Tutti noi
abbiamo avuto qualche volta difficoltà nel gestire le energie negative di altre
persone. Perché sentiamo che qualcuno sta abusando di noi o che è negativo nei
nostri confronti? Perché reagiamo? La ragione principale è perché le
espressioni degli altri influenzano e alterano l’immagine che abbiamo di noi
stessi e come conseguenza ci sentiamo feriti. Quando le altre persone si
esprimono, noi reagiamo. Non ci preoccupiamo di valutare se sono positivi o
negativi perché reagiamo comunque. Qualunque sia l’espressione, essa altera la
conoscenza e il concetto dell’immagine che abbiamo di noi stessi, e crea sensazioni
di rifiuto, negatività, abuso o maltrattamento.
Osserviamo
la questione non da un punto di vista yogico tradizionale, ma da una differente
angolazione. In sanscrito vi è una parola, swabhava.
Bhava significa ‘natura’ o ‘sensazione’
e swa significa ‘personale’, ‘auto’.
Se si è consapevoli della propria natura le situazioni di conflitto, o i
disturbi mentali ed emozionali, possono essere evitati. Swabhava va molto più in profondità della normale comprensione
degli atteggiamenti, dei comportamenti, delle interazioni e delle reazioni.
Generalmente, reagiamo e ci identifichiamo con le espressioni esterne di un
individuo, non con la sua reale natura o le sue reali espressioni. Nelle
espressioni esterne vi è una combinazione di ego, desideri, ambizioni e anche
di forze e debolezze, e non siamo mai veramente capaci di osservare lo stato
reale o lo stato interiore dell’individuo.
Vi farò un
esempio. Quando Rama fu mandato in esilio per quattordici anni, suo fratello,
Bharata, andò da lui per riportarlo nel regno di Ayodhya. Arrivò con tutto
l’esercito, e l’altro fratello di Rama, Lakshmana, pensò che Bharata stava
andando da loro per ucciderli ed assicurarsi così che Rama non sarebbe mai
stato in grado di reclamare il regno. Ma Rama disse: “Aspetta un attimo. Prima
che prepari la guerra consideriamo se Bharata è realmente in grado di venire
qui con il desiderio di ucciderci.” Rama analizzò tutto lo schema della vita di
Bharata e disse: “Lui non sta venendo qui per ucciderci, non preparare le armi.
Sta venendo qui con un altro scopo.”
Tutti noi
abbiamo vissuto delle situazioni simili nella vita. Lo scorso anno ero in
Australia e uno swami mi fece una
domanda molto semplice: “A che scopo sei venuto qui?” Ma la frase conteneva una
tonnellata di peso dietro, considerando le dimensioni del suo corpo, il volume
della sua voce e il modo diretto con cui mi ha posto la domanda. Altri swami furono presi alla sprovvista dalla
domanda e potei vedere che reagirono con un’espressione di orrore in volto.
Ma in quel
momento mi è successo qualcosa di strano. In un istante tutte le interazioni
che ho avuto con quello swami dal
1979 fino a quel momento mi balenarono nella mente come una foto. Quello che mi
arrivò fu il pensiero che lui non era un essere negativo. Dalla mia analisi in
quella frazione di secondo, mi convinsi che avesse ancora il cuore di un
bambinone. Così gli feci un grande sorriso e risposi: “Lo scoprirai”. Pensando
a questo avvenimento ora realizzo che non avevo ascoltato le sue parole, ma
avevo analizzato il suo swabhava, la
sua natura e avevo sentito che dentro di lui non c’era nulla di negativo o di
cattivo, nessun rifiuto o timore.
Occorre
realizzare che l’atteggiamento o il comportamento esteriore di un individuo può
sempre cambiare; non riflette la reale natura della persona. Potrei sbraitare e
delirare ma sbraitando e delirando io divento quello? Tu potresti sbraitare e
delirare, ma esprimendo la tua rabbia diventi quella rabbia? Il tuo sé
interiore diventa quello? Momentaneamente potrebbe. Ma quando il vento soffia
sulla cima di un albero facendolo oscillare completamente, il tronco principale
vicino al terreno rimane comunque fermo e solido. Così, swabhava significa divenire consapevoli, osservatori e conoscitori
di cosa accade nei livelli più profondi della natura umana. Se riusciamo ad
avere quel tipo di comprensione sono sicuro che molti dei problemi mentali ed
emozionali che affrontiamo quando incontriamo situazioni difficili nella vita,
quando sentiamo che qualcuno ci sta attaccando in modo negativo, possono essere
evitati.
Per questo
dobbiamo allenarci, lavorare duramente su noi stessi. Certamente e senza alcun dubbio rimanendo a
livello superficiale possiamo percepire l’intensità delle situazioni e delle
circostanze, le proiezioni delle altre persone nei nostri confronti. Se ci
capita di arrampicarci su quell’albero, sentiremo l’intensità del vento che
soffia e avremo paura di cadere. Ma se scendiamo alla base dell’albero il vento
non si sentirà così intensamente. Quindi cosa dovremmo fare? Dobbiamo scendere
dalla superficie e andare verso la base. La stessa cosa si applica alla nostra
natura. Noi viviamo a livello superficiale per tutto il tempo. Dobbiamo fare lo
sforzo di vedere la realtà dietro l’apparenza.
