lunedì 21 dicembre 2020

Yoga Panorama n.4, anno 2020

 


Indice:



Lo Yoga e gli Occhi

 


    Sannyasi Prabhavananda, New Zealand

Nel sistema Satyananda Yoga – Bihar Yoga, gli esercizi per gli occhi sono insegnati per una buona ragione, in quanto gli occhi hanno un ruolo importante nel movimento. Il movimento di ogni globo oculare è controllato da sei muscoli oculari. Di tutti i sensi, gli occhi forniscono le maggiori informazioni sensoriali al cervello. Tramite gli occhi si diventa consapevoli dell’ambiente.

C’è una forte connessione tra gli occhi e i muscoli del collo. Quando si guarda da un lato, la testa, in realtà tutto il corpo, si prepara per muoversi in quella direzione. Si può fare esperienza che vi è una connessione tra il palmo di ogni mano e la regione del collo. Mantenendo la testa ferma, mentre si muovono gli occhi da un lato all’altro e su e giù, si può trovare riscontro nel palmo della mano per rilevare come i muscoli del collo rispondono al movimento degli occhi.

La postura corretta

Si può praticare il movimento degli occhi indipendentemente dalla testa. Questo è particolarmente utile quando si svolgono le attività quotidiane, come nell’uso dei dispositivi digitali – smartphone, computer portatile e fisso – dove si tende a guardare verso il basso e tutto il corpo tende ad assumere uno schema curvo in flessione. Di conseguenza può diminuire il sostegno delle ossa dell’ischio e la respirazione diventa più superficiale, poiché il muscolo del diaframma ha meno spazio per espandersi.

Al fine di far muovere gli occhi in maniera indipendente, la testa si dovrebbe muovere, idealmente, dalle prime due vertebre della colonna vertebrale, la C1 e la C2, mentre la parte inferiore del collo dovrebbe rimanere passiva. Due sono i requisiti necessari per rendere questo possibile.

Il primo è trovare un supporto scheletrico dinamico stando seduti. Da un lato il bacino appare come un triangolo rivolto verso il basso. Trovare il supporto sulle parti appuntite del bacino, nella zona inferiore del bacino stesso (le ossa dell’ischio), consente di sedersi in posizione eretta con facilità. Quindi, l’osso del coccige punta verso l’alto, accentuando l’inclinazione in avanti del bacino. Questo crea stabilità nella naturale curvatura in avanti della parte bassa della schiena, assicurando una posizione eretta della colonna dorsale, dalla parte bassa alla testa, con il minimo sforzo muscolare.

Il secondo aspetto auspicabile è che la mandibola possa muoversi liberamente. La mandibola si connette con il cranio nella regione delle orecchie. Allentare la mandibola praticando la posizione del leone che ruggisce, aumenta la capacità della testa di muoversi liberamente. Ciò consente alla testa di mantenersi in equilibrio sulla parte superiore del collo, in modo che il busto possa rimanere in posizione eretta mentre gli occhi guardano liberamente in qualsiasi direzione. Quando si muove la testa con la parte bassa del collo, gli occhi tendono a chiudersi. Quando i bulbi oculari sono fissati all’interno delle orbite, si perde la capacità di muoversi liberamente.

Gli occhi e le asana

Gli occhi possono essere usati anche per assumere un’asana, poiché il cervello organizza i movimenti in schemi, piuttosto che come attività muscolare singola. Usando consapevolmente gli occhi, è possibile impegnare il corpo in un’asana. Questo ha il vantaggio che la domanda, sia a livello muscolare che scheletrico, venga distribuita più uniformemente su tutto il corpo. La zona toracica, dove si attaccano le costole, è stimolata a divenire più attiva. Aree come il collo e la zona lombare che, spesso sono abusate nell’uso, hanno l’opportunità di recuperare e di guarire.

Si possono usare gli occhi anche per tonificare i muscoli quando si mantiene un’asana di torsione, sia in piedi sia da seduti, tenendo la testa e il tronco fermi e muovendo gli occhi, lentamente, nella direzione opposta. Quando si guarda da un lato, i muscoli del collo preparano la testa a girarsi in quella direzione. I muscoli degli occhi e quelli del collo si muovono nella stessa direzione in modo coordinato. Muovendo gli occhi nella direzione opposta rispetto alla posizione della testa, i muscoli del collo devono lavorare di più. Nel procedimento, i muscoli del collo sono tonificati e i movimenti diventano più fluidi ed efficienti.

Il cervello apprende riconoscendo le differenze e le relazioni. Muovere gli occhi e la testa in direzioni opposte, richiede un’elevata organizzazione ed attenzione. In ciò che è insolito e non familiare, il cervello diventa consapevole della forte influenza che hanno gli occhi sul movimento. Quando occhi e testa si muovono di nuovo nella stessa direzione, si scopre che la qualità e il grado di movimento sono migliorati e incrementati.

Guardando in avanti, si può mantenere una focalizzazione rilassata sull’orizzonte, rispetto a quando si muove la testa da un lato all’altro, o su e giù. La stessa cosa può essere fatta sdraiandosi sulla schiena e guardando dritto verso il soffitto, mentre la testa si gira da un lato all’altro. Questo ha il vantaggio che il cervello riceve una stimolazione aggiuntiva, tramite il contatto con il pavimento.

Gli occhi giocano un ruolo molto importante nel mantenimento dell’equilibrio. Si può fare esperienza di questo quando si assume un’asana di equilibrio. Quando gli occhi sono chiusi, ci si affida di più ai recettori articolari per mantenere l’equilibrio. I recettori articolari forniscono l’informazione su dove si è nello spazio, e sulla direzione e velocità del movimento. Il cervello usa la periferia del campo visivo per orientare e mantenere l’equilibrio.

