sabato 11 giugno 2016
La relazione tra guru e discepolo
Swami Satyananda Saraswati
Chamarande (Francia), agosto
1981
Ogni volta che la
relazione tra guru e discepolo è
stata discussa da persone intelligenti, sono state espresse differenti
opinioni. Alcuni pensatori sostengono che il guru non sia necessario e, da un certo punto di vista, hanno
ragione. Il punto centrale della loro argomentazione è che ognuno è il guru di sé stesso e, filosoficamente,
questo è corretto: il vero guru è
all’interno di ogni persona. Egli è noto come sat guru, la guida interiore.
In realtà, ogni tipo di
guida che ricevete nella vita spirituale proviene da questo guru interiore. Ma c’è un altro aspetto
che deve essere considerato. Perché dire ad un cieco che siccome fuori splende
il sole, non è necessario accendere la luce all’interno di una stanza? È
esattamente la stessa cosa. Non c’è nessun dubbio che il guru sia dentro ognuno di noi, ma voi potete sentirlo? Potete
seguire le sue direttive? Avete mai sentito il suo amore e le sue benedizioni?
L’idea di essere il proprio guru è
molto accattivante. In questo modo salvereste il vostro ego. Non dovreste
sottomettervi a nessuno. Ma se il guru
è interiore, si ha un problema pratico nella vita. Chi sarà lì ad ispirarvi ed
a farvi da guida spirituale? Per questo motivo, sin dall’inizio dei tempi,
esiste la tradizione di guru e
discepolo.
Il collegamento
spirituale interiore
Ogni ricercatore deve
avere un guru con cui poter stabilire
un collegamento spirituale interiore. Guru
non significa insegnante, precettore o tutore. Guru significa colui che dissipa l’oscurità: è colui che vi aiuta
ad illuminare il vostro sé interiore. Egli potrebbe insegnarvi ed istruirvi nel
raja e nell’hatha yoga, oppure potrebbe non darvi nessuna lezione. Le
qualifiche di un guru non sono né il raja yoga, né l’hatha yoga e nemmeno la
cultura scolastica. Guru è chi ha
l’anima colma d’amore fino all’orlo, chi non vive e non lavora per sé stesso.
Una persona così, che ha ricevuto l’illuminazione, è un guru.
Nella storia ci sono
stati molti guru che non hanno
predicato né insegnato, ma sono stati in grado di trasmettere amore e
benedizioni ai loro discepoli. Quando avvicinate una persona così, si
stabilisce spontaneamente un collegamento tra voi due. È qualcosa di simile
all’amore a prima vista. Secondo me quindi, non è necessario spiegare come un
discepolo riconosce il proprio guru.
Il primo e più
importante collegamento tra guru e
discepolo è il mantra. Il mantra è come un seme che il guru pianta nella coscienza del
discepolo, proprio come un contadino pianta un seme in un giardino. Il mantra diventa un filo invisibile che
lega il discepolo al suo guru.
Tramite il mantra le frequenze del
cervello del discepolo si sincronizzano con quelle del guru. Così come sintonizzate la radio su una particolare stazione
per aggiustarne la frequenza, il discepolo usa il mantra per aggiustare la frequenza della sua coscienza. Certo il mantra purifica la mente e favorisce
concentrazione e tranquillità, ma quando il guru
lo dà ad un discepolo, lo scopo è di stabilire una relazione.
Il discepolato
e l’abbandono
Se volete diventare dei
discepoli, ma ancora non avete trovato un guru,
dovete considerare un punto importante. Dovete comprendere che il guru è in linea con la vostra evoluzione
e realizzazione. In altre parole, a seconda del vostro calibro e personalità,
sceglierete un certo guru e lo
otterrete. Perciò se volete un guru
di qualità buona e superiore, dovrete sviluppare un discepolato e un abbandono
superiori.
Un discepolo dovrebbe
arrendere il proprio ego al guru,
poichè è con quest’atto di abbandono che si svuota. Così come un flauto di
bambù produrrà una bellissima melodia solo se opportunamente reso vuoto, allo
stesso modo, un discepolo deve svuotarsi per diventare uno strumento utile.
L’ostacolo maggiore tra il guru e il
discepolo è l’ego. Maggiore è l’ego, minore è la ricettività. Rendendo sottile
l’ego, la ricettività inizierà ad aumentare.
Alcune persone sono
spaventate all’idea di abbandonare il proprio ego perché hanno paura di perdere
la loro individualità. Ovviamente, sono consapevoli di abbandonare il proprio
ego in molte situazioni della vita. Non c’è niente di male nell’arrendere il
proprio ego al guru. Perdendo la
propria individualità dinanzi a lui, si diventa il destinatario di molti
benefici, non solamente durante la meditazione, ma anche nella vita di tutti i
giorni.
Un flauto vuoto
Forse avrete letto la
storia del grande yogi tibetano
Milarepa. Quando Milarepa era un ragazzo, andò da un guru a chiedere di essere iniziato. Il guru lo prese a calci e gli urlò: “Tu mascalzone, esci da qui.” Per
diversi giorni Milarepa rimase fuori al freddo, davanti alla porta della casa
del guru ma il guru si rifiutava di riceverlo. Siccome Milarepa era innocente ed
aveva abbandonato il proprio ego, nei principi e nella pratica, non pensava
come potremmo pensare noi: “Che strano guru
è questo. Se non mi vuole vedere, allora non lo voglio come guru”. Milarepa continuò a rimanere
fuori dalla porta ed ogni volta che il guru
usciva gli dava un calcio.
Un giorno il guru uscì e sua moglie portò a Milarepa
del cibo appena preparato e caldo. Fino ad allora gli venivano gettati solo
degli avanzi. Mentre il ragazzo mangiava, il guru apparve sulla scena. Furioso domandò: “Chi ti ha dato quel
cibo?” Milarepa rispose: “Me l’ha dato la mia mamma guru.” Tutto accigliato il guru
disse: “Ora ho capito. Sei venuto qui per corrompere mia moglie. Beh, non puoi
stare vicino a lei. Vai via da qui.” Il guru
gl’indicò una collina e gli disse di costruirsi una casa lassù.
Il povero ragazzo
dovette portare pesanti massi dalla valle fino in cima alla collina, giorno
dopo giorno, per diversi mesi. Alla fine, quando ebbe terminato il lavoro, il guru andò sulla collina a controllare la
costruzione. Trovò il ragazzo che dormiva e gli diede un calcio con tutta la
sua forza. “Sei un lazzarone” e il ragazzo si mise a piangere. “Ora che hai
terminato la casa, pensi solo a dormire. No, non puoi stare qui. Riporta giù
tutte le pietre e costruisci un’altra casa vicino al mio cancello, così posso
tenerti d’occhio.” Un qualunque altro discepolo avrebbe detto: “Che strano guru!” Ma Milarepa non aveva ego, era un
flauto vuoto, e riportò tutte le pietre giù una ad una.
