I cinque yama
sono ahimsa (non-violenza), satya (veridicità), asteya (astinenza dal furto, onestà), brahmacharya (essere stabiliti nella coscienza divina), e ultimo,
ma non per importanza, aparigraha
(non-possessività). Gli yama sono le principali qualità che un aspirante
spirituale dovrebbe avere al fine di comunicare ed interagire con il mondo
esterno e con le persone presenti in esso. Sono anche delle auto-restrizioni
dall’eseguire azioni per la mente inferiore più debole. I niyama sono delle qualità di auto-disciplina interamente destinati
ad aiutare l’aspirante nel suo percorso spirituale. Sono anche delle regole
fissate che dovrebbero essere seguite per poter eseguire le pratiche di
meditazione (dhyana) e per
raggiungere il samadhi. Praticare yama e niyama è molto fruttuoso in sé, ma gli
obiettivi e le conseguenze principali sono la crescita e l’evoluzione
spirituale.
Ahimsa
Ahimsa, non-violenza, non significa solo non causare danno
o dolore alle altre creature in pensieri, parole ed azioni, ma non avere
nemmeno un briciolo di aggressività all’interno del proprio essere. Non
dovremmo saltare questo yama: che uso potremmo fare della veridicità, della
non-possessività, dell’astinenza dal furto e così via, senza esserci prima stabiliti
in ahimsa, nei pensieri e nelle azioni? Swami Sivananda afferma che uno degli
scopi degli altri yama è perfezionare ahimsa.
Anche rinunciare alla carne o a qualsiasi altro tipo di
cibo o bevanda la cui acquisizione causa dolore ad altri esseri (essere vegani)
è considerato ahimsa. A volte compiamo delle azioni che in sé stesse sono violente, sebbene i nostri
scopi non lo siano affatto. Quando una madre schiaffeggia un bambino, lo fa
perché vuole impartirgli una lezione. È fatto con amore, non con odio.
Pertanto, è lo scopo che conta, non l’azione.
Incoraggiare un’altra persona ad essere violenti o esserlo
noi stessi è ugualmente sbagliato. Himsa (violenza) non è solo la violenza
fisica ma include anche la manipolazione, il ferire i sentimenti di qualcuno,
l’influenza psichica, ecc. La cosa più importante è non denigrare direttamente
le persone, anche se diventano violente, cioè non litigare, discutere,
polemizzare o bisticciare. Himsa non è considerata violenza se vi salva la vita,
o se si uccide una persona per salvarne molte. Si dice che quando una persona
perfeziona ahimsa, una sorta di magnete agirà intorno ad essa, impedendo a
chiunque di farle del male o essere violento. Le persone inizieranno a gioire
della sua presenza e a non sentire alcun disagio finché saranno in sua
presenza.
Nella Bibbia dei Cristiani, Cristo afferma: “Se qualcuno ti
dà uno schiaffo, tu porgi l’altra guancia”. Cristo, Krishna, Rama, Maometto,
Buddha e altri santi, profeti e messia furono grandi seguaci di ahimsa e dharma. Grandi santi come San Francesco
d’Assisi e Ramana Maharshi, che potevano comunicare con gli animali, erano
anche grandi seguaci di ahimsa. L’aggressività è una reazione alla paura e,
quindi, se vinciamo le nostre paure (tramite brahmacharya), possiamo praticare
ahimsa.
Sarà più facile osservare ahimsa se pensiamo che tutto ciò
che facciamo, di buono o di cattivo, ci tornerà indietro in questa vita o nella
prossima, sia che crediamo nella reincarnazione o no. Le buone azioni producono
buoni risultati, mentre le cattive azioni producono risultati cattivi. Ciò è
chiamato ‘la legge del karma’, e non
potete sfuggirgli. Qualcuno vi sta guardando, sempre.
Un buon esempio è la storia del santo sufi che, chiamati i
suoi discepoli, disse: “ho cinque uccellini, uno per ognuno di voi. Prendeteli
ed uccideteli in luoghi differenti, ma nessuno dovrà vedervi mentre lo fate.
