Ora arriviamo alla parte più complicata,
ma interessante. Un giorno, durante le pratiche di asana, cercarono di aumentare il prana ed osservarono, con delle foto, di quanto lo avessero
aumentato dopo cinque minuti di asana,
poi dopo un’altra asana e un’altra
ancora. Scelsero solo cinque asana.
La settimana successiva, provarono solo con il pranayama: cinque pranayama,
uno al giorno.
Poi usarono i bandha (mula bandha, jalandhara bandha, uddiyana
bandha) e i mudra corrispondenti
(ashwini mudra, vajroli mudra, agnisar kriya,
ecc.). In seguito provarono con Yoga
Nidra, pratyahara, ajapa japa, mantra e la visualizzazione del respiro.
Con ogni pratica furono in grado di aumentare la quantità di prana e le sue emissioni in varie parti
del corpo, soprattutto nelle dita, e videro delle notevoli differenze prima,
durante e dopo l’esperimento. Certamente, sappiamo che siamo circondati dal
campo o corpo pranico e che quando si è emotivamente o fisicamente stanchi, si
utilizza l’energia per rinvigorire energeticamente il sistema. Se non si riesce
a rinnovare il prana all’interno di
noi stessi, andiamo a dormire o cerchiamo di riorganizzare la mente. Se
riuscissimo a rinnovare il prana con
varie pratiche yogiche, potremmo evitare che lo stress quotidiano influenzi le
prestazioni del corpo e della mente.
La pratica di pranayama più
importante è surya bheda pranayama:
il respiro alla narice destra. Cinque cicli e torniamo attivi come al mattino.
Ci sono molti studi fatti in varie parti del mondo a questo proposito.
Ricordate, questo lavoro non è ancora completato, perché ancora ne stiamo
studiando l’aspetto mentale ed emozionale su come poter influenzare le
emozioni: la sensazione di rabbia, amore, armonia, gioia, avidità e invidia.
Questi sono aspetti che sicuramente si possono controllare e trasformare con la
pratica di pranayama e alcuni studi
sono già stati fatti. Si sta studiando anche l’aspetto psichico, in merito
all’effetto del pranayama sulla mente
conscia, subconscia e inconscia. Sono stati fatti molti studi, ma il pranayama è un argomento molto vasto e
ci sono molti aspetti ancora da sondare.
Satsang sul cibo e la dieta
Ho letto che non si dovrebbe mangiare cibo stantio
o non preparato al momento. Al giorno d’oggi, molte persone assumono
principalmente cibo conservato in frigorifero e in congelatore. Questa è una pratica
raccomandabile?
Oggi nessuno al mondo
sa cosa dovrebbe mangiare. La maggior parte delle persone sono dipendenti dalla
pubblicità e da essa ignorantemente ingannati. Gradualmente, però, stanno
iniziando a svegliarsi da questa situazione e iniziano ad essere consapevoli
che gli alimenti in scatola e conservati sono dannosi per la salute. Questi cibi
si stanno rivelando come le cause principali delle peggiori malattie di cui
l’umanità abbia mai sofferto. I Paesi occidentali, inclusa l’America, riscontrano
un gran numero di decessi a causa del cancro e delle malattie coronariche.
Secondo le statistiche mediche, l’80% della popolazione europea soffre di
reumatismi e un gran numero di persone di malattie psicologiche e mentali. Ciò
è causato principalmente dal fatto che il cibo che ci hanno spinto ad assumere
è buono commercialmente ma carente di nutrienti.
Non per lo yoga ma per una buona salute e una mente
acuta è necessario assumere dei cibi freschi e preparati al momento.
Comunemente e commercialmente tutte le verdure sono sottoposte a un processo
chimico di trasformazione e di decomposizione. Alcuni vegetali sviluppano
perfino dei funghi. Anche se le verdure sono conservate in una stanza ad aria
condizionata o in congelatore, alla fine svilupperanno dei funghi, perché sono
lontane dal contatto con le radici, dalla terra e dal calore del sole. I cibi
in scatola contengono additivi e molti conservanti che, secondo gli scienziati,
sono le principali cause del cancro e del tumore. L’uomo non riesce a
comprendere il pericolo cui va incontro continuando a ingerire cibo cresciuto
con fertilizzanti artificiali e conservato con pericolosi prodotti chimici.