A causa del moderno stile di vita e dell’uso dei dispositivi digitali, le persone tendono ad usare solo la parte centrale del campo visivo. Come risultato il cervello è privato dell’informazione visiva proveniente dal campo periferico che è essenziale per il mantenimento dell’equilibrio. Si può praticare lo spostamento dalla visione focalizzata a quella periferica, estendendo le braccia con i pollici rivolti verso l’alto. Muovendo lentamente le mani e le braccia e riaccompagnando e seguendo il movimento dei pollici, si offre agli occhi l’opportunità di ristabilire la consapevolezza del campo visivo periferico. Usare consapevolmente gli occhi nelle varie asana può portare più sollievo e comodità, aumentando così l’ampiezza del movimento e la capacità di rilassarsi nella posizione.

Tratto da: http://www.biharyoga.net/bihar-school-of-yoga/jan-2017

Accettazione

 

Swami Niranjanananda Saraswati

Uno stato d’animo di leggerezza e felicità riflette uno stato della mente umana noto come accettazione. Ultimamente si parla molto nella società, nei circoli politici e sociali e nei media, della crescente intolleranza e non-accettazione delle persone. L’intolleranza e la non-accettazione iniziano quando non ci si identifica con le altre persone, ma solo con sé stessi. Intolleranza è un’espressione egoistica, auto-orientata e auto-motivata.

Un bicchiere di latte

La tolleranza è il primo passo e l’accettazione è quello finale. Potete tollerare qualcuno e non accettarlo. Tuttavia, quando poi lo accettate non ci sarà più nulla oltre quest’accettazione. Quando vostro figlio urla, lo tollerate o lo accettate? Quando un altro bambino urla, lo tollerate o lo accettate?

La cultura umana generalmente è basata sull’evoluzione, sul progresso e la crescita nella dimensione materiale secondo i principi di tolleranza e accettazione.

Se la società fosse tribale e tutti noi fossimo isolati, governati da intolleranza e non-accettazione, l’umanità a questo punto sarebbe già morta. Non saremmo sopravvissuti. Tribù, gruppi e culture differenti erano soliti integrarsi quando necessitavano di supporto e aiuto. Tolleranza e accettazione sono sempre state le basi per la crescita e il progresso della civiltà umana.

Quando i primi parsi, persiani, vennero in India, sbarcarono sulle coste del Gujarat. Inviarono una richiesta di asilo al re e chiesero un posto dove poter vivere. Il re mandò loro un bicchiere di latte e disse al loro messaggero: “Dai questo al tuo capo”. Il capo dei persiani guardò il bicchiere di latte, prese dello zucchero e lo mescolò. Poi disse: “Riportalo al re”. Il re ricevette il bicchiere, assaggiò il latte e disse: “Siete i benvenuti”.

Fu un atto semplice, ma in questo episodio il bicchiere pieno di latte rappresenta l’affermazione: “Non c’è posto per voi qui. Siamo già al completo.” Tuttavia, i persiani misero un po' di zucchero, lo miscelarono e dissero: “Non ti preoccupare. Ci integreremo e ci accetterete. Diventeremo una cosa sola”. E così accadde. Divennero un tutt’uno e lo sono ancora oggi. Questa è accettazione, non tolleranza.

Fare attenzione al campanello d’allarme

Accettazione è quando si diventa un tutt’uno con un’idea, un ambiente, dei pensieri e con tutto ciò che permette di crescere. La mancanza di accettazione indica il contrario, toglie il sostegno alla crescita. L’accettazione crea le basi per la crescita.

La tolleranza vi dà la possibilità di riconoscere la vostra individualità. Riconoscendo la propria individualità i due soggetti rimangono due. Con l’accettazione, le due individualità separate diventano una.

Ogni volta che c’è stato un conflitto, è stato creato dalla mancanza di tolleranza e non-accettazione. Questa è una chiara indicazione del fatto che la tolleranza e l’accettazione portano all’armonia. Nello stato di armonia ci sono le migliori opzioni e opportunità per le persone di focalizzarsi sulla propria crescita, progresso e sviluppo. In caso di conflitto è difficile trovare il proprio equilibrio, poiché si combatte su molti fronti per ottenere la gratificazione mentale, ideologica, economica o qualsiasi altra gratificazione si cerchi.

Uno stato d’animo leggero e felice è un indice di accettazione. Nello stato di non-accettazione non c’è né sentimento né gioia nella vita. Le persone semplicemente guardano gli altri. Nella non-accettazione c’è separazione e non-partecipazione. Nell’accettazione c’è totale fusione.

Pertanto, l’idea è di osservare la rigidità della mente e la natura della mente. Ogni volta che attraversate qualche situazione in cui vedete sorgere l’intolleranza e la non-accettazione, dovrebbe suonare un campanello d’allarme nella vostra testa e dovreste dirvi: “Non sono sulla strada giusta, non sono sulla strada giusta.”

- 8 Novembre 2015, Ganga Darshan, Munger

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/2010s/2016/haug16/accept.html


Il ruolo dello Yoga nel Migliorare la qualità della Vita

 

Swami Niranjanananda Saraswati

Qual è il ruolo dello yoga nel migliorare la qualità della vita? Non potrà mai esserci una risposta definitiva a una domanda del genere. Ognuno di noi dovrà trovare la propria risposta, nel proprio spazio, in piena sintonia con la risposta potendola applicare alla propria vita.

Karma: il libero arbitrio crea il destino
Prima di tutto dovremmo chiederci: “Come percepisco la vita?” Dal punto di vista yogico, la vita e la creazione sono un’interazione di karma. Ogni essere che entra in questa creazione in una qualsiasi forma, insetto, uccello o essere umano, è soggetto alla legge del karma. Il karma è il fattore decisivo della vita. Nel terzo capitolo della Bhagavad Gita, Sri Krishna afferma che il karma è il cardine della creazione. Il karma inizia nel momento del concepimento. La crescita del feto nell’utero è un processo karmico. La nascita è un processo karmico. L’attuazione delle capacità intellettuali e creative nella vita è una manifestazione del karma. Il karma può provenire dal passato; il karma può diventare il futuro; ed è sempre qui, nel presente. Il nostro ruolo in questo campo del karma è egocentrico e orientato verso noi stessi: siamo consapevoli solo di noi stessi.