Quando li riporterete qui, faremo una festa.” Chi prima chi dopo tutti tornarono e diedero
spiegazioni su dove avevano ucciso gli uccellini e di come nessuno li avesse
visti, tranne uno. Quando questi arrivò, disse: “Mi dispiace Guruji, ti ho
deluso. Non ho potuto ucciderlo. Ovunque andassi, sentivo come se qualcuno mi
stesse guardando.” Costui risultò essere il discepolo migliore.
Satya
Satya, la verità, è il secondo yama ed è anche la
qualificazione più importante. Prendete Galileo come esempio di satya. Fu
catturato dall’Inquisizione due volte a causa delle sue scoperte ma, nonostante
il pericolo, continuò a scrivere, insegnare e fare ricerche finché non poté
usare più gli occhi e le orecchie. Rimase aderente alla verità delle sue
scoperte fino alla fine, perché sapeva che erano reali e non fu nemmeno
processato. Swami Sivananda dice: “Dio è verità, e può essere realizzato osservando
la verità in pensieri, parole ed azioni.” Secondo il suo pensiero, le tredici
forme di verità sono: veridicità, uguaglianza, autocontrollo, assenza di
gelosia, assenza di emulazione invidiosa, perdono, modestia, resistenza,
carità, premura, filantropia disinteressata (avere molto spirito sociale o
educazione civica), padronanza di sé ed innocuità incondizionata e
compassionevole. In determinate circostanze, dire una bugia (bianca) per
produrre un bene immenso è considerato come verità.
Swami Sivananda dice che vak siddhi (vak significa
parola e siddhi è un potere speciale
che uno yogi riceve tramite la pratica di sadhana
e tapasya) può essere padroneggiato
osservando la verità sempre ed in ogni momento. Vak siddhi ti dà il potere di
rendere vero tutto ciò che dici o che pensi, anche se prima che lo dicessi non
lo era. In altre parole, si ottiene il potere di realizzare cose con il
semplice pensiero. Ciò è noto anche come linguaggio psichico. Praticando la
verità in ogni momento, si ottiene anche il potere di pesare le proprie parole
durante una conversazione, dirigendo così il risultato delle proprie parole
secondo la propria volontà.
Una bugia non è solo una bugia se pronunciate parole
scorrette o disoneste. Se agite scioccamente e in seguito accecate voi stessi
con la convinzione di aver fatto la cosa giusta, anche questo è considerato una
bugia, anche se tutto è avvenuto nella vostra mente. La stessa cosa si ha se
esagerate, o vi vantate, per aumentare il vostro ego. Satya non è solamente
astinenza nel dire bugie, ma anche l’abilità di vedere la verità, di essere
consapevoli della verità dietro tutte le cose. Se dite alle persone cosa
dovrebbero o non dovrebbero fare e poi voi fate quello che volete, siete degli
ipocriti. Dite una cosa e ne fate un’altra, quindi non siete sinceri nemmeno
con voi stessi. Perché si mente? Si mente per sfuggire alla conseguenza delle
proprie azioni o di quelli vicino a noi. Questa è una manifestazione della
mente meschina. Perciò, satya aiuta anche a prevalere sulla mente meschina.
Asteya
Asteya, il terzo yama, è comunemente noto come onestà (nel
senso di ‘assenza di furto’). Per essere in grado di seguire asteya, dobbiamo
essere soddisfatti di ciò che abbiamo, dei nostri oggetti personali, del nostro
modo di pensare, di cosa facciamo, di dove siamo, di chi siamo, ecc. In altre
parole, non dobbiamo essere avidi e cercare di essere contenti. Rubiamo oggetti
perché li desideriamo. Essere capaci o essere forti di resistere alla
tentazione di rubare l’oggetto che desideriamo, renderà la mente molto forte.
Perciò, tramite la padronanza di asteya, si purifica la mente dai desideri e
dalle vritti.