La
trasformazione spirituale
La storia va avanti, ma
io voglio solo farvi dare un’occhiata all’approccio di un discepolo verso un guru dal comportamento sorprendente,
eccentrico ed illogico. Quando più tardi Milarepa si sedette in meditazione,
mise sulla sua testa una piccola lampada di terracotta accesa. Sedette nella
posizione del loto per ore, senza fare il minimo movimento. La lampada non
cadde né tremolò. Perché? Perché lui non aveva ego. Se siete come dei bambini
mentalmente innocenti e puri, la vostra mente può diventare tranquilla in un
attimo.
Ci sono molte storie di
grandi discepoli come questo, ma nessuno di essi è diventato un discepolo
semplicemente scegliendosi un guru.
Erano tutti dei devoti che si sono preparati ad affrontare qualsiasi
trasformazione fosse inflitta dal guru.
Cosa fa un falegname
con del legname? È dolce con esso? No, lo taglia con una sega, lo cesella e ci
mette dei chiodi. In questo modo produce un bell’elemento d’arredo. Se un pezzo
di legno non subisse questo crudele processo per mano di un falegname, non
potrebbe mai essere trasformato in qualcosa di utile. Un discepolo è una
materia grezza, non importa quante cose conosce. Potrebbe essere molto
intelligente. Potrebbe essere un grande diplomatico, un uomo d’affari o un
professore; potrebbe essere mondanamente molto saggio ma questo non ha importanza.
È una materia grezza che deve essere trasformata dal guru. Ed uno ad uno tutti gli elementi della sua personalità,
devono andare incontro ad un processo di disintegrazione, perché deve essere
totalmente ringiovanito e rigenerato. Sebbene il discepolo mantenga lo stesso
corpo fisico in tutto e per tutto, gli elementi del suo corpo mentale,
emozionale e spirituale sono completamente cambiati. In altre parole, la
personalità del discepolo subisce una metamorfosi totale.
Fate attenzione
all’approccio intellettuale
In tutta la mia vita da
discepolo ho osservato molti punti importanti, veramente pericolosi, nella vita
di un discepolo. Quando vivevo con il mio guru,
Swami Sivananda, io stesso e molti altri swami
spesso pensavamo di saperne di più del nostro guru. Credevamo che la crescita e lo sviluppo dell’istituzione
avvenissero solo grazie ai nostri sforzi. C’era molto intellettualismo in noi e
a causa di questo, non approcciavamo il nostro guru come dei bambini. Una volta parlammo di questo problema con il
nostro guru. Dicemmo: “Spesso ci
sembra di sapere più cose di te e ci sono situazioni nelle quali sentiamo che
tu stia facendo degli errori.” Swamiji replicò: “Avete ragione.” Quella era la
sua grandezza e quella fu la nostra meschinità.
Quando diventate un
discepolo, che siate laici o sannyasin,
e accettate un mantra dal guru, è molto importante che egli viva
nel vostro cuore come una luce costante. Mantenendo la consapevolezza costante
al guru sarete in grado di sviluppare
il sat guru, quel guru che risiede interiormente.
L'Hatha Yoga e il risveglio della Kundalini
Swami Satyananda Saraswati
Lezione tenuta durante il Seminario per Insegnanti di Yoga a Collbatò, Spagna
Lezione tenuta durante il Seminario per Insegnanti di Yoga a Collbatò, Spagna
La
scienza dello yoga non propone
nessuna grande sorpresa al mondo, ma dà all’uomo la speranza del risveglio del
potenziale dormiente in ogni individuo. Quando un uomo è immerso
nell’ignoranza, pensa e s’identifica solamente con la parte grossolana della
sua esistenza: il corpo, la mente e le emozioni. Viene quindi catturato dal
regno del dolore e del piacere. Sembra però, che la consapevolezza universale
sia ad una svolta e l’uomo gradualmente, si stia interessando maggiormente alla
scoperta della propria vera natura e ai mezzi per raggiungere quest’obiettivo.
Poiché
l’uomo è talmente abituato a identificarsi con il corpo e con la mente, fa
molta fatica a trascendere questo livello di consapevolezza e realizzare o fare
esperienza della sua consapevolezza più elevata. Come possiamo distogliere la
consapevolezza dalla natura inferiore e scoprire il collegamento con il sé più
profondo ed elevato? Solo attraverso il risveglio dell’energia spirituale
dormiente, della kundalini, possiamo
raggiungere questo scopo. Lo yoga
propone un metodo graduale e sistematico per il risveglio della kundalini, che è stato praticato e
perfezionato negli anni.
Secondo
le scritture, l’hatha yoga gioca un
ruolo molto importante nel risveglio dell’energia spirituale. Così come in
un’automobile deve esserci armonia tra il funzionamento dei freni,
dell’acceleratore, del volante, ecc., nel nostro corpo i vari organi devono
funzionare in armonia. Hatha Yoga
significa equilibrio tra le due forme principali di energia del corpo fisico.
L’armonizzazione
delle forze energetiche
Le
due energie sono quella lunare, rappresentata qui dalla sillaba ‘ha’ e quella solare, rappresentata dalla
sillaba ‘tha’. Dal punto di vista
della scienza moderna, l’energia lunare corrisponde alle funzioni mentali
dell’uomo ed è l’insieme dei processi di conoscenza, pensiero, ragionamento,
ricordo ed analisi. L’energia solare, invece, include il movimento, la
locomozione e la vita. I processi della respirazione, della digestione, della
secrezione, della circolazione e del concepimento sono tutti racchiusi nel
campo dell’energia solare.
Quando
c’è armonia tra le funzioni mentali e praniche del corpo, lo yoga fluisce senza ostacoli. Ma,
quest’armonia si ha raramente. Nella maggior parte delle persone predomina
l’energia solare o quella lunare. Un eccesso d’energia solare manifesta rajo guna e se predomina l’energia
lunare è presente maggiormente tamo guna.
Se l’energia lunare è debole e quella solare potente, si ha agitazione,
violenza e schizofrenia. Le persone sono voluttuose a causa di un eccesso
dell’energia solare. Al contrario, quando l’energia lunare è più potente,
l’uomo cade nei regni della depressione e della frustrazione. Perciò, se volete
armonizzare le due forze, dovete mantenere in equilibrio la frustrazione e la
depressione con l’aggressività e l’azione. Queste due energie del corpo fisico
sono note come la mente e la vitalità. Nella terminologia moderna le chiamiamo
sistema nervoso simpatico e parasimpatico e controllano il funzionamento di
tutto il corpo. Uno squilibrio tra questi due sistemi può portare
all’internamento in un ospedale psichiatrico o in carcere. Mentre un equilibrio
ha come risultato il risveglio delle energie più elevate.