Quali sono, secondo lei, i cibi migliori per il
sistema digerente e per la salute?
Per la pratica di yoga e per mantenere la mente in uno
stato tranquillo, la dieta migliore non deve seguire necessariamente il modello
dietetico moderno. Quando i maggiori yogi
e santi del passato come San Francesco, San Saverio, Ramana Maharshi, Aurobindo,
ecc. praticavano yoga, avevano
programmato la loro dieta in modo che il cibo non stimolasse il “mostro” nella
mente.
Grazie ad alcune
osservazioni abbiamo scoperto che la maggior parte delle persone che seguono
una dieta moderna è molto attiva mentalmente ed emozionalmente. Perciò, quando
si considera la questione della dieta, è necessario per gli aspiranti decidere
cosa è più importante, la pace della mente o la forza fisica. Dobbiamo mangiare
per vivere o vivere per mangiare?
A dispetto di tutte le
idee sulla dieta, ho scoperto che in nessun luogo le persone stanno mantenendo
una buona salute. Riempiamo il nostro corpo, ma la nostra comprensione sulla
dieta è basata sulla propaganda che dipende sempre da uno scopo commerciale. È
importante per ognuno di noi comprendere che una dieta semplice è la migliore.
Un praticante di yoga dovrebbe
semplificare la dieta. Non dovrebbe essere troppo esigente in riguardo al cibo,
perché quando pratichiamo yoga in
modo molto approfondito, alteriamo la chimica interna e tutti gli enzimi
digestivi e le proprietà nutrizionali si modificano.
Un altro punto
importante è che un cibo consumato in una regione o a un clima diventa veleno
in un altro. In un clima artico dobbiamo avere un’alimentazione particolare,
perché lì il corpo reagisce differentemente rispetto al clima semi-artico e a
quello temperato. Pertanto, la dieta va di pari passo con le condizioni climatiche
e la natura stessa produce le cose giuste in base a quest’ordine. Ad esempio,
il mango cresce in India e non in Norvegia e in Svezia.
Da trent’anni mi sto
occupando della questione della dieta. Ho provato io stesso la dieta yogica e
l’ho fatta provare a diverse altre persone. Ho letto praticamente di tutti i
sistemi di diete, compresa la macrobiotica e sono giunto ad una conclusione. Il
cibo che meno appesantisce il corpo, che mantiene un’ottimale temperatura, che
viene eliminato senza difficoltà e che non stimola la tendenza rajasica è il migliore per gli yogi e per ogni tipo di praticante di yoga.
Per avere un’ottima
digestione e salute, la dieta migliore è quella sattvica. Una dieta sattvica
non è un’alimentazione semplice o vegetariana. I cibi sattvici hanno un tipo di vitalità che aumenta la pace, la
beatitudine, la leggerezza, la chiarezza, l’intelligenza e l’illuminazione. Il
riso, il grano, le verdure e la frutta sono alimenti sattvici. Tutto ciò che rende fisicamente forti, che aumenta il dinamismo
ed eccita gli ormoni sessuali, è rajasico.
Il latte, la carne, le cipolle e l’aglio, sono rajasici.
Il cibo migliore per
uno yogi è il khichari. È così leggero che nemmeno vi accorgete di mangiarlo; lo
stomaco nemmeno si accorge che è lì e quando lo lascia, nemmeno vi accorgete
che non c’è più. Questa è la definizione della dieta migliore. La dieta
peggiore ha l’effetto opposto: quando state mangiando sapete che state
mangiando, quando il cibo è nello stomaco lo sentite e l’eliminazione diventa un
lavoro. Il khichari è semplice da
preparare, è economico e si trova ovunque, dal polo nord al polo sud. Cos’è?
Una combinazione di riso, lenticchie, verdure ed enzimi che producono
costituenti, tutti cucinati insieme.
Quanto è importante la dieta per un praticante di
yoga?