Asteya rende la mente pura come uno specchio in cui la
mente divina si riflette. Il solo pensiero del guadagno derivante dal furto non
dovrebbe sorgere nella mente, perché anche il costante desiderio di oggetti che
non ci appartengono è un vero e proprio furto. A volte le persone sentono che
state desiderando qualcosa che appartiene loro, e se sono di buon cuore, ve lo
daranno. Questo non va bene, perché probabilmente non lo meritavate, in primo
luogo, e soprattutto perché così state privando quella persona di qualcosa a
cui potrebbe tenere. I desideri non espressi per cose che non sono vostre sono
una forma mite di manipolazione mentale nei confronti dei proprietari di ciò
che desiderate.
Rubiamo delle cose perché le desideriamo, e ciò non
significa necessariamente che rubiamo oggetti fisici. Ci sono persone che
rubato le idee degli altri. Questa è la forma peggiore di furto. Cercate di
moderare i vostri desideri. Se non riuscite a liberare completamente la mente
da essi, non provate a dimenticarli, a sopprimerli o a metterli da parte,
perché quando torneranno in superficie saranno ancora più forti. E se i
desideri diventano troppo intensi e non siete in grado di sopprimerli
totalmente, dovrebbero essere soddisfatti il prima possibile, altrimenti
peseranno ancora di più sulla vostra mente finché non vi porteranno al furto o
a qualcosa di simile.
Questi desideri o pensieri che disturbano la mente sono
chiamati vritti. Se siete troppo buoni o di cuore troppo gentile per rubare, i
desideri/vritti probabilmente potrebbero guadagnare più potere se non siete
forti mentalmente; e presto non sarete in grado di pensare rettamente o di
dormire bene. Questa è la forza delle vritti e dei desideri. Se riuscite a
controllare la mente con tutti i suoi desideri o vritti, potrete osservare
asteya. E se osserverete completamente asteya, si dice che le cose per le quali
avete anche il minimo desiderio verranno semplicemente verso di voi con ogni
mezzo, come foste una calamita. Un altro frutto materiale che si ottiene
tramite il perfezionamento di asteya è che si ha anche il potere intuitivo di
sapere dove cercare e trovare la ricchezza.
Brahmacharya
Brahmacharya è spesso spiegato nei libri, nei discorsi,
nelle scritture, ecc. come celibato. Ma Brahma
letteralmente significa la ‘coscienza divina’ e acharya, in questo caso, ‘vivere’ o ‘uno che è stabilizzato in’.
Quindi, brahmacharya realmente significa ‘essere stabilizzati nella coscienza
divina’, o ‘essere stabilizzati nella (forma) più elevata della mente’.
Gli scienziati hanno dimostrato che solo il dieci percento
del cervello medio è attivo e liberamente accessibile durante le attività
quotidiane. Le persone spiritualmente evolute hanno affermato tempo fa che la
mente umana ha un’enorme capacità. Sfortunatamente, una larga parte di quel
dieci percento è guidata da istinti e indulge in attività voluttuose e
meschine. I quattro istinti di base che guidano sono: ahara (cibo), nidra
(sonno), bhaya (paura) e maithuna (sessualità). Queste sono
dominanti nella nostra mente per una semplice ragione: la sopravvivenza. Poiché
la sopravvivenza non è un problema così grande nella società odierna come lo
era nei tempi antichi, si crea una sorta di vuoto. Il cibo è in abbondanza, la
paura diventa un ostacolo nella vita quotidiana, il mondo è sovrappopolato, e
via dicendo. La maggior parte delle persone riempie questo vuoto amplificando
il soddisfacimento di quei desideri che portano al piacere dei sensi.
Brahmacharya si occupa di riempire questo vuoto di spiritualità.
Molti potrebbero dire che la spinta principale è ahara, ma
non è così. Brahmacharya è essere liberi dal piacere del soddisfacimento degli
istinti della mente inferiore, ed è più comunemente conosciuto come ‘celibato’
perché maithuna è l’istinto più potente. Maithuna è la spinta principale perché
senza saremmo morti come specie molto tempo fa.