La
purificazione delle nadi
Secondo
le scritture dell’Hatha Yoga, ci sono
72.000 nadi, o circuiti di flussi nel
corpo umano, che controllano tutte le varie funzioni fisiche. Di queste, ida e pingala sono le più importanti. Pingala
nadi trasporta l’energia solare o il flusso di prana shakti, mentre ida nadi
l’energia lunare o la shakti mentale.
Queste due nadi fluiscono all’interno
della colonna vertebrale, ida sul
lato sinistro e pingala su quello
destro. Nei vari centri lungo la colonna vertebrale, ida e pingala si diramano
verso i vari organi del corpo. Usiamo la centrale elettrica come esempio. I
cavi dell’alta tensione lasciano la stazione centrale e la corrente giunge alla
stazione di trasformazione, pronta per essere distribuita alle prese
domestiche.
Allo
stesso modo, ida e pingala conducono una portata elevata
d’energia verso i siti dei chakra,
dove è trasformata in un voltaggio inferiore. In questo modo l’energia mentale
e quella pranica fluiscono verso le varie parti del corpo. Quando le nadi non fluiscono liberamente, vi
sentite deboli mentalmente o fisicamente. A causa di un eccessivo e inutile
pensare, le nadi sono, generalmente,
deboli, impure e incapaci di condurre efficacemente la shakti pranica e mentale ai vari organi del corpo. Quindi, una
funzione importante dell’hatha yoga è
la purificazione delle nadi.
Oltre
a ida e pingala c’è un’altra nadi
molto importante che fluisce nel centro della colonna vertebrale. Essa è sushumna e conduce la forma più elevata
d’energia. Sappiamo che mentre ida e pingala conducono l’energia terrena, il
flusso d’energia di sushumna è di natura
cosmica. Mentre l’energia pranica e quella mentale sono finite, l’energia
cosmica di sushumna è infinita.
Perciò, l’obiettivo principale dell’hatha
yoga è di connettere questo corpo finito con quella sorgente infinita.
Così
arriviamo alla comprensione che l’hatha
yoga non è lo yoga fisico: è una
pratica elevata che si attua all’interno del corpo. La pratica dei sei kriya di pulizia, le asana, il pranayama, i mudra e i bhandha, tutti insieme dovrebbero essere
considerati lo yoga fisico.
Lo
scopo delle asana e del pranayama
Sebbene
le persone stiano utilizzando le asana
per il trattamento delle malattie, questo non è il loro scopo reale. È soltanto
un beneficio collaterale. Le asana di
yoga sono un’importante preparazione
per il kundalini yoga, in quanto
generano un blando risveglio dei chakra.
Quando vivevo con il mio guru, Swami
Sivananda, trascrivevo a macchina i suoi scritti sullo yoga. Quando egli scriveva che sarvangasana
risveglia vishuddhi chakra, bhujangasana manipura chakra e che la
pratica di sirshasana risveglia sahasrara, io non ci credevo. Pensavo
che tutto questo fosse un’assurdità, fino al giorno in cui Swamiji spiegò in
che modo viene esercitato un blando risveglio in ogni chakra mentre si praticano le posizioni.
Con
la pratica del pranayama creiamo la
corretta organizzazione dell’energia pranica nel corpo. Riforniamo di prana le aree in cui vi è carenza ed
equilibriamo gli eccessi in altre. Infatti, il termine pranayama letteralmente significa rifornire e bilanciare l’energia
pranica nelle varie dimensioni del corpo. Qualche volta, quando vi state
rilassando, il prana si trova nel
sistema digestivo, o quando state mangiando, il prana è nel cervello. Quando avete bisogno di prana in muladhara o in sahasrara, dovreste essere in grado di
rifornirli. Quando sedete in meditazione avete bisogno di un eccesso di prana nelle regioni elevate del cervello
e mentre mangiate avete bisogno di maggior energia pranica nel sistema
digestivo. Allo stesso modo, quando praticate yoga nidra o quando dormite, il vostro prana dovrebbe essere distribuito in tutto il corpo. Quando avrete
padronanza del pranayama, potrete
trasferire il prana verso ogni parte
del corpo.
Il
pranayama aumenta la vitalità ed
assicura un’ottima salute, ma è molto più di semplici esercizi di respirazione.
Mira a ‘disturbare’ la kundalini
addormentata. Nadi shodhana, bhastrika, kapalbhati, shitali e shitkari pranayama sono tutti modi per
raggiungere questo scopo.
Pranayama e mantra sono una combinazione molto
potente e si dice siano la vera definizione di yoga. Se avete un missile sulla cui testa si mette un’arma atomica,
esso diventerà il portatore di tale arma nucleare. Allo stesso modo, il prana è come un missile e il mantra è l’arma nucleare al suo apice.
Comprendere
il prana
Il
prana non è qualcosa che prendiamo
con l’aria che respiriamo: nasciamo con esso. Il prana si crea quando siamo nell’utero di nostra madre. L’universo
intero funziona grazie al prana. Se
non ci fosse prana, non ci sarebbe
esistenza e se il prana si ritirasse
dall’universo, si avrebbe la disintegrazione totale. Se volete capire cos’è il prana, dovete comprendere l’esistenza.
Quando non c’è esistenza, i prana
sono dormienti e quando i cosmi si formano, è grazie all’esplosione dei prana.
Il
prana ha due aspetti: il microcosmico
e il macrocosmico. Non vi parlerò del prana
macrocosmico perché è qualcosa che non si può capire; io non posso parlarne e
voi non sareste in grado di comprendere. Mentre l’aspetto microcosmico del prana universale è in me, in voi e in
ogni oggetto dell’universo, sebbene in una forma grossolana. Noi non siamo
capaci di pensare al prana nella sua
forma sottile ma esso è convertibile. Così come la materia è convertibile in
energia e l’energia nella materia, il prana
può essere convertito in azione e l’azione in prana. Quindi, nell’hatha
yoga la scienza del pranayama è
considerata suprema.
Connettere
ida, pingala e sushumna
Nel
corpo umano ci sono due centri vitali importanti. Uno è muladhara chakra, alla base della colonna vertebrale e l’altro è ajna chakra, all’apice della colonna. Ida, pingala
e sushumna sono emanate da muladhara e terminano in ajna. La kundalini addormentata risiede in muladhara e il suo percorso di ascesa è all’interno di sushumna nadi. A meno che non siete dei praticanti regolari
di yoga da diverso tempo, ida e pingala non sono in comunicazione con sushumna. Ma quando praticate trataka
e kapalbhati, esse sono connesse.