Alcune persone pensano
che uno yogi debba avere una dieta
ben bilanciata e nutriente, e a queste persone io dico: “Che praticate a fare yoga?” Lo yoga vi dà tutto il nutrimento necessario attraverso prana shakti. Se ciò non fosse vero, non
servirebbe a nulla praticare yoga. Lo
yoga conserva la vitalità e,
soprattutto, attraverso la concentrazione, controlla la secrezione naturale
degli ormoni della ghiandola pituitaria. Quando gli ormoni sono controllati
alla fonte, su nella ghiandola pituitaria, non scendono in basso. Questi ormoni
saranno trasformati in vitalità, ojas.
Nella fisiologia
yogica, la ghiandola pituitaria è associata a sahasrara, il chakra più
elevato, e gli ormoni sono chiamati retas.
Normalmente questi ormoni fluiscono nel corpo e causano differenti tipi di
reazioni: distruzione, catabolismo, anabolismo, metabolismo, ecc. Attraverso la
concentrazione possono essere controllati e s’impedisce il loro fluire verso il
basso. In questo modo si trasformano in prana
shakti, il potere della vitalità, che nutre il corpo di un sadhaka. Quindi, l’idea che uno yogi
debba seguire una dieta speciale composta da verdure fresche, frutta cruda,
ecc. non è del tutto vera.
Qual è la sua opinione in riguardo al digiuno?
Il digiuno, spesso,
viene fatto per il corpo, ma anche se la mente è molto agitata si può ricorrere
al digiuno. Buddha e altri praticavano dei lunghi digiuni per purificare la
mente. Quando nel corpo c’è del cibo, questo influenza la mente e quando il
corpo non è puro, la tranquillità è disturbata. Durante il digiuno, il sistema
nervoso, ghiandolare, digestivo ed escretorio sono messi a riposo. Poi potrete
concentrarvi o meditare con molta più facilità.
Il digiuno purifica il
sistema digestivo e dà riposo a quello coronarico. Il calore conservato
all’interno del corpo durante il digiuno aiuta a eliminare le tossine e
velocizza il processo del catabolismo. Se il digiuno è fatto in modo corretto,
può influenzare la struttura della kundalini
in muladhara chakra.
Personalmente credo che
il digiuno sia buono per tutti, ma non consiglio di praticarlo per lungo tempo
senza la guida di un esperto. Per chi vuole seguire il sentiero dello yoga e della meditazione il miglior
digiuno consiste nell’assumere cibo solo una volta al giorno. Mangiando solo
una volta in ventiquattro ore si conserva molta energia mentale, fisica e
spirituale. All’inizio si potrebbe fare un po’ di fatica ma, in breve tempo,
diventerà un’abitudine.
È essenziale per un praticante di yoga evitare la carne, gli alcolici e le
sigarette?
Dovete tener presente
una cosa: lo yoga è una parte del tantra e nel sistema tantrico niente è
proibito. Questo, comunque, non vuol dire che bisogna indugiare nel mangiare la
carne, bere il vino e altre cose in modo indiscriminato. Bisogna sempre agire
in base alla propria condizione di salute. Invece di pensare se potete o no
assumere queste cose, dovreste considerare se sono buone per la vostra salute,
se sono necessarie per la vostra crescita fisica e se ne avete veramente
bisogno. Quindi, un praticante di yoga
deve fare un’indagine accurata sulla propria salute e se sente d’aver bisogno
di mangiare la carne, non c’è nessuna ragione per cui non debba farlo. Ma se
comprende che è dannosa per la sua salute, che aumenta la pressione sanguigna,
che è la causa della presenza di molte tossine nel corpo, ecc. allora spetta a
lui/lei usare la discriminazione e rinunciare al consumo di carne.
Chi ha la tendenza ad avere
ipertensione, colesterolo alto e un eccesso di acidi urici nel sistema,
dovrebbe cercare di evitare la carne. Chi soffre di problemi del sistema
nervoso, esaurimento nervoso, depressione o traumi, dovrebbe evitare
completamente la carne, nell’interesse della propria salute e non perché è un
praticante di yoga. Infine, anche chi
ha un fegato che lavora male e chi non riesce a digerire in modo corretto,
dovrebbe evitarla. Se non si riesce a digerire il cibo in modo appropriato,
durante le pratiche yogiche si potrebbero avere delle allucinazioni,
scambiandole per esperienze spirituali. Se lo stomaco non funziona bene, si
fanno molti sogni, a volte incubi. Allo stesso modo, la cattiva digestione
influenza le esperienze del corpo psichico.