Se guardiamo
alle teorie dello Yoga come sono
descritte negli Yoga Sutra, ad esempio, vedremo qualcosa di unico. I sistemi, i
concetti, le teorie e le pratiche di pratyahara
che sono state descritte ci daranno la capacità di scoprire il nostro swabhava. Quando saremo in grado di
scoprire il nostro swabhava, saremo
in grado di comprendere quello delle altre persone. Questo certamente non
avviene con la meditazione, perché anche coloro che praticano la meditazione da
molti anni tendono a reagire molto violentemente in certe situazioni, con
alcune forme di negatività. Perché hanno una tale reazione? Perché la pratica
della meditazione non gli ha dato la visione delle proprie proiezioni ed
espressioni. Quindi a cosa serve la meditazione?
C’è una
bella sequenza di pratyahara che
comprende tutte queste situazioni. Pratyahara
non è il ritiro della mente. Non è concentrazione. Pratyahara è consapevolezza. Come possiamo divenire consapevoli?
Per prima cosa dobbiamo espandere i nostri sensi al fine di divenire
consapevoli del raggio di portata, della vastità dei sensi. Così è come in
realtà inizia pratyahara. Quindi, nel
primo stadio di pratyahara, si
estendono i sensi fisici nell’ambiente. Si diviene così consapevoli delle
reazioni che avvengono naturalmente e spontaneamente grazie all’estensione dei
sensi fisici.
Nel secondo
stadio di pratyahara vi è
l’armonizzazione dei sensi fisici estroversi del corpo. Nel terzo stadio
facciamo le stesse cose con i sensi mentali, le facoltà della cognizione,
estendendoli esternamente ed internamente. Osservazione, comprensione e
armonizzazione si hanno nel quarto stadio. Nel quinto stadio di pratyahara diventiamo consapevoli delle
reazioni istintive, e nel sesto stadio, le armonizziamo. Nel settimo stadio
iniziamo a concentrare le facoltà dei sensi fisici e mentali e ci spostiamo
verso lo stadio di dharana.
Quindi, al
fine di scoprire la nostra natura, armonizziamo i disturbi che si sono creati
all’interno della nostra natura a causa delle circostanze esterne, delle
condizioni, situazioni ed esperienze o armonizziamo gli stati che hanno creato
squilibrio interiore. In questo modo, gradualmente, possiamo andare al di là
dell’influenza della negatività.
I conflitti
mentali rappresentano uno stato della mente che non è armonico. Se la mente è
armonizzata non c’è nessuna forma di conflitto mentale. Perché la mente diventa
disturbata? La mente diventa disturbata a causa delle ambizioni e delle
aspirazioni che abbiamo e che vogliamo raggiungere. La mente diventa disturbata
a causa dei bisogni che tutti noi abbiamo, siano essi fisici, mentali,
emozionali che spirituali. La mente diventa disturbata quando dobbiamo
affrontare le aree deboli nella nostra vita, alcune forme di disabilità mentale
o emozionale, alcune mancanze di forza di volontà o di chiarezza mentale.
Quindi, dobbiamo essere molto chiari nel vedere cosa realmente ci sta
succedendo, non solo in termini di sensazioni, desideri ed ambizioni, bisogni e
desideri, piaceri e dispiaceri, ma in relazione alla personalità totale.
Tramite pratyahara è possibile
superare ogni tipo di problema mentale, non importa quanto impossibile,
semplice o difficoltoso possa sembrare. Se possiamo fare questo sforzo continuo,
troveremo sicuramente le soluzioni. La scelta è nostra.
Un altro
metodo per superare la negatività e gestire le energie negative è tramite la
fede. Per favore, non confondete la fede con un concetto mistico o religioso.
La fede e una forza presente nell’essere umano. Se possiamo riconoscere la fede
come una forza e non come qualcosa di mistico e religioso, allora saremo in
grado di gestire le energie negative. La fede ci insegnerà come fluire e non
lottare nella vita.
Nel
linguaggio filosofico, la negazione è il risultato della nostra reazione a
qualcosa. Un pezzo di carne marcia viene messo di fronte a noi. Lo annusiamo e
reagiamo, e quella reazione crea una negazione di quella particolare
esperienza. Ciò è noto come dwesha,
rigetto, repulsione. Annusiamo un buon profumo e ci piace. Anche questo
gradimento è una reazione generata da un odore. Se è una cosa buona la
accettiamo e ne godiamo. Questo è noto come raga,
attrazione, attaccamento. Cosa c’è di simile in queste due reazioni? Cosa
accade nell’attrazione e cosa accade nella repulsione? In entrambi i casi si ha
una reazione. Una è buona e una è cattiva.
Se viviamo
reagendo continuamente, la vita diventerà sicuramente un inferno. Come esseri
umani dobbiamo avere la capacità di discriminare tra reazioni positive e
negative. Attaccarsi ad una di esse limiterà e vincolerà le forze della mente
creando un senso di attaccamento e non permetterà alla mente di sperimentare la
libertà totale.