Quando questo collegamento è stabilizzato, l’energia più elevata fluisce in
esse.
Vi
farò un esempio. Nel vostro contatore elettrico domestico ci sono tre linee: una
positiva, una negativa e una neutra. Se rimuovete la linea neutra, le luci
immediatamente si affievoliscono. Anche se l’energia è condotta tramite la
linea positiva e quella negativa, la neutra è necessaria al mantenimento del
voltaggio elevato.
La
linea negativa è chiamata ‘linea fredda’ e quella positiva ‘linea calda’. Allo
stesso modo, ida nadi conduce
l’energia fredda, pingala quella
calda e sushumna è l’amplificatore,
il booster. Per risvegliare ajna chakra
e creare l’unione tra i tre conduttori d’energia nel corpo, dovete praticare shambhavi mudra. Semplicemente, chiudete
gli occhi e concentratevi sul centro tra le sopracciglia. Quando aprirete gli
occhi, cercate di guardare il centro tra le sopracciglia. Quando shambhavi mudra diverrà potente,
interiormente vedrete una luce.
Per
padroneggiare shambhavi mudra, dovete
praticare trataka. Trataka non è semplicemente fissare lo
sguardo su di un punto, sebbene all’inizio dovrete tenere gli occhi fissi su
qualcosa. In seguito, gradualmente, gli occhi diverranno concentrati al centro
tra le sopracciglia e shambhavi mudra
evolverà, portando ida, pingala e sushumna in unione, innescando il flusso dell’energia kundalini.
Quando
quest’energia inizierà a fluire, si farà esperienza di sintomi ben definiti. La
coscienza si manifesterà nella forma d’illuminazione. È un’esperienza psichica
nella quale vedrete lo sfavillio della luce. Potete chiamare quest’esperienza
rivelazione o illuminazione.
Molti
vedono i bagliori come un’esplosione di luce, mentre altri fanno esperienza
come di un crepuscolo che lentamente aumenta. Quest’illuminazione indica che ha
luogo l’unione di ida, pingala e sushumna. Questo è lo scopo ultimo dell’hatha yoga.
Il
prana e la kundalini
Quando
esaminiamo il significato assoluto dell’hatha
yoga, scopriamo che è l’unione di sushumna
con ida e pingala. In altri termini, è l’unione della forza pranica
macrocosmica con la forza pranica microcosmica. Quindi, la pratica dell’hatha yoga può portare alla destinazione
finale. Qual è la destinazione finale? Il risveglio del prana. E cos’è il prana? Prana e kundalini sono sinonimi. Il risveglio del prana è il risveglio della kundalini
e nel risveglio della kundalini unite
voi stessi con il prana cosmico.
La
kundalini è prana shakti microcosmica. Simbolicamente si dice sia un serpente,
ma potete pensarla in qualunque modo vogliate. Il prana non ha forma o dimensioni: è infinito. Il prana è l’esistenza e noi siamo tutti
esempi di prana. Ma, il nostro prana è di un voltaggio molto basso,
perciò occorre insegnare a tutta l’umanità come aumentare il voltaggio del prana.
Mandala: il simbolo della divinità
Swami Satyasangananda Saraswati
Le
scienze dei mantra, degli yantra e dei mandala sono intimamente intrecciate nella teoria e nella filosofia
del tantra. Il tantra è sia una filosofia sia una scienza pratica e le sue teorie
sublimi diventano efficaci tramite l’uso dei mantra, degli yantra e
dei mandala. Esamineremo i mandala dai quali sorgono la ricca arte
dell’iconografia tantrica, i templi, le arti, l’architettura e la musica.
Il
principio del mandala: la forma primordiale
Ogni
forma pittoricamente o visivamente creata all’interno della coscienza
dell’uomo, costituisce un mandala.
Per creare un mandala, dovete essere
in grado di guardare all’interno di voi stessi, non nella forma di un pensiero
ma di una visione tanto chiara come quando vedete il mondo con gli occhi
aperti. Più la vostra visione interiore sarà chiara, più accurato e potente
sarà il mandala che creerete.
Il
principio di base del mandala è che
si trova all’interno di un cerchio. Quindi, ogni mandala che visualizzate, deve
essere rappresentato all’interno della simmetria di un cerchio. Questo è il
motivo per cui il cerchio è considerato la forma primordiale. Anche la terra su
cui viviamo non è piatta ma rotonda, ellittica. La formazione di un mandala segue lo stesso principio della
luce esposto dalla scienza. Le onde di luce si muovono con un andamento curvilineo
nello spazio formando così, un arco, una curvatura. L’aura circolare è un
fattore essenziale di un mandala, e
questo è particolarmente evidente in tutti gli antichi mandala tantrici oggi esistenti.
Ogni
cosa può formare un mandala: un
albero, una casa, un’automobile, un animale, un essere vivente. Anche il vostro
corpo è un mandala. Se siete capaci
di visualizzare tramite ‘l’occhio interiore’, la forma che vedete di un
qualsiasi oggetto è molto precisa, anche più precisa di quella che potete
vedere con gli occhi aperti. Si può visualizzare lo stesso oggetto sia fuori
sia dentro, ma la differenza è che, quando lo si visualizza attraverso la mente
superiore, si ha una visione momentanea di ciò che sta dietro alla forma. In
questo modo avrete l’abilità di percepire molto di più che con gli occhi
esterni. Possiamo vedere un albero, una casa, un animale o un bellissimo
panorama e riprodurlo su una tela o un foglio. Ma questo è un mandala insufficiente, perché non siamo
in grado di vedere oltre l’oggetto. Non abbiamo percepito l’oggetto in una
dimensione lineare, o nella forma di un colore o di un suono. Pertanto, non
potrà trasmetterci nessun altro significato oltre a ciò cui è destinato ad
essere.
La
creazione di un mandala: la visione mistica
Per
creare un mandala che abbia potenza e
forza, è importante avere chiarezza interiore e abilità nel replicare la visione
interiore. Alcuni riescono a vedere chiaramente all’interno di sé stessi, ma
non sono in grado di ricreare esternamente quello che hanno visto. Questo,
spesso, è quello che distingue un buon artista da uno che non lo è. Entrambi
possono aver avuto la stessa visione interiore, ma differisce la chiarezza
della riproduzione. Un mandala è
l’essenza di un oggetto percepito da chi ha raffinato la propria visione
interiore; un’immagine cosmica interiore riprodotta affinché tutti possano
vederla.