Allo stesso modo,
intossicanti come la marijuana, l’LSD o l’alcool, potrebbero interferire con le
esperienze psichiche. Queste sostanze influenzano il sistema nervoso e il
cervello. Quando si assumono intossicanti, il cervello non funziona in modo
normale. Quando si pratica yoga
queste sono delle grandi barriere per le esperienze psichiche. In breve, in
modo da permettere al corpo psichico di funzionare indipendentemente e per
avere delle visioni reali e non delle allucinazioni, è importante mantenere il
cervello a un livello di funzionamento normale, il sistema nervoso forte e
quello cardiaco intatto.
Quindi, un praticante
di yoga e chi si preoccupa della
propria salute, dovrebbe pensarci due volte prima di assumere carne o alcool.
Quali
sono i pericoli spirituali derivanti dal mangiare la carne?
Nella Manu Smriti si afferma che non c’è
nessun pericolo nel mangiare la carne, nel bere o nell’avere interazioni
sessuali perché sono tendenze naturali di ogni essere. La natura li ha creati,
ma se qualche volta si è capaci di privarsene, ciò velocizzerà la vita
spirituale. Il mangiare la carne non uccide il potenziale spirituale ma, un
corretto vegetarianesimo, aumenterà l’esperienza spirituale. È qualcosa di simile
al togliere un carico pesante dalla vostra auto. Viaggerete a una velocità
maggiore.
Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1980/isep80/sat980.shtml
I Chakra
La kundalini è l’energia primordiale dell’uomo, il potenziale
dormiente, l’energia incontrollata che, spesso, è raffigurata come un piccolo
serpente addormentato in muladhara chakra.
La kundalini simboleggia i milioni di
cellule cerebrali dormienti: i nove decimi del cervello che non usiamo. Quando
l’energia kundalini si risveglia,
cioè quando i circuiti nervosi ultrasonici e d’elevata frequenza del cervello
vengono lentamente attivati con delle pratiche di yoga come la meditazione, japa
e swara yoga, si genera una gran
quantità di calore, di luce e di suono, nel momento in cui una forma d’energia
è trasformata in un’altra. Il serpente kundalini,
in maniera figurata, inizia a srotolarsi e a dirigersi verso l’alto, da muladhara verso gli altri chakra superiori.
I chakra sono magazzini di energia endoplasmatica, sono della stessa
natura del prana. Sono chiamati anche
centri psichici. ‘Chakra’,
letteralmente, significa ruota o cerchio. I chakra
sono localizzati lungo il canale principale di energia bioelettrica: sushumna nadi.
Ciascun chakra è paragonato a un fior di loto
con un numero specifico di petali. Questi petali, durante la meditazione,
possono essere visti illuminarsi e roteare lungo degli assi orizzontali e
verticali. Sono emissioni di particelle di luce che rappresentano l’intensità
ionica in quell’area del corpo. È a causa di questa emissione di luce di forma
regolare a petalo, che i chakra sono
stati poeticamente definiti come dei fiori di loto.
Ogni chakra corrisponde a una ghiandola del
sistema endocrino e ognuno ha quello che viene chiamato ‘punto di attivazione’,
nella parte anteriore del corpo. La concentrazione sul ‘punto di attivazione’
contribuisce a risvegliare il chakra
corrispondente. Ricordate, però, che i chakra
sono situati nel midollo spinale e rappresentano i differenti livelli di
energia in aree ben precise, lungo un flusso specificamente definito.
I punti di attivazione
si trovano nella parte anteriore del corpo perché è più facile concentrarsi su
di essi rispetto ai punti corrispondenti posti nella colonna vertebrale. Ci
sono delle connessioni dirette, tramite le nadi
minori, tra i punti di attivazione ed i chakra.