Il termine karma evoca l’idea di causa ed effetto. Ogni condizione nella vita, che sia di piacere o di dolore, evocherà una risposta personale. Che tipo di risposta sarà dipende dall’intensità del karma, che a sua volta dipenderà da che tipo di attributo o guna innesca all’interno dell’individuo. Una persona che considerate vostro nemico o avversario può rimanere tale per quasi tutta la vita, fino al momento in cui uscirete di scena la considererete un nemico.

I dolori e i piaceri della vita non sono altro che le nostre risposte alle condizioni che esistono già intorno a noi. Anche la necessità o il desiderio della ricerca della felicità è una risposta a un condizionamento. A volte questi condizionamenti possono essere visti, analizzati e compresi; a volte agiscono come correnti sotterranee, che sono inconsce, invisibili e sottili.

Ciò che possiamo percepire e comprendere, possiamo gestirlo facilmente. Queste condizioni rientrano nell’ambito della comprensione intellettuale e possiamo cercare di trovare dei modi per superarle. Ma ci sono certe condizioni, che sono invisibili, ma che dominano l’intero comportamento ed espressione della nostra personalità, e che non siamo in grado di gestire o di controllare. Quando incontriamo questo tipo di situazioni, diciamo: “Oh, deve essere per il mio karma che devo affrontare tutto questo”. Quando qualcosa non viene compreso, perché proviene da un’influenza invisibile, sconosciuta e persino incontrollabile, lo chiamiamo karma. Ciò significa che, visibile o invisibile, c’è sempre qualche influenza che ci governa: la nostra natura e personalità, i nostri pensieri, espressioni, atteggiamenti e comportamenti. Quindi non stiamo parlando solo di come traiamo felicità da ciò che facciamo, perché questo è molto limitato se confrontato con l’intera dimensione dell’esistenza karmica.

Se vincete una lotteria diventate euforici, e vi rattristate se perdete qualcosa. La depressione o l’ansia di perdere qualcosa o qualcuno, come un lavoro o un amico, vi influenzerà solo per un limitato periodo di tempo, non per tutta la vita. Queste gioie e queste ansie rappresentano la consapevolezza momentanea della vostra partecipazione e coinvolgimento nelle condizioni esterne che continuano a influenzarvi anche quando non ne siete consapevoli.

Se pratico meditazione potrei essere felice per un po’, finché sarò in grado di dimenticare le mie difficoltà, ma ciò non indica che mi sono evoluto nella meditazione.

Piuttosto dovremmo riflettere sulla questione, non solo dalla nostra personale prospettiva, ma da una comprensione più ampia di come noi come esseri umani, come creature di Dio nella Sua creazione, funzioniamo, e da quali principi siamo guidati.

Gestire il karma con yama e niyama
Patanjali parla di un sentiero di otto stadi nello yoga: yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e samadhi. Quando Patanjali codificò lo yoga, i bisogni in quell’ambiente erano differenti dai bisogni nell’ambiente odierno. A quei tempi, le persone non avevano accesso a televisori, automobili, telefoni cellulari o computer. Vivevano una vita semplice, primitiva nei termini della società, ma sattvica dal punto di vista yogico.

In quello stato più naturale, dove la personalità era sattvica, incontaminata dai bisogni di lusso e comodità, l’approccio alla psicologia e allo yoga non avveniva attraverso il corpo, ma tramite il raffinamento delle espressioni mentali e del comportamento. Patanjali mise yama e niyama rispettivamente come il primo e il secondo componente dello yoga perché è con questi che si inizia a raffinare le espressioni mentali. Dopo si passa alla pratica delle asana, che è il terzo stadio. L’affermazione di apertura degli Yoga Sutra è: “Yoga chitta vritti nirodhah”, che si riferisce al raffinamento delle espressioni mentali.

Tuttavia, nell’ambiente del giorno d’oggi, dove abbiamo adottato una mente materialistica e ci siamo identificati principalmente con i bisogni del corpo, asana e pranayama sono diventati molto importanti per noi, quindi pratichiamo per prima cosa asana e pranayama. Poi ci sono pratyahara e dharana che sono importanti per gestire le frustrazioni della mente. Solo una volta che c’è una parvenza di controllo sulla mente possiamo iniziare a pensare a come realizzare cambiamenti qualitativi nella nostra vita attraverso yama e niyama.

La trasformazione attraverso yama e niyama
L’adozione di yama e niyama diventa quindi una parte della trasformazione meditativa che sperimentiamo attraverso lo yoga. Consideriamo i cinque niyama. Nella meditazione si sperimenta la purezza, shaucha; la contentezza, santosha e l’autoanalisi, swadhyaya. La meditazione diventa un processo di purificazione di sé stessi da tutta la spazzatura accumulata nel tempo, che è tapasya. La meditazione diventa uno strumento per imparare a lasciar andare e arrendersi, Ishwara pranidhana. La meditazione diventa uno strumento anche per vivere i cinque yama, per vivere la verità, satya. Con questa purificazione della natura, l’intensità della violenza retrocede dalla personalità e ciò si riflette dal seguire ahimsa. Asteya, non rubare; aparigraha, vivere semplicemente e non essere possessivi, e brahmacharya, tenere sempre a mente l’obiettivo più elevato, diventano naturali e spontanei.

Il mettere in atto yama e niyama è ciò a cui aspiriamo nella pratica del karma yoga, del bhakti yoga e del jnana yoga. Satya, verità, non può essere parte di noi finché non ci siamo stabilizzati nel jnana yoga. Jnana yoga significa applicare la saggezza in modo che non ci sia falsità; c’è solo la verità. Allo stesso modo, ahimsa non può essere parte di noi finché non ci siamo stabilizzati nel karma yoga. Quindi yama e niyama sono pratiche complementari agli altri yoga, e quando iniziamo a viverli, ci muoviamo in una consapevolezza meditativa che è continua e costante, e non solo fugace. È lo stesso senso di continuità e ordine che ora dobbiamo applicare nella nostra vita.