Il
mandala che create dipende dal vostro
livello di consapevolezza. Più la vostra consapevolezza si evolve, più il mandala che creerete sarà universale. Un
mandala universale è quello creato da
una mente sintonizzata con la consapevolezza cosmica. Sarà, quindi, applicabile
e pertinente a tutta l’umanità; mentre un mandala
creato da una mente fissa al piano materiale avrà un richiamo universale
minore ed una minore capacità d’invocare i livelli superiori di consapevolezza
negli altri. Inoltre, certi mandala
sono creati da chi ha trasceso il piano materiale e sono rapiti da estasi
sopra-cosciente. Sono questi i mandala
che possono evocare l’esperienza spirituale negli altri e sono principalmente
questi ad essere utilizzati nel tantra.
Ogni
cultura e civiltà offre i propri mandala
e la qualità delle creazioni ci dà un’idea chiara del livello di consapevolezza
di quella società. Tutte le forme di arte, di scultura e d’architettura sono
creazioni di mandala immaginati negli
abissi della mente e poi riprodotti. Ecco perché il lavoro è così profondo e
riesce ad influenzare ed incantare generazioni di tanti secoli successivi.
La
differenza tra un mandala creato da
un artista e quello creato da un mistico è significativa. Un artista comunica
la sua esperienza interiore traducendola in un concetto legato al tempo e allo
spazio, perché la sua intuizione non è così profonda come quella di un mistico.
Solitamente trasmette solo le sue emozioni e non la verità metafisica. Un
mistico invece, va molto oltre le limitazioni della mente, delle emozioni e
dell’intelletto finiti. Pertanto, queste esperienze riguardano più
profondamente i concetti universali del cosmo.
Entrambi,
l’artista ed il mistico, esplorano e rappresentano verità interiori. Ma, mentre
un artista esprime la sua esperienza con il suo lavoro artistico, un mistico
continua a sviluppare un’esperienza dentro un’altra. Un mistico non mira ad
avere delle visioni interiori, ma a ciò che è oltre. Se un artista facesse la
stessa cosa, si trasformerebbe in un mistico. Pertanto, tutte le arti si basano
su un’esperienza divina interiore che ha la capacità di superare la prova del
tempo e continua ad esistere come idea immortale ed eterna.
In
India, tutte le forme di arte, di musica e di architettura sono profondamente
influenzate dalla visione spirituale del suo passato ancestrale. La musica
classica indiana, attraverso la combinazione di melodia, battute e ritmo, crea
un mandala che evoca una risposta
negli strati più profondi della consapevolezza. Le opere d’arte delle cave di
Ajanta ed Ellora, i famosi templi di Khajuraho, il tempio del sole di Konarak
in Orissa e milioni di altre opere sono, in effetti, dei mandala che influenzano profondamente la consapevolezza di chi li
guarda.
Quest’influenza
è sempre molto sottile ma precisa. Si può non sapere quale livello della mente
quel mandala esplora ed influenza. I mandala parlano alla mente subconscia e
a quella inconscia, e sono quindi in grado di risvegliare le visioni interiori.
È grazie a questo processo che gli strati profondi della mente iniziano a
manifestarsi.
Devi
e Devata: forze divine
Nel
tantra, i mandala sono stati raffigurati come rappresentazioni pittoriche
delle forze divine, simboleggiate come forme teriomorfe ed antropomorfe. Il tantra afferma che queste forme delle
divinità non esistono come entità oggettive in nessuna parte della stratosfera,
a presiedere sul nostro destino. Tuttavia, si sente la necessità di sviluppare
l’idea della divinità in una forma umana per renderla comprensibile alla
consapevolezza grossolana dell’uomo.
Il
tantra dice: “Come può un uomo,
incapace di vedere dentro di sé, essere in grado di visualizzare o di
sperimentare la realtà senza forma?” Non riusciamo nemmeno a fare esperienza o
ad essere testimoni dei nostri pensieri, figuriamoci della realtà superiore.
Così, sono state sviluppate le forme mandaliche delle devi e dei devata in elaborati
ed attraenti simboli. Così, alla fine, l’immaginazione grossolana della
divinità sarà trascesa e si svilupperà nell’esperienza della realtà senza
forma.
La
simbologia dei mandala delle devi e dei devata comprende una serie infinita di forme, colori e
raffigurazioni. Alcuni sono meravigliosamente belli, altri provocanti, alcuni
dolci e compassionevoli, taluni grotteschi e paurosi, talaltri indicano i
poteri divini e altri ancora i doni materiali. In ogni caso, la struttura è
elaboratamente dettagliata e designata ad evocare una risposta corrispondente
all’interno della consapevolezza dell’aspirante. Questa simbologia si basa
sulla struttura archetipa eterna dell’inconscio collettivo dell’uomo e questi mandala tirano fuori questi archetipi,
come un magnete attrae la limatura di ferro da un cumulo di diamanti.
La
concentrazione su un mandala
risveglia i samskara radicati
interiormente e ne rivela i misteri sconosciuti, nella forma di sogni, visioni
e azioni mentali. Non siete obbligati ad affrontare direttamente i samskara i quali non influenzano le
azioni nella vostra vita quotidiana. Verranno fuori durante la meditazione e
nei sogni. Questo è un modo per aggirare un terribile e spaventoso nemico
contro il quale non avete alcuna difesa. Questi mandala che sono sempre esteticamente e visivamente molto
accattivanti, sono in grado di catturare e di dare una direzione
all’immaginazione, che è il collegamento sottile con la mente più elevata.
Shiva-Shakti:
il campo dell’energia
Forse
il mandala più controverso che il tantra ha creato fino ad oggi, è il kriya del maithuna. Il kriya del maithuna forma un mandala che ha yantra e mantra corrispondenti. Le sculture
erotiche dei templi di Khajuraho e di altri templi in Orissa, si basano
interamente sul pensiero tantrico che maithuna
sia un atto tramite cui le energie divine possono essere invocate. L’uomo
rappresenta Shiva, la polarità positiva e la donna rappresenta Shakti, la
polarità negativa. Attraverso la loro esoterica ed essoterica unione, si crea
un campo o un circuito energetico che è il mandala.
Queste opere non denotano la passione carnale, ma l’unione al più alto livello
esoterico. È il parallelismo dell’unione dell’energia e della coscienza di
Shiva e Shakti.
Il
mandala del linga e della yoni è
anch’esso il simbolo di quest’unione elevata ed è per questo che è venerato in
India da secoli. Il linga rappresenta
ciò che è luminoso, mentre la yoni
simboleggia la fonte. Quindi, il linga
dovrebbe essere compreso come il simbolo della coscienza pura e la yoni come la fonte dell’energia e insieme,
formano le forze gemelle presenti dietro la creazione. L’uomo e la donna uniti
sul piano fisico rivivono l’esperienza dell’unità da cui sono scaturiti.