Ogni chakra è associato
a un elemento. Come si sale lungo sushumna
verso il cervello, gli elementi diventano sempre più sottili.
Muladhara è conosciuto come il centro radice ed è
relativo all’elemento terra, che è la parte più grossolana del corpo. Il punto
di attivazione di muladhara chakra nel corpo maschile è l’area tra
l’ano ed i genitali, il perineo, e nel corpo femminile è il punto di giunzione
tra l’utero e la vagina. Ha quattro petali e il suo colore è il rosso
scuro. La sua forma è circolare ed è
allineato ad angolo retto rispetto a sushumna
nadi. Si dice che sia la sede della kundalini
addormentata.
Swadhisthana, tradizionalmente, è associato con la mente
inconscia. Il suo colore è il rosso vermiglio ed ha sei petali disposti
simmetricamente attorno ad un pericarpo centrale. L’elemento del chakra è l’acqua. Il suo punto di
attivazione è localizzato nella parte frontale del corpo a livello dell’osso
pubico.
Manipura è il centro del calore nel corpo e, secondo il
parere di molti, è il serbatoio principale del prana. È associato al calore vitale, al fuoco digestivo e
all’energia. Il suo elemento è il fuoco. Il suo colore è il giallo brillante ed
ha dieci petali. Il punto di attivazione è l’ombelico.
Anahata è la sede del suono non percosso. Il suo colore è il blu e
ha dodici petali. È noto come il centro dell’amore spirituale. Il suo elemento
è l’aria. Il punto di attivazione è a livello del cuore, dietro allo sterno.
Vishuddhi è considerato il centro della purificazione
delle varie secrezioni del corpo. È visualizzato come un fior di loto di colore
violetto con sedici petali. Il suo elemento è l’etere, lo spazio, molto più
sottile dell’aria. Il punto di attivazione è alla base della gola, dove c’è una
piccola depressione.
Ajna è noto come il terzo occhio, il centro dell’intuizione, il
guru chakra, o chakra del comando. Si ritiene che quando è risvegliato il
praticante può vedere eventi su differenti piani di coscienza con piena
consapevolezza. Il suo colore è il blu argenteo ed ha due petali. È situato
all’apice della colonna vertebrale, nel punto dove ida, pingala e sushumna si fondono. Da ajna queste tre nadi procedono come una sola verso il chakra successivo. Il punto di attivazione di ajna è chiamato bhrumadhya.
È situato nel centro tra le due sopracciglia, dove le donne indiane, così come
molti Brahmini, portano un segno rosso. L’elemento di ajna è l’etere, a volte chiamato la “mente sottile”.
Bindu è considerato uno dei chakra
più importanti nel kundalini e nel kriya yoga. I suoni interiori si
manifestano in questo chakra grazie
al movimento dell’energia pranica. Non ha petali ma è simboleggiato da una
piccola luna crescente in una notte limpida. Il punto di attivazione è una
piccola depressione nel retro della testa, dove i Brahmini Hindu portano,
tradizionalmente, un ciuffo di capelli. Anche il suo elemento è l’etere.
Sahasrara è il più sottile di tutti i chakra. Viene visualizzato durante la
meditazione come un fior di loto rosso brillante con un infinito numero di
petali, o con mille petali, come il suo nome suggerisce (sahasrara significa mille). Nel corpo fisico è localizzato alla
sommità della testa. Anche l’elemento di sahasrara
è l’etere. Sahasrara simboleggia la
soglia tra il regno fisico di spazio e tempo e il regno trascendentale. Il
regno dello spazio è sotto le normali leggi fisiche e il praticante che
risveglia questo chakra fa esperienza
di una mente vuota, di una tabula rasa, che è indescrivibile in termini di
emozioni, pensieri o sentimenti.
Vi raccomandiamo di
provare a scoprire da soli questi differenti chakra, facendo esperienza del potere della vostra concentrazione.
Dopo poche settimane sarete in grado di annotare qualche sensazione proveniente
dalle aree dove sono localizzati i chakra.
