giovedì 21 giugno 2018

Yama

 

I cinque yama sono ahimsa (non-violenza), satya (veridicità), asteya (astinenza dal furto, onestà), brahmacharya (essere stabiliti nella coscienza divina), e ultimo, ma non per importanza, aparigraha (non-possessività). Gli yama sono le principali qualità che un aspirante spirituale dovrebbe avere al fine di comunicare ed interagire con il mondo esterno e con le persone presenti in esso. Sono anche delle auto-restrizioni dall’eseguire azioni per la mente inferiore più debole. I niyama sono delle qualità di auto-disciplina interamente destinati ad aiutare l’aspirante nel suo percorso spirituale. Sono anche delle regole fissate che dovrebbero essere seguite per poter eseguire le pratiche di meditazione (dhyana) e per raggiungere il samadhi. Praticare yama e niyama è molto fruttuoso in sé, ma gli obiettivi e le conseguenze principali sono la crescita e l’evoluzione spirituale.

Ahimsa
Ahimsa, non-violenza, non significa solo non causare danno o dolore alle altre creature in pensieri, parole ed azioni, ma non avere nemmeno un briciolo di aggressività all’interno del proprio essere. Non dovremmo saltare questo yama: che uso potremmo fare della veridicità, della non-possessività, dell’astinenza dal furto e così via, senza esserci prima stabiliti in ahimsa, nei pensieri e nelle azioni? Swami Sivananda afferma che uno degli scopi degli altri yama è perfezionare ahimsa.

Anche rinunciare alla carne o a qualsiasi altro tipo di cibo o bevanda la cui acquisizione causa dolore ad altri esseri (essere vegani) è considerato ahimsa. A volte compiamo delle azioni che  in sé stesse sono violente, sebbene i nostri scopi non lo siano affatto. Quando una madre schiaffeggia un bambino, lo fa perché vuole impartirgli una lezione. È fatto con amore, non con odio. Pertanto, è lo scopo che conta, non l’azione.

Incoraggiare un’altra persona ad essere violenti o esserlo noi stessi è ugualmente sbagliato. Himsa (violenza) non è solo la violenza fisica ma include anche la manipolazione, il ferire i sentimenti di qualcuno, l’influenza psichica, ecc. La cosa più importante è non denigrare direttamente le persone, anche se diventano violente, cioè non litigare, discutere, polemizzare o bisticciare. Himsa non è considerata violenza se vi salva la vita, o se si uccide una persona per salvarne molte. Si dice che quando una persona perfeziona ahimsa, una sorta di magnete agirà intorno ad essa, impedendo a chiunque di farle del male o essere violento. Le persone inizieranno a gioire della sua presenza e a non sentire alcun disagio finché saranno in sua presenza.

Nella Bibbia dei Cristiani, Cristo afferma: “Se qualcuno ti dà uno schiaffo, tu porgi l’altra guancia”. Cristo, Krishna, Rama, Maometto, Buddha e altri santi, profeti e messia furono grandi seguaci di ahimsa e dharma. Grandi santi come San Francesco d’Assisi e Ramana Maharshi, che potevano comunicare con gli animali, erano anche grandi seguaci di ahimsa. L’aggressività è una reazione alla paura e, quindi, se vinciamo le nostre paure (tramite brahmacharya), possiamo praticare ahimsa.

Sarà più facile osservare ahimsa se pensiamo che tutto ciò che facciamo, di buono o di cattivo, ci tornerà indietro in questa vita o nella prossima, sia che crediamo nella reincarnazione o no. Le buone azioni producono buoni risultati, mentre le cattive azioni producono risultati cattivi. Ciò è chiamato ‘la legge del karma’, e non potete sfuggirgli. Qualcuno vi sta guardando, sempre.