Quest’unità è un’esperienza interiore, così come un’esperienza spirituale è
un’esperienza interiore, e non c’è nulla di peccaminoso in essa. Oggi giorno,
comunque, la pratica di maithuna è
degenerata per lo più in un mero atto essoterico, a causa delle ammonizioni
imposte dalla religione.
Il
tantra, forse, è l’unica filosofia
che ha il coraggio di dirlo. Le altre rimangono in silenzio a riguardo, oppure
lo strumentalizzano con l’idea del peccato, in modo da indurre un senso di
colpa e di depravazione nell’uomo che lo fa. La colpa e la vergogna sono molto
difficili da espellere dalla coscienza. Rimangono con l’uomo per molto tempo,
controllano le sue azioni, la mente, la personalità e la vita. A meno che
l’uomo sia capace di rompere queste barriere, non può arrivare all’esperienza
più elevata. Per quell’esperienza deve sradicare la colpa e la vergogna.
Il
tantra afferma che maithuna non è un peccato, ma un atto di
adorazione che può aiutare l’individuo a trascendere la bassa consapevolezza;
un concetto a cui la maggior parte delle persone non crede a causa del
complesso di colpa e della vergogna. Così questa conoscenza è stata mantenuta
segreta e tramandata solo da guru a
discepolo, istituendo la tradizione di un mandala
eterno, perché la tradizione del guru
e del discepolo inizia e finisce allo stesso punto, il che significa che va
avanti in eterno.
Tattwa
Shuddhi: uno sguardo all’interno
La pratica di Tattwa Shuddhi è anch’essa abilmente organizzata come un mandala. Iniziamo la pratica ad un certo
punto dell’evoluzione e andiamo molto lontano nel Sé. Dopo aver seguito il
processo dell’evoluzione e dell’involuzione della creazione, ci ritroviamo di
nuovo al punto di partenza, come se quello che stiamo percorrendo fosse un
cerchio infinito; dalla nascita alla morte e poi di nuovo alla nascita. Quando
vedrete la realtà che è oltre la nascita e l’esistenza, sorgerà il desiderio
della liberazione, che vi spingerà alla scoperta dei mezzi per liberarvi da
questo circolo senza fine di causa ed effetto.
La
forma circolare della pratica di Tattwa
Shuddhi è uno schema, un’idea e una forza intenzionali. Questa forza è il
potere segreto del mandala, che
potrete comprendere solo se andrete alla sua ricerca, come un giovane uomo che
corteggia il suo primo amore. La pratica vi farà dare una rapida occhiata a
quel potere segreto, appena un colpo d’occhio e l’esperienza svanirà, tanto che
spesso non saprete nemmeno di averlo fatto. Tuttavia, l’effetto potrà essere
sentito nella dimensione sottile della consapevolezza, ed è quella la parte di
voi che il mandala cerca di
raggiungere.
Mantra,
yantra e mandala: l’armonia perfetta
Mantra, yantra
e mandala sono prodotti della
profonda visione interiore degli yogi,
dei rishi e dei ricercatori che hanno
indagato profondamente la natura del cosmo. Sono il prodotto degli elevati
stati d’illuminazione, di estasi ed esperienze spirituali. In questo stato
della mente, la consapevolezza trascende tutte le barriere e, quindi,
l’esperienza è chiamata ‘universale’.
Finché
rimarrete legati al tempo e allo spazio, le vostre esperienze saranno limitate
e relative soltanto a quella dimensione. Ma quando la trascenderete, non ci
sarà più religione, casta, credo e sesso. Allora la visione come potrà essere
limitata? Inoltre, in quello stato della mente sarete un tutt’uno con l’intero
processo della Natura e potrete comunicare con Essa. Tutte le visioni
diverranno parte della verità cosmica e quelle immagini seguiranno i codici e le
leggi rigide ed inerenti ad ogni processo della Natura. Questo è evidente nei mantra, negli yantra e nei mandala
tantrici che sono tutti in perfetta armonia ed equilibrio lineare e geometrico.
Nel sistema tantrico, ogni mantra, yantra e mandala è calcolato fin nei minimi dettagli. Se non soddisfa
l’esatta equazione matematica che ne definisce l’equilibrio, sarà inefficace ed
incompleto. Basta dare un’occhiata a qualche mandala o yantra per
verificarne l’equilibrio matematico. Questo è uno dei primi aspetti che attrae
l’attenzione.
Nel
sistema tantrico, il mandala
rappresenta la forma iconografica visiva della forza più elevata, lo yantra la forma astratta e il mantra quella sottile. Quindi, ogni mandala ha il proprio yantra e mantra corrispondenti e l’uno può essere sostituito dall’altro,
secondo il livello dell’aspirante, in quanto evocano lo stesso risultato. Le
varie deità rappresentano i differenti livelli di consapevolezza e sono scelte
su questa base.
Yantra e mandala
non devono mai essere scambiati per simboli religiosi, occulti, mistici o
misteriosi, ma vanno intesi come forze di energia altamente caricate che
possono invocare la stessa frequenza dentro di noi per espandere la
consapevolezza.
Satsang a Ganga Darshan
Swami Niranjanananda Saraswati
Potrebbe
spiegare le parole di Sri Swamiji: “Quando la madre si ritira, il guru arriva”?
Durante la Sat Chandi Maha
Yajna del 2003, Sri Swamiji disse che quando arriva la madre cosmica, il ruolo
del guru è terminato. Quando la madre
se ne va, il ruolo del guru riprende.
Questo è molto logico. Lo scopo di un guru
è di portare il discepolo di fronte alla divinità, o alla natura trascendente,
o a Dio, o al Sé supremo.
Il guru non dovrebbe essere visto come una persona con un corpo
fisico, ma come il rappresentante della qualità e dell’energia che ispira e
motiva ognuno di noi nell’arrivare ad avere una visione della natura
trascendentale che è contenuta all’interno di noi e di cui facciamo parte. La
confusione si ha quando ci identifichiamo con il guru a livello fisico. Ci chiediamo, allora, perché il maestro con
il quale ci siamo identificati è fisicamente assente durante un evento. Ma questa,
è una nostra incomprensione perché il guru
non è il corpo fisico.