Dopo aver praticato asana, pranayama, pratyahara e dharana, vi sentirete liberi nel corpo, più rilassati, con maggior vitalità e concentrazione. Invece di provare solo a meditare, applicate il vostro apprendimento e tornate al primo gradino di Patanjali, che è quello di adottare yama e niyama. È a questo punto che smetterete di essere un praticante di yoga e diventerete uno yogi. Chiunque pratichi un po' di medicina può essere chiamato medico, ma in realtà per qualificarsi tale è necessaria una formazione specifica. In maniera simile, per diventare uno yogi, occorre questo specifico allenamento all’interno delle maglie di yama e niyama per prepararsi a dhyana e al samadhi. Questo è l’approccio che occorre adottare per poter praticare yoga nella vita di oggi.

Gestire il karma con sanyam
Il secondo punto nella gestione del karma che condiziona la nostra vita è sanyam. Sanyam può essere usato come mezzo per vedere quanto siete progrediti. 

Sanyam significa moderazione, guida controllata o prendere il comando. I cavalli selvaggi corrono ovunque, ma una volta addestrati, potrete cavalcarli e obbediranno ai vostri ordini.

Il primo componente è il controllo sulla parola, vani sanyam in sanscrito. Non è una cosa semplice da ottenere, ma controllando la parola si genera un’energia di elevata intensità. Da vani sanyam nasce vak siddhi, il potere di emettere parola. La parola di chi ha questo tipo di controllo trasmette potere, genera shakti, al punto che ciò che dice diventa realtà. Tali persone penseranno sempre nel modo più positivo, propizio e appropriato, e quindi diranno sempre la verità, perché la parola è lo strumento per esprimere lo stato d’animo.

La mente è una cosa molto particolare; è un fascio di energia immagazzinata e i pensieri si irradiano come onde elettromagnetiche. Tutti i pensieri sono nell’ambiente. Non possiamo vederli, così come non possiamo vedere le onde radio o altre onde, ma con gli strumenti appropriati possiamo catturarle. Con una radio possiamo catturare le onde radio. Allo stesso modo, se avessimo qualcosa come un “pensierometro”, potremmo catturare i nostri pensieri e ascoltarli come una radio.

Conosco Swami Satyananda dalla nascita. Molti altri che lo conoscono da tanto tempo sono testimoni del fatto che nessuno ha mai sentito una sua dichiarazione negativa. Non pensa mai niente di negativo, sorride sempre, pensando a tutte cose buone. Nemmeno una volta l’ho sentito dire qualcosa di male su qualcuno, nemmeno su quelle persone che gli hanno fatto del male. Confrontiamo questo con la nostra vita. Noi pensiamo male degli altri costantemente; non ci è possibile essere liberi dalle reazioni nemmeno per mezz’ora su ventiquattro ore.

La seconda componente è il controllo della mente, manas sanyam. Questo significa essere abili di guidare e dirigere le proprie espressioni mentali in modo positivo, creativo e costruttivo. Significa essere sempre vigili, in grado di ritrarre la mente dalla gravitazione verso le tendenze tamasiche e dirigerla verso le tendenze sattwiche. Quando sopraggiunge un pensiero negativo, dovete interromperlo immediatamente e sostituirlo con uno positivo. È molto simile alla pratica di Brahma vichara sadhana, dove si estende il proprio amore e compassione non solo a quelli che amate, ma anche a coloro che odiate. Allo stesso modo, dovrebbe esserci la capacità di riconoscere lo stato mentale che gravita verso tamas e avere la forza di dirottarlo verso sattwa.

La terza componente è karma sanyam: limitazione delle azioni. Ciò comporta il guidare ogni azione in modo che giunga alla conclusione più positiva e soddisfacente. Queste tre forme di sanyam sono perseguite nello yoga al fine di mantenere la consapevolezza di sattwa, della luminosità, della luce e della saggezza. Una volta che si è in grado di mantenere lo stato di sattwa avvengono cambiamenti qualitativi nella vita. È al livello di karma sanyam che le qualità interiori devono essere gestite tramite swadhyaya, la comprensione di sé.

La pratica personale SWAN
Due sono le pratiche che si possono fare. Una è cambiare l’atteggiamento attuale. Le nostre azioni e i nostri atteggiamenti nella vita sono governate dalle nostre forze, debolezze, ambizioni e necessità: quello che noi chiamiamo principio SWAN. S come forze (strenght, in inglese), W come debolezze (weakness), A come ambizioni e N come necessità. Pensate di riuscire a capire voi stessi chiedendovi “Chi sono io?”. No, è una domanda irrilevante. La risposta è semplice: “Io sono quello che sono”. L’autoanalisi, l’auto-osservazione, l’auto-comprensione iniziano mettendo insieme i pezzi del puzzle della nostra vita e imparando a distinguere tra i punti di forza, le debolezze, le ambizioni e le necessità. Swadhyaya fornisce una comprensione approfondita della nostra natura e delle qualità che ci fanno risponde in un modo particolare.

A volte le debolezze sono così preponderanti che abbiamo bassa autostima e la confusione e i dubbi si insinuano. A volte le forze sono così preponderanti che diventiamo troppo sicuri, arroganti e avventati. Molte cose possono avvenire in ognuna delle quattro fasi e la comprensione di tutto ciò è conosciuto come swadhyaya.

Come esercizio, potete fare un elenco privato delle vostre forze, debolezze, ambizioni e necessità. Un giorno scrivete tutto e conservate quello che avete scritto. La settimana successiva scrivete un altro elenco e conservate anche quello. Andate avanti così per quattro settimane. Poi prendete tutti e quattro gli elenchi e confrontateli. Scoprirete che nel corso delle settimane avrete aggiunto delle qualità e rimosse delle altre, ma alcune saranno sempre presenti. Cerate di occuparvi prima di quelle presenti in ogni elenco. Cercate, nel miglior modo che vi è possibile, di coltivare queste forze, di superare le debolezze, di comprendere le vostre ambizioni e di soddisfare i vostri bisogni. Questa è la vostra personale pratica di swadhyaya e di karma sanyam a livello personale.