Un buon esempio è la storia del santo sufi che, chiamati i suoi discepoli, disse: “ho cinque uccellini, uno per ognuno di voi. Prendeteli ed uccideteli in luoghi differenti, ma nessuno dovrà vedervi mentre lo fate. Quando li riporterete qui, faremo una festa.” Chi prima chi dopo tutti tornarono e diedero spiegazioni su dove avevano ucciso gli uccellini e di come nessuno li avesse visti, tranne uno. Quando questi arrivò, disse: “Mi dispiace Guruji, ti ho deluso. Non ho potuto ucciderlo. Ovunque andassi, sentivo come se qualcuno mi stesse guardando.” Costui risultò essere il discepolo migliore.

Satya
Satya, la verità, è il secondo yama ed è anche la qualificazione più importante. Prendete Galileo come esempio di satya. Fu catturato dall’Inquisizione due volte a causa delle sue scoperte ma, nonostante il pericolo, continuò a scrivere, insegnare e fare ricerche finché non poté usare più gli occhi e le orecchie. Rimase aderente alla verità delle sue scoperte fino alla fine, perché sapeva che erano reali e non fu nemmeno processato. Swami Sivananda dice: “Dio è verità, e può essere realizzato osservando la verità in pensieri, parole ed azioni.” Secondo il suo pensiero, le tredici forme di verità sono: veridicità, uguaglianza, autocontrollo, assenza di gelosia, assenza di emulazione invidiosa, perdono, modestia, resistenza, carità, premura, filantropia disinteressata (avere molto spirito sociale o educazione civica), padronanza di sé ed innocuità incondizionata e compassionevole. In determinate circostanze, dire una bugia (bianca) per produrre un bene immenso è considerato come verità.

Swami Sivananda dice che vak siddhi (vak significa parola e siddhi è un potere speciale che uno yogi riceve tramite la pratica di sadhana e tapasya) può essere padroneggiato osservando la verità sempre ed in ogni momento. Vak siddhi ti dà il potere di rendere vero tutto ciò che dici o che pensi, anche se prima che lo dicessi non lo era. In altre parole, si ottiene il potere di realizzare cose con il semplice pensiero. Ciò è noto anche come linguaggio psichico. Praticando la verità in ogni momento, si ottiene anche il potere di pesare le proprie parole durante una conversazione, dirigendo così il risultato delle proprie parole secondo la propria volontà.

Una bugia non è solo una bugia se pronunciate parole scorrette o disoneste. Se agite scioccamente e in seguito accecate voi stessi con la convinzione di aver fatto la cosa giusta, anche questo è considerato una bugia, anche se tutto è avvenuto nella vostra mente. La stessa cosa si ha se esagerate, o vi vantate, per aumentare il vostro ego. Satya non è solamente astinenza nel dire bugie, ma anche l’abilità di vedere la verità, di essere consapevoli della verità dietro tutte le cose. Se dite alle persone cosa dovrebbero o non dovrebbero fare e poi voi fate quello che volete, siete degli ipocriti. Dite una cosa e ne fate un’altra, quindi non siete sinceri nemmeno con voi stessi. Perché si mente? Si mente per sfuggire alla conseguenza delle proprie azioni o di quelli vicino a noi. Questa è una manifestazione della mente meschina. Perciò, satya aiuta anche a prevalere sulla mente meschina.

Asteya
Asteya, il terzo yama, è comunemente noto come onestà (nel senso di ‘assenza di furto’). Per essere in grado di seguire asteya, dobbiamo essere soddisfatti di ciò che abbiamo, dei nostri oggetti personali, del nostro modo di pensare, di cosa facciamo, di dove siamo, di chi siamo, ecc. In altre parole, non dobbiamo essere avidi e cercare di essere contenti. Rubiamo oggetti perché li desideriamo. Essere capaci o essere forti di resistere alla tentazione di rubare l’oggetto che desideriamo, renderà la mente molto forte. Perciò, tramite la padronanza di asteya, si purifica la mente dai desideri e dalle vritti.