Dopotutto, quando Sri Swamiji
stesso si presentò nell’ashram del
suo guru Swami Sivananda a Rishikesh,
era una persona ordinaria ma con la grazia del guru insieme alla convinzione, dedizione ed abbandono da parte sua,
divenne luminoso. Il guru tattwa si
manifestò in lui. Quindi, vi connettete con lui per il corpo fisico, oppure per
quella shakti, il guru tattwa, che è in lui? Se vi connettete
per il corpo, perderete tutti i segreti della vita spirituale. Ma se vi
connettete per l’essenza che egli rappresenta, non farà differenza che sia lì
fisicamente oppure no. Per un aspirante spirituale, per una persona che è
sincera nel seguire il percorso spirituale, è necessario identificarsi anche con
la qualità, la natura del guru che
ispira, motiva e guida tutti noi.
Il guru tattwa, la guru shakti,
è responsabile dell’elevazione della mente umana dal piano materiale di base ai
piani spirituali e trascendentali più elevati. Questo è il ruolo del guru. Il ruolo del guru non è sedere davanti a voi fisicamente, benedirvi e darvi la
grazia. Questo è il compito dei pontefici non dei guru. I guru sono
scintille. Swami Sivananda creò una scintilla in Sri Swamiji, la materia era
buona e prese fuoco. Il guru crea
delle scintille all’interno di noi, ma la materia non è buona e noi non
prendiamo fuoco. Qualche volta la nostra materia è molto bagnata a causa delle
frustrazioni, delle tensioni e dell’ansia, quindi c’è molto fumo e niente
fuoco. Qualche volta siamo fatti di una materia che non prende fuoco, come un
sasso. Qualche volta siamo di materia che può prendere fuoco e bruciamo.
Secondo un detto: se Dio e il guru sono entrambi in piedi davanti a
voi, a chi si deve rendere omaggio per primo? La risposta è al guru, perché è tramite lui che avete
raggiunto Dio. Dio è il secondo, non il primo. Dobbiamo capire cosa sta facendo
Sri Swamiji secondo questo spirito. Sta elevando il livello della nostra
consapevolezza, della nostra coscienza, facendoci vivere lo yoga, non praticare yoga.
Ci sono due tradizioni: una è
praticare yoga, l’altra è vivere lo yoga. Entrambe sono molto forti. Il
saggio Patanjali è ritenuto il codificatore
dello yoga. Descrive il processo
dello yoga come l’essere preparati a
ricevere la coscienza più elevata. Ma dopo che vi sarete preparati per ricevere
quell’energia, quella grazia elevata, arriva lo yoga di Swami Sivananda che consiste nel fare esperienza e nel
manifestare quella qualità, quella grazia, quell’abilità, creatività e
chiarezza cha avete sviluppato con la pratica di yoga. Il saggio Patanjali
tratta degli otto stadi dello yoga
come pratica. In seguito, anche Swami Shivananda parla dell’ottuplice sentiero
dello yoga, ma come il vivere
l’esperienza dello yoga. Quando
vivremo l’esperienza dello yoga, la
nostra consapevolezza si eleverà.
Prendiamo come esempio la radio.
Appena l’accendete, sentite molti rumori elettrici e incomprensibili, ma
spostando il sintonizzatore verso una stazione specifica i rumori diminuiranno
sempre di più. Qualche volta, quando andate vicino ad una stazione, c’è un
suono acuto, come se tutti i suoni si fossero fusi e divenuti un unico suono ad
alta frequenza. La frequenza sarà sempre più alta fino a divenire
impercettibile, allora sarete arrivati alla stazione e potrete ascoltare la
musica.
Questo è il processo dello yoga. Quando accendete la radio e
sentite tutti i rumori elettrici ed incomprensibili, quella è la vita normale.
Le chitta vritti sono attive. Non c’è
sintonia, focalizzazione, chiarezza: è lo stato in cui siamo adesso. Ma poi
iniziate a muovere la manopola della radio per sintonizzarla. Lo scopo della
sintonizzazione è di abbassare le frequenze in modo che le parole, i suoni, la
musica possano essere uditi chiaramente. Questo è l’eliminazione, la rimozione
e la focalizzazione. Entrambe avvengono nello stesso momento. Con la pratica di
yoga vi muovete attraverso gli stati
di pratyahara e di dharana e, gradualmente, riducete i
suoni elettrici ed incomprensibili. Poi tutti si fonderanno in un unico suono e
sentirete come un fischio ad alta frequenza. Questa è la meditazione, dhyana, dove tutto è fuso ed emerge in
un suono a frequenza elevata. Quando la frequenza sarà sempre più elevata fino
a diventare impercettibile, lo stato di dhyana
si convertirà in samadhi. Fino a
questo punto c’è lo sforzo umano. Passato questo punto trovate la stazione e
potete iniziare ad ascoltare la musica. Questo è vivere l’esperienza, perché
qui non c’è focalizzazione, concentrazione, meditazione, ma state ascoltando
l’intero spettro dei suoni, della musica, delle parole, in armonia. Questo è
vivere lo yoga.
Questo è il movimento dello yoga. Ad ogni stadio, man mano che
evolviamo, progrediamo sempre più. La mente, le sensazioni, le emozioni e i sentimenti
si raffinano sempre più diventando più nitidi e creativi. Con questo
raffinamento sorge una nuova percezione. Si fa esperienza di una nuova
comprensione, di una nuova visione e di un nuovo stato della mente. Questo
stato della mente è noto come saumyata,
la mente serena. Non c’è un termine inglese che possa tradurre saumyata. Quello che più si avvicina è
serenità, o saggezza equilibrata, stitha
prajna, di cui Krishna parla nella Bhagavad
Gita. È in questo stato di saggezza equilibrata, saumyata o stitha prajna,
che ci si connette con le realtà più elevate.
Così come in samadhi ci si connette con le realtà più
elevate, allo stesso modo con il risveglio, la trasformazione e la
purificazione della mente, si ha la consapevolezza e l’esperienza di quel Sé
supremo. Quest’esperienza del Sé supremo va mantenuta. L’esperienza del Sé supremo
si estende a tutti gli aspetti della vita, ai karma, alle azioni, al comportamento e all’atteggiamento. Crea un
campo energetico intorno ad una persona, ad un luogo e quando si entra in quel
campo ci si sente toccati, ci si sente differenti e allo stesso tempo felici,
in pace e tranquilli. L’esperienza intellettuale che si fa tramite buddhi, di fronte ad un maestro, esperienza
di pace, serenità, controllo, equilibrio ed armonia è solo la comprensione
esterna di un processo sottile che interessa la consapevolezza e la psiche a
livelli profondi. Questo processo sottile deve essere sviluppato per diventare
il recipiente dell’energia cosmica e fare così esperienza della natura
trascendentale interiore.