Pratica cinematografica interattiva
L’altra pratica che potete fare è a livello di interazione. Quando andate a letto la sera vedetevi come in un film, iniziando dalla mattina quando vi siete svegliati e terminando la sera quando vi siete coricati. Ripassate nella mente tutte le cose che avete fatto: cosa avete mangiato a colazione, dove vi siete seduti, con chi, di cosa avete parlato, ogni cosa. Rivivendo ogni momento della giornata vi imbatterete in situazioni in cui vi renderete conto che non avreste dovuto reagire in quel modo. A quel punto, premete il pulsante pausa del vostro film quotidiano. Per cinque minuti pensate: “Se dovessi imbattermi di nuovo nella stessa situazione, come reagirei, sapendo ciò che so ora?” Poi premete di nuovo il tasto play e continuate con il film.

Continuate così. Alcuni eventi si ripeteranno diverse volte fino a che non entreranno nell’ambito della vostra consapevolezza e noterete: “ È qui che sto commettendo un errore. O sono troppo debole o troppo aggressivo. Qui non sono stato in grado di trasmettere ciò che intendevo. Là forse sono stato troppo aperto e alle persone non interessava.” Nel corso del tempo il vostro comportamento e le vostre risposte cambieranno in relazione alle situazioni esterne e all’ambiente. 

Man mano che cambieranno, vi sentirete maggiormente soddisfatti, più appagati e contenti di voi stessi perché starete facendo del vostro meglio.

Vivere come un essere umano
Abbiamo formulato un sankalpa, una risoluzione: vivere la vita da essere umano e non come un animale che reagisce a ogni situazione. Quindi il primo componente per migliorare la qualità della vita è essere consapevoli che ora i nostri sforzi guidano il nostro destino futuro. La conoscenza di noi stessi tramite swadhyaya contribuisce a migliorare la qualità del sanyam nella nostra vita. Ciò influisce sul nostro karma e sulla qualità presente e futura della nostra vita.

Il secondo componente per migliorare la vita è rendersi conto che dovremmo inserire nel nostro ambiente lo yoga con la pratica di asana, pranayama, pratyahara e dharana, poi procedere con yama e niyama e adottarne uno nella nostra vita. Alla Bihar Yoga Bharati diamo questa disciplina agli studenti. Diciamo loro di scegliere uno yama e un niyama che possono perfezionare mentre vivono qui. Alcuni lo fanno altri no, ma quelli che lo fanno possono vedere il cambiamento nella loro vita e connettersi con lo yoga in un modo molto più profondo e sincero.

Il terzo componente è la pratica di sanyam: limitazione della parola, del pensiero e dell’azione. Questi tre passaggi iniziali vi porteranno più in profondità nel processo yogico che toccherà e trasformerà la vostra vita.

Ganga Darshan, Dicembre 2003

Shiva e Shakti: le “realtà” gemelle

 

Swami Nischalananda Saraswati

"Assolutamente impavida e disinibita è questa coscienza che porta in manifestazione e sostiene l’infinita varietà di esseri, dal creatore al filo d’erba. È sempre dinamica e attiva, tuttavia è più inattiva di una roccia e più indifferente a tale inattività dello spazio." (Yoga Vashishtha – 5:23)

Shiva rappresenta il non manifesto e Shakti il manifesto; Shiva è il senza-forma e Shakti è ciò che ha forma; Shiva è la coscienza e Shakti l’energia, non solo nella vastità del cosmo ma in ogni individuo. Le radici di Shakti sono in Shiva. Sebbene uno sia manifesto e l’altro non lo sia, nel senso supremo sono Uno e quest’Uno racchiude da un lato il principio dell’immutabilità e dall’altro quello del cambiamento: Shakti è il cambiamento nell’immutabilità mentre Shiva è l’immutabilità come radice del cambiamento. L’esperienza della perfetta unione tra l’immutabilità e il mutevole, tra la dissoluzione e la dualità, è lo scopo del Tantra, e quindi dello Yoga.

Tutto ciò che vedete intorno a voi, che sia fisico, psichico, mentale o qualsiasi altra cosa, è Shakti, sia individualmente che collettivamente. Questo comprende ogni cosa, da una pietruzza al sole. Tutte le manifestazioni di Shakti provengono dal substrato sottostante: Shiva. Scopo del Tantra è invertire il processo, ricostruire il percorso della creazione per tornare indietro all’unione con Shiva o il Paramatman (il supremo).

Il tantra afferma che Shakti o il potere di creare centri separati di manifestazione (ad esempio oggetti, individui, ecc.) è in essenza la coscienza stessa (Shiva). Tuttavia, il potere del mondo fenomenico che ci circonda è velato dal potere di maya. Ogni cosa nell’universo creato in realtà non è altro che coscienza manifesta e anche se tutto proviene da essa, non vi è alcun cambiamento nella natura della coscienza. Da Shiva proviene l’universo nel suo insieme e ogni cosa individualmente esiste per via del potere di Shakti, ma Shiva rimane lo stesso. L’eterna meraviglia e l’eterno mistero è che Shiva e Shakti sono la stessa cosa.

Il tantra considera l’universo materiale come la forma, il modello o l’espressione della totalità. Secondo il tantra sia il manifesto che il non-manifesto sono reali; dire a qualcuno che le cose intorno a lui sono irreali non ha senso, perchè la sua esperienza a livello normale di consapevolezza è diversa. Il mondo, afferma il tantra, deve essere considerato reale. Bisogna usare il corpo, la mente e l’ambiente per conoscere ciò che è oltre. Gli altri sistemi, come il Vedanta, considerano l’universo irreale perchè cambia, ma il tantra afferma che ogni cosa, che sia mutevole o immutabile, è “reale”; entrambi non sono altro che due diversi aspetti della totalità.