Per la maggior parte delle persone, seguire brahmacharya significa
sopprimere i desideri. Brahmacharya non dovrebbe essere soppressione, e la
soppressione non è il rimedio per gestire la mente inferiore o per controllare
nessuna delle sue spinte istintive. A meno che una persona non sia stabilita
nella mente superiore, la soppressione non è di alcuna utilità.
Una persona potrebbe essere in grado di impedirsi di
soddisfare qualcuno di questi istinti, ma non può impedire alla mente di
soffermarsi su di essi continuamente. Questo non è brahmacharya, essere
stabiliti nella mente più elevata, e la mente più elevata non perde tempo a
soffermarsi su questi argomenti.
C’è una storia di due monaci che vanno in pellegrinaggio
(presumibilmente) in rigoroso brahmacharya. Ad un certo punto del loro cammino
incontrarono una signora incapace di attraversare una grande pozzanghera. Il
monaco più anziano se la prende sulle spalle e la porta in salvo. Scioccato,
dopo un po’ di tempo il monaco più giovane fece le sue rimostranze al monaco
più anziano, che replicò: “Tu la stai ancora portando sulla tua testa mentre io
l’ho lasciata alle rive della pozzanghera!”. Il monaco giovane è un esempio
perfetto del contrario di brahmacharya. Swami Satyananda dice: “Quando è
fermamente stabilito in brahmacharya, lo yogi ottiene vigore, energia e
coraggio, per cui diventa libero dalla paura della morte. Perciò, brahmacharya
è una via importante per superare il klesha
chiamato abhinivesha, che è la paura
della morte.” E poiché quasi tutte le paure hanno le loro radici nel concetto
di morte, brahmacharya è un utile strumento per superare la paura in generale.
Aparigraha
Aparigraha, il quinto ed ultimo yama, è la non possessività
(noto anche come astinenza dall’avidità). È in realtà completa libertà
dall’avidità o cupidigia. Dovreste cercare di non possedere più del minimo che
vi possa servire. Come Swami Satyananda Saraswati cita in ‘Quattro capitoli
sulla libertà’: “Ciò mantiene la mente libera e anche lui (l’aspirante) non
deve preoccuparsi di nulla perché non c’è nulla (nessun possedimento) da proteggere.”
Quando si diventa non-possessivi, o non-attaccati, si diventa imparziali e in
questo modo l’amore condizionato, l’affetto, la compassione e via di seguito
diventano incondizionati, e non ristretti solamente alla famiglia, agli amici, alle
relazioni, ecc.
I doni ricevuti dagli altri ci influenzano e ci rendono più
avidi. Una conseguenza di questo è che s’inizia a fare regali perché ci si
aspetta qualcosa in cambio, che non va bene perché ci si sente offesi se non si
riceve nulla. Un sannyasin dovrebbe,
perciò, evitare i regali. L’avidità porta anche attaccamento, e ansia che
accompagna l’attaccamento. Questi sono tutti ostacoli per acquisire la
conoscenza spirituale. Swami Sivananda dice: “La libertà dall’attaccamento
porterà alla conoscenza dell’intero corso del nostro viaggio.” Inoltre, sarà
facile osservare asteya, l’astinenza dal furto, se si padroneggia aparigraha.
I ricordi e le abitudini del possedere oggetti sono le
prime cose che devono essere eliminati dalla mente, e solo dopo sarà possibile
iniziare una nuova vita. Seguendo aparigraha la mente diverrà anche pura, e si
dice che quando si osserva totalmente aparigraha, si ottiene il siddhi di poter
ricordare le vite passate, se credete nella reincarnazione. Ma non dovete
portare aparigraha oltre i vostri limiti, altrimenti darà origine a
vulnerabilità e possessività. In altre parole, se aparigraha è portato troppo
oltre, potrebbe avere l’effetto opposto.