Il ruolo del guru è di portarvi a quel livello. Una
volta che ci sarà la connessione con il Sé supremo, la funzione, il ruolo del guru sarà terminato. Poi dovrete
diventare quella luce. Dovrete fare esperienza di quella natura elevata. In
seguito, quando tornerete di nuovo al piano materiale a causa della mente e
delle limitazioni del sé, il guru
tornerà e vi dirà: “Ok, ora dovrai fare questo, quello e quest’altro per
superare le tue limitazioni e prendere il volo.” Quindi, quello che Sri Swamiji
ha detto durante la yajna è la
verità. Chi ha orecchi per intendere ascolti e chi ha occhi per vedere guardi.
3
Dicembre 2003
Swamiji,
tu sei il mio guru. Sebbene questa è
solo la seconda volta che ti vedo, sento una profonda attrazione ed è come se
t’avessi conosciuto già in passato. Come può succedere questo?
La vita è un gioco di
emozioni, di affetti e noi siamo legati gli uni agli altri grazie a queste
emozioni ed affetti. Alcuni esprimono delle qualità più di altri e possono
collegarsi con qualcuno a livello emozionale e trovare il supporto che li nutre
e li sostiene emotivamente.
Sono i vostri sentimenti,
sensazioni ed emozioni che creano il legame tra voi e me. La stessa cosa,
naturalmente, accade anche al contrario. La prima volta che mi vedete potrei
non piacervi affatto. Ci sarebbe una reazione differente. Allora, potrebbe
sorgere la domanda: “Perché ti odio a prima vista? Siamo stati nemici in
passato?” Queste domande non hanno nessuna rilevanza, perché tra noi vi è una
relazione attraverso le emozioni e gli affetti. Se si rimuovessero l’emozione e
l’affetto non ci sarebbe nessun collegamento tra voi e me, o tra chiunque altro.
Se avete un’emozione positiva, coltivatela.
C’è un’applicazione positiva e
una negativa, dannosa, dei sentimenti, delle emozioni e delle forze che tutti
noi abbiamo. Dobbiamo coltivare ciò che è positivo ed elevante. Invece di
rimuginare su ciò che è restrittivo, negativo e cattivo, coltivate quello che è
positivo, buono e cercate di pensare di più a queste cose. Perché pensare a
fare del bene, a sentirsi bene e a fare esperienza del bene?
La bontà deve essere compresa
in modo pratico. È nella natura umana essere cattivi, non buoni. Ogni attore vi
dirà che è molto facile interpretare un criminale. Interpretare il ruolo di un
buono non viene spontaneo, occorre prepararsi. Diventare buoni ed essere buoni
può creare molte difficoltà pratiche e, quindi, bisogna essere molto attenti ed
imparare a gestire la bontà.
La bontà può essere gestita
solo se la struttura della mente è stata sviluppata nella misura in cui risulta
allineata con le qualità positive e creative. Ciò si ha con la pratica di yama e niyama. Praticando yama e
niyama, impariamo come comprendere,
applicare e fare esperienza della bontà nella nostra vita.
Applicare e fare esperienza
della bontà nella nostra vita è noto come tapasya.
Tapasya non è l’austerità o
l’autopunizione. Tapasya è la
trasformazione del sé interiore per fare esperienza e vivere la qualità della
bontà. Quando saremo in grado di esprimere creativamente questa bontà
interiormente, avremo una connessione con chiunque ci circonda, che sarà di
supporto e ci eleverà interiormente. Se questa connessione non c’è, niente
attrarrà la nostra attenzione. Le nostre motivazioni ed ispirazioni saranno
dissipate e perderemo interesse.
Quindi, la domanda non
riguarda voi o me. Riguarda come poter sviluppare e mantenere quella buona
sensazione ed energia che lega fortemente guru
e discepolo, e che può agire anche come trampolino di lancio per scoprire
dimensioni nuove e più elevate nella vita. Questo è sambandh, la connessione, l’interazione armonica.
3
Dicembre 2003
Quando
un discepolo fallisce un obiettivo e chiede al guru cosa fare e il guru dice
che la decisione è la sua, cosa dovrebbe fare, visto che si sente troppo
perplesso e confuso per prendere una qualsiasi decisione?
La faccenda è molto semplice
ma la risposta non lo è. Quando le persone domandano qualcosa al guru, chiedono come poter fare questo o
quello. Fino ad un certo punto va bene, ma arriva un momento in cui i propri sadhana e pratiche dovrebbero portare ad
una fase in cui s’inizia a manifestare la propria saggezza, discriminazione, viveka e vairagya. Quando la discriminazione e la saggezza diverranno
fulgidi, troverete le soluzioni ad ogni problema. Il problema è che gli esseri
umani pensano solo con una parte della mente che confronta ed analizza sempre
le situazioni, i bisogni e le interazioni con l’idea o il pensiero sottile di ‘cosa ottengo in questo modo?’
La nostra natura, la nostra
personalità, è oggetto di piaceri e dispiaceri. Le cose che piacciono ci danno
l’esperienza di felicità, piacere, gioia, soddisfazione ed appagamento. Ciò che
non piace è doloroso. Verso ciò che non piace c’è il rifiuto. Il piacere ed il
dispiacere, noti nella terminologia yogica come raga e dwesha, attrazione
e repulsione, rappresentano la natura che controlla la mente umana. Quando raga e dwesha controllano l’espressione della mente umana, ogni cosa che
pensiamo, pianifichiamo o desideriamo sarà sotto l’influenza del piacere e del
dispiacere. In questa condizione mentale, né il guru e né Dio può darvi saggezza. Se i vostri piaceri e dispiaceri
sono predeterminati, nemmeno le parole di Dio possono fare la differenza,
perché non siete in uno stato di accettazione. Quindi, in casi come questo, il guru vi dice di decidere da soli quale
dev’essere lo scopo e la focalizzazione nella vostra vita, perché sa che il suo
suggerimento non verrebbe accettato.
Questo è applicabile a tutti.
Il guru guiderà solo quelle persone
che hanno una fede implicita; quelle persone sono sotto la mia responsabilità.
Perciò, le qualità del discepolo sono molto più importanti delle istruzioni del
guru. Non è importante che il guru vi dica qual è lo scopo della
vostra vita, o volere dal guru le
soluzioni ai problemi. Questo è secondario. È importante coltivare le qualità
di un discepolo nella vita.
Se una persona è un vero
discepolo, riceverà la guida del guru
ad ogni passo lungo la via: a volte sarà fisica, a volte mentale, a volte
psichica e a volte solo delle parole che si sentono in meditazione. Ma se
questa consapevolezza, questo livello di accettazione e di abbandono non ci
sono, se la relazione con il guru è
intellettuale e orientata all’appagamento, allora è meglio trovarsele da soli
le soluzioni nella vita.
5
Agosto, 2002
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