Shiva è il padre (pita) di tutto ciò che si muove e di tutto ciò che è immobile; si dice sia nudo, vestito dello spazio aperto, o digambara (vestito dell’universo). Solitamente è raffigurato con indosso una pelle di tigre e con in mano un tridente che rappresenta i tre guna dei quali egli è l’eterno maestro. Si dice cavalchi un toro chiamato Nandi e che contenga in sé stesso i semi della creazione. È simboleggiato dallo shivalinga ed è totalmente incondizionato, nello stato continuo di nirvikalpa samadhi. Shiva è il re di tutti gli yogi, Yogeshwara, poiché rappresenta l’esperienza suprema. È conosciuto anche come Kuleshana, signore dei kaula, coloro che hanno raggiunto lo stadio più alto del Tantra (Kaulachara).

Shiva ha molti aspetti. A volte è chiamato “Rudra”, il distruttore, che sembra essere più simile a Shakti nella sua natura (l’aspetto dissolvente). Questo sottolinea semplicemente che l’attivo e l’inattivo, il manifesto e il non manifesto, sono veramente la stessa cosa. Tutte le personificazioni o divinità alla fine rappresentano esattamente la stessa cosa: l’assoluto. Solo il simbolo è differente. Se volete potete creare la vostra personale divinità. Il culto diffuso di un vasto numero di divinità indica l’incredibile complessità (e la sottostante semplicità) e la tolleranza dell’ambiente spirituale onnicomprensivo dell’India.

Shakti ha anche molti nomi e aspetti. È nota come “prana” quando è associata all’organizzazione e alla crescita della materia in tutte le forme di vita. È “kundalini”, il potere che giace dormiente in ogni cosa e che può essere liberato attraverso le pratiche yogiche e tantriche. È chiamata “Kali”, che dissolve il mondo, che ritira ogni cosa nel suo grembo al termine della vita assegnata o yuga. È raffigurata come “Parvati”, l’epitome dell’amorevole e fedele consorte di Shiva. Lei è il potere primordiale, Adya; la madre universale, “Ishwari”, consorte di Ishwara il Signore dell’universo. Shakti viene anche chiamata “Avidya rupini” (la forma dell’ignoranza), perché è lei che produce ignoranza e individualità. Di contro è anche nota come “Vidya rupini” (la forma della conoscenza), perché è il mezzo per rimuovere la schiavitù e ottenere la liberazione o l’illuminazione.

Il Kularnava Tantra afferma: “Tramite ciò con cui si cade, ci si rialzerà”. Shakti è la mente di ognuno di noi che può renderci schiavi o liberarci. È “Maya” (la creatrice dell’illusione), perché è tramite il suo potere che non si riesce a vedere la “realtà”. Allo stesso tempo è attraverso il potere di Shakti che si sperimenta il mondo; è attraverso Lei che Shiva può sperimentare sé stesso. Shakti è Para Brahman, l’assoluto; diventa Brahman nel momento in cui Shiva e Shakti si uniscono. In India si adorano infinite forme di Shakti - “Uma”, “Gauri”, “Durga” - le sue forme sono infinite, perché non c’è fine al suo potere e alla sua manifestazione. Le sue forme sono numerosi come i riflessi della luna. Continuamente in attività, creando, sostenendo e dissolvendo ogni cosa in Shiva, solo per poi ricreale: questo è il processo senza fine di Shakti.

Il concetto di Shiva e Shakti non è affatto limitato all’India. Nel “Fedro” di Platone, un libro della Grecia antica, si afferma: “Ciò che è sulla Terra è semplicemente la somiglianza e l’ombra di qualcosa che si trova in una sfera superiore, una cosa splendente che rimane in una condizione immutabile.” Gli antichi gnostici erano in realtà una setta tantrica europea che interpretavano il cristianesimo alla luce dell’esperienza più elevata. Si dice che uno dei mistici gnostici, Simone il Mago, abbia detto: “Gli eoni universali consistono in due rami, senza inizio né fine, che scaturiscono da una radice: l’invisibile potere e l’inconoscibile silenzio. Uno di questi rami si manifesta dall’alto ed è la coscienza universale che dà ordine a tutte le cose ed è designato come maschile. L’altro ramo è femminile ed è il creatore di tutte le cose.”

Gli gnostici dividono l’uomo in tre gruppi distinti allo stesso modo del Tantra. Il gruppo più inferiore in termini di consapevolezza è costituito da coloro che adorano il mondo materiale; “pashu” nel Tantra. Il secondo gruppo comprende coloro che adorano una realtà nascosta con fede cieca priva di esperienza; “vira” nel Tantra. Il terzo gruppo comprende quelli che vivono impavidamente in una consapevolezza elevata; “divya” nel Tantra. Quindi l’antico sistema Gnostico è fondamentalmente di natura tantrica, e molti altri sistemi in tutto il mondo sono molto simili. L’energia, compresa la materia e la coscienza, funzionano insieme nel cosmo così come in ogni essere umano. Questa combinazione dà origine al mondo che vediamo intorno a noi, al tempo e allo spazio. L’energia è controllata dalla coscienza e la coscienza non può esprimersi se non attraverso l’energia. Come afferma Sri Adi Shankaracharya nel primo sloka del suo “Saundarya Lahari”, il sessantacinquesimo Tantra: “Come può funzionare Shiva senza Shakti?” Pertanto il Tantra afferma che per fondersi con la coscienza, occorre avere l’aiuto di Shakti.

C’è un’esperienza suprema in cui Shiva e Shakti non esistono più come entità separate. Alcuni lo chiamano “Brahman”, altri lo esprimono come “Non questo, non quello”, nel senso che è inesprimibile; mentre altri ancora dicono che è uno senza secondo. Questo è lo stato di nirvana, samadhi, perfetta unione, moksha o illuminazione. È lo stato in cui Shiva si fonde così strettamente con Shakti che diventano Uno. Si abbracciano l’un l’altra così strettamente che cessano di essere separati. E questo è il significato di molte sculture “apparentemente” erotiche che personificano questi due principi, Shiva e Shakti. Simboleggiano quello stato estasiato dove non c’è più separazione. Questo è “L’abbraccio divino del Tantra”.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/1991/bmar91/twins.shtml


L’importanza delle Posizioni di Yoga

 

Swami Satyananda Saraswati

Discorso tenuto alla Quarta Convenzione Internazionale di Yoga, Godia, novembre 1967, originariamente pubblicato in YOGA, vol. 6 n.7, 1968.