Potreste anche sentirvi più rilassati e avere più controllo mentale e fisico,
come risultato. Molti altri aspetti della vostra personalità, gradualmente, si
manifesteranno.
I Bija Mantra
A questo punto è
necessario menzionare quelli che sono conosciuti come mantra ‘seme’ o bija. Man significa meditazione profonda, o
come molte persone autorevoli dicono, mente, e tra significa liberare, quindi mantra
significa un suono rivelato durante la meditazione, o un elevato stato di
coscienza. Il mantra ha due qualità definite
in Sanscrito: ‘varna’ e ‘akshara’. Varna significa colore e forma, e akshara ciò che non perisce e che è oltre le dimensioni del tempo e
dello spazio. Ciò significa che mantra
è qualcosa di eterno che si trova all’interno, nei livelli più profondi della
coscienza di un individuo.
I bija mantra sono le prime sillabe che appaiono in stati di profonda
meditazione. A causa delle emissioni ioniche dei petali dei chakra, i saggi udirono differenti suoni
mentre erano in meditazione. I suoni dei petali divennero le lettere
dell’alfabeto sanscrito e ciò spiega perché il sanscrito è stato definito una
lingua meditativa o realizzata.
Ogni bija mantra rappresenta l’essenza del mantra associato. Alcuni esempi di bija mantra sono ‘hraum’, il suono simbolico del Signore Shiva; ‘dum’, il mantra di Durga
e ‘kreem’ il mantra di Kali. Questi mantra
non sono solamente dei suoni, ma delle forme pensiero, permanentemente
esistenti all’interno delle sottili regioni dello spazio. Non hanno un
significato grammaticale e non possono essere comprese intellettualmente. Per
ottenere la conoscenza di un mantra
c’è un metodo ben definito, tramite cui il praticante lo ripete fino a quando
non si sarà rivelato in tutte le dimensioni della sua coscienza e non sarà
diventato un’unica cosa con esso. Il mantra
può essere ripetuto in uno dei tre modi: a voce alta, sussurrato o mentalmente.
La ripetizione del mantra è simile, ma molto più raffinato, al sistema dei ‘koan’
dello Zen. I bija mantra sono simboli
della mente inconscia, della dimensione causale, di sushupti.
In tutti i principali
insegnamenti occulti del mondo ogni lettera e quindi ogni parola è investita di
potere ed energia che diventa manifesta quando viene intonata correttamente.
Enormi quantità di energia fisica, mentale e psichica si libera all’interno
della persona. Il sistema cabalistico, ad esempio, ha ventuno lettere, ognuna
delle quali rappresenta un aspetto differente della consapevolezza dell’individuo
che cerca di raggiungere l’apice, ‘kether’, la coscienza suprema, samadhi, ‘satori’ o ‘nirvana’.
Ogni mantra, e soprattutto ogni bija mantra, ha un’energia, una nota
musicale, un colore, una gemma e un significato astrologico. I bija mantra che ci interessano in modo
particolare sono quelli connessi con i chakra.
Questi bija mantra rappresentano la
chiave di volta che apre le porte della comprensione totale e della
realizzazione del vero significato di questi centri. Quelli che seguono si
riferiscono alle tecniche di swara yoga.
Chakra
|
Bija
mantra
|
N.
di petali
|
Muladhara
|
Lam
|
4
|
Swadhisthana
|
Vam
|
6
|
Manipura
|
Ram
|
10
|
Anahata
|
Yam
|
12
|
Vishuddhi
|
Ham
|
16
|
Ajna
|
Om
|
2
|
Bindu
|
Om
|
Nessuno. È come una
luna crescente
|
Sahasrara
|
Om
|
1.000
|
La meditazione o la ripetizione dei
bija mantra, contemporaneamente
alla concentrazione sui chakra
corrispondenti, ha un profondo effetto psico-fisiologico sulla mente, sul
corpo, sul metabolismo e sui sensi. Questi effetti sono stati ampiamente
documentati da alcune ricerche, come quelle del Dott. Hiroshi Motoyama in
Giappone, che lega la maggior parte delle ricerche sul prana con la scienza dell’agopuntura, dove il prana è noto come ‘chi’.
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