Alcune persone sottovalutano le yogasana e altre le sopravvalutano, quindi consideriamo il loro valore nel corso dell’evoluzione spirituale. Per molte persone, yoga significa solo asana, mentre yogi e guide spirituali professano che la disciplina fisica delle asana non è necessaria per l’auto-realizzazione. Entrambi questi punti di vista sono estremi, poiché le asana non sono né assolutamente essenziali né del tutto inutili.

Se un jnana yogi pensa che solo attraverso la conoscenza delle scritture potrà raggiungere la conoscenza del Sè, sbaglia. Così, se un raja yogi trascura il corpo e dipende solo dal potere della meditazione non potrà raggiungere l’obiettivo, il suo sadhana sarà interrotto dalla malattia. Un bhakti yogi che è sempre troppo sicuro del potere delle sue emozioni, della devozione e del suo abbandono, crede di poter forzare la sua divinità a benedirlo con il darshan. Un hatha yogi crede che se tutto è dentro di sé, lo estrarrà con la disciplina fisica dei sistemi volontari e involontari, degli organi interni ed esterni, dei muscoli, nervi e tessuti.

Queste quattro visioni non sono libere da pregiudizi e nozioni errate basate sull’inesperienza e le parole non autorizzate. Jnana yoga, bhakti yoga, raja yoga e hatha yoga non sono quattro sentieri differenti. Sono come quattro cerchi che si compenetrano e si sovrappongono, e una parte di ognuno forma una parte degli altri tre. Tutti i ricercatori spirituali, che seguano il sentiero del bhakti, jnana, raja, karma o hatha yoga, necessitano anche della pratica delle yogasana. Le yogasana non sono pensate solo per karma yogi e hatha yogi, come le persone tendenzialmente pensano. I bisogni degli esseri umani sono più o meno simili; occorre apportare solo delle piccole variazioni quantitative e qualitative per soddisfare le singole abitudini ed eredità.

Perché le asana sono essenziali

La digestione di coloro cui è richiesto di rimanere seduti per diverse ore in una posizione meditativa o di coloro che praticano shastra sadhana per un periodo di tempo considerevolmente lungo, a un certo punto diventa debole. A causa di un sadhana intenso, il tasso metabolico del corpo si abbassa, e per mancanza di un movimento appropriato tutte le attività dei tessuti, dei nervi, dei muscoli e di tutti gli organi si compiranno così lentamente che dopo pochi anni il corpo diventerà preda di malattie. Finché il corpo non è completamente libero dalle malattie e puro, nessun corso avanzato di meditazione può essere seguito. Il corpo di una persona deve poter vibrare e pulsare di salute divina, che genera pensieri sopraffini.

Una figura abbondante e robusta non può pretendere di essere un modello di perfetta salute fisica e mentale. Il corpo ideale dovrebbe essere snello, elastico e forte. La mente dovrebbe essere sempre piena di beatitudine e gioia. Un tale fisico è possibile solo se i 72.000 nervi del corpo sono totalmente purificati tramite gli esercizi yogici. Le asana sono benefiche per molti altri motivi poiché influenzano e controllano le funzioni delle ghiandole e dei nervi; rendono il corpo flessibile e aiutano a mantenere la colonna vertebrale in condizione di salute. La salute della colonna vertebrale è molto importante perché essa è la dimora e il passaggio verso l’alto di sushumna nadi. In verità, le yogasana aprono la strada al sadhana più elevato. Sia il corpo che la mente devono essere perfettamente sotto controllo. Tramite la pratica di poche e semplici asana la salute può essere mantenuta.

Esercizi integrali

Le asana sono esercizi yogici per mantenere il corpo e la mente in salute. Se il corpo non è sano, la mente non può essere sana e se la mente non è in salute, anche i pensieri saranno malsani. Non è necessario sottolineare la necessità di avere pensieri sani e una visione ampia e salutare nel mondo attuale. Le asana migliorano l’integralità della personalità, ma il primo risultato delle pratiche yogiche è una sana salute fisica. Per ottenere questo, è molto importante una regolare pratica di asana. Inizialmente si dovrebbero praticare asana per soli dieci o quindici minuti al giorno.

Possiamo definire le asana come “gli esercizi sottili che si prendono cura dello sviluppo esterno e interno della personalità umana”. L’apparato digerente, quello respiratorio, la colonna vertebrale, tutti i nervi sottili e le ghiandole dormienti inizieranno a funzionare in modo fisiologico e secondo un ordine ben preciso. Così come il cibo è essenziale per il nutrimento del corpo e per generare energia, determinati tipi di esercizi sono necessari per il buon funzionamento dei muscoli, delle ossa, delle articolazioni, di tutti i centri nervosi e via di seguito.

Yogasana: il primo gradino dello yoga

La pratica quotidiana delle asana riduce le tensioni muscolari e nervose, rettifica e migliora il sistema digerente, rimuove la letargia e la pigrizia e rende l’individuo attivo ed efficiente per tutta la giornata. Quando il corpo e la mente sono leggeri e liberi da tensioni, si può fare più lavoro fisico e mentale. Le asana proteggono dai disturbi interni del corpo e forniscono forza e salute. Esistono asana specifiche per prendersi cura del fegato, della digestione, delle malattie del sangue, e persino per curarle.

Oggigiorno molte malattie sono di natura psicosomatica, essendo il risultato della carenza di coordinazione tra corpo e mente. È opinione di molti psicologi che le malattie mentali, come la nevrosi, la nevrastenia, l’insonnia, ecc. possono essere curate con successo dalle asana. Se si praticano una combinazione di asana si eviteranno il decadimento del corpo e della mente, ci si manterrà giovani e si avrà un completo equilibrio tra mentale e fisico.

Ovunque le persone devono affrontare tensioni in ogni sfera della vita perché il mondo è pieno di tensioni. Ma lo yoga terapia, in cui le asana sono le pratiche principali, mantengono corpo e mente in sintonia, in coordinazione. Insieme alla buona salute fisica, è altrettanto importante avere un perfetto equilibrio e una perfetta stabilità mentale, che sono i risultati naturali delle asana. Le pratiche yogiche correggono molto velocemente i problemi mentali come la rabbia, l’agitazione mentale, la depressione mentale, l’insoddisfazione e altri complessi della mente. Lo yoga è un processo graduale che può essere accelerato dalla pratica regolare. Lo yoga ha dato risultati precisi e positivi su milioni di persone: questo è il segreto dietro la sua continuità e popolarità nonostante i grandi cambiamenti storici avvenuti negli ultimi migliaia di anni.

La storia dello yoga

Secondo la storia dello yoga, come si trova nelle antiche Scritture, Shiva è considerato il primo sostenitore della scienza dello yoga, quindi possiamo chiamarlo Adi Guru dello yoga. Il suo primo discepolo fu Parvati, sua moglie. Secondo la mitologia, il Signore Shiva insegnò lo yoga a Parvati vicino alla riva di un fiume. Non c’era nessun altro in giro, ma un pesce ascoltava con vivo interesse. Parvati lo vide e fu molto felice che il pesce, sebbene fosse un animale acquatico, nutriva un vivo interesse per la filosofia yogica. Pregò così il Signore Shiva di trasformare il pesce in un essere umano. Quindi il pesce rinacque come essere umano e quell’uomo divenne famoso nella storia dello yoga come Matsyendranath, il primo dei Natha Yogi, e propagò l’hatha yoga a tutti i suoi discepoli. Yogi Matsyendranath era solito sedersi in un’asana particolare per meditare, che divenne famosa come matsyendrasana.

Matsyendrasana tonifica il fegato, i reni e il midollo spinale e allevia le tensioni muscolari e nervose. La leggera torsione di tutto il corpo e del midollo spinale riempie il corpo di nuova energia. Quest’asana può anche essere chiamata asana di torsione spinale. Nella pratica delle asana, generalmente ci si dovrebbe concentrare maggiormente sugli esercizi per la colonna vertebrale e su quelli destinati ai centri nervosi dormienti che non vengono esercitati da nessun altro esercizio eccetto dalle asana.

8.400.000 asana

Ci sono molte asana, ma ottantaquattro sono quelle importanti. Nelle Scritture si dice che ci sono 84 lakh (8.400.000) asana, tante quant’è il numero di incarnazioni in cui un’anima individuale debba evolversi per diventare un essere umano. Tuttavia, non tutte queste possono essere trovate nei libri, sebbene nelle Scritture si faccia riferimento a diverse centinaia di asana.

Generalmente, le asana prendono il nome da diversi animali e creature, come makarasana, la posizione del coccodrillo; kukkutasana, la posizione del galletto; mayurasana, la posizione del pavone; bakasana, la posizione della capra; garudasana, la posizione dell’aquila; matsyasana, la posizione del pesce; bhujangasana, la posizione del serpente; shalabhasana, la posizione della locusta; kurmasana, la posizione della tartaruga, e così via. Alcune asana sono molto difficili da praticare e altre sono facili, ma ogni asana ha i propri benefici. Le asana più semplici ed elementari sono benefiche per tutti indipendentemente dall’età, e tutti i bambini possono praticarle sotto la guida di un insegnante qualificato.

Il momento migliore per praticare asana è al mattino presto dopo essersi lavati e prima di colazione. Anche alla sera si possono praticare le asana, ma a stomaco vuoto. Anche i giochi e gli sport aiutano a costruire il corpo e a dare forza ai muscoli, ma le asana danno dei benefici speciali che gli altri esercizi non possono dare. Gli sport e gli altri esercizi richiedono una maggiore quantità di tempo, degli spazi più ampi e anche delle attrezzature, mentre le asana dello yoga non necessitano di tutte queste cose extra e richiedono pochissimo tempo.

Fate attenzione alla vostra mente

Spesso la letargia non permette a una persona di imparare e praticare le asana. La mente è sempre pronta a trovare scuse e a trovarne l’approvazione nelle Scritture. Solo una mente aperta, priva di pregiudizi e pura può ascoltare i dettami della pura ragione e realizzare l’esistenza della pura coscienza. Tutti i pregiudizi sulle asana devono essere spazzati via e la fede nella loro pratica deve essere ripristinata. Dovrebbe essere data la giusta importanza alle asana nella vita quotidiana al fine di rendere entrambi, corpo e mente, attivi ed energetici. Vi è uno stadio in cui gli yogi sono al di sopra delle limitazioni del corpo e della mente, ma questo si ha solo dopo aver acquisito i benefici delle asana.

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/2000s/2005/lnovdec05/impyogp.html

La Chiarezza della Mente

 

Swami Niranjanananda Saraswati

Se si segue il sadhana dello yoga, ci sono grandi possibilità se non si misura tutto in termini di denaro e potere. Sembra che oggi, a causa dell'ambiente, ognuno pensi in termini di denaro e potere. Lo yoga non è contro il denaro e il potere. Lo yoga è pro-te. Non è contro il materialismo, perchè rinunciare al materialismo? Potete dire che distrae la mente, ma chi permette alla mente di distrarsi? Se la mente si distrae significa che non c'è chiarezza nella mente. Se la mente è chiara, non sarà distratta. Se sapete dove dovete andare, non importa quante fermate farete durante il percorso, a ogni fermata sarete consapevoli che dovete continuare ad andare avanti.

Dovete fissare un obiettivo. Dovete viaggiare da questa città a quella città. Avete guardato la cartina, sapete quali sono i buoni posti dove fermarvi, ma alla fine dovete raggiungere la città. Quindi, non importa dove vi fermerete, vorrete comunque andare avanti. Fate così perchè c'è chiarezza nella vostra vita. Se c'è chiarezza, come può il materialismo distrarre qualcuno? Per ottenere quella chiarezza, il sadhana è indispensabile.

Ganga Darshan, 27 Gennaio 2000

Tratto da "Yoga - Way of Life" Novembre 2001

Tratto da: http://www.yogamag.net/archives/2000s/2001/fnov01/way.html