Asteya rende la mente pura come uno specchio in cui la mente divina si riflette. Il solo pensiero del guadagno derivante dal furto non dovrebbe sorgere nella mente, perché anche il costante desiderio di oggetti che non ci appartengono è un vero e proprio furto. A volte le persone sentono che state desiderando qualcosa che appartiene loro, e se sono di buon cuore, ve lo daranno. Questo non va bene, perché probabilmente non lo meritavate, in primo luogo, e soprattutto perché così state privando quella persona di qualcosa a cui potrebbe tenere. I desideri non espressi per cose che non sono vostre sono una forma mite di manipolazione mentale nei confronti dei proprietari di ciò che desiderate.

Rubiamo delle cose perché le desideriamo, e ciò non significa necessariamente che rubiamo oggetti fisici. Ci sono persone che rubato le idee degli altri. Questa è la forma peggiore di furto. Cercate di moderare i vostri desideri. Se non riuscite a liberare completamente la mente da essi, non provate a dimenticarli, a sopprimerli o a metterli da parte, perché quando torneranno in superficie saranno ancora più forti. E se i desideri diventano troppo intensi e non siete in grado di sopprimerli totalmente, dovrebbero essere soddisfatti il prima possibile, altrimenti peseranno ancora di più sulla vostra mente finché non vi porteranno al furto o a qualcosa di simile.

Questi desideri o pensieri che disturbano la mente sono chiamati vritti. Se siete troppo buoni o di cuore troppo gentile per rubare, i desideri/vritti probabilmente potrebbero guadagnare più potere se non siete forti mentalmente; e presto non sarete in grado di pensare rettamente o di dormire bene. Questa è la forza delle vritti e dei desideri. Se riuscite a controllare la mente con tutti i suoi desideri o vritti, potrete osservare asteya. E se osserverete completamente asteya, si dice che le cose per le quali avete anche il minimo desiderio verranno semplicemente verso di voi con ogni mezzo, come foste una calamita. Un altro frutto materiale che si ottiene tramite il perfezionamento di asteya è che si ha anche il potere intuitivo di sapere dove cercare e trovare la ricchezza. 

Brahmacharya
Brahmacharya è spesso spiegato nei libri, nei discorsi, nelle scritture, ecc. come celibato. Ma Brahma letteralmente significa la ‘coscienza divina’ e acharya, in questo caso, ‘vivere’ o ‘uno che è stabilizzato in’. Quindi, brahmacharya realmente significa ‘essere stabilizzati nella coscienza divina’, o ‘essere stabilizzati nella (forma) più elevata della mente’.

Gli scienziati hanno dimostrato che solo il dieci percento del cervello medio è attivo e liberamente accessibile durante le attività quotidiane. Le persone spiritualmente evolute hanno affermato tempo fa che la mente umana ha un’enorme capacità. Sfortunatamente, una larga parte di quel dieci percento è guidata da istinti e indulge in attività voluttuose e meschine. I quattro istinti di base che guidano sono: ahara (cibo), nidra (sonno), bhaya (paura) e maithuna (sessualità). Queste sono dominanti nella nostra mente per una semplice ragione: la sopravvivenza. Poiché la sopravvivenza non è un problema così grande nella società odierna come lo era nei tempi antichi, si crea una sorta di vuoto. Il cibo è in abbondanza, la paura diventa un ostacolo nella vita quotidiana, il mondo è sovrappopolato, e via dicendo. La maggior parte delle persone riempie questo vuoto amplificando il soddisfacimento di quei desideri che portano al piacere dei sensi. Brahmacharya si occupa di riempire questo vuoto di spiritualità.

Molti potrebbero dire che la spinta principale è ahara, ma non è così. Brahmacharya è essere liberi dal piacere del soddisfacimento degli istinti della mente inferiore, ed è più comunemente conosciuto come ‘celibato’ perché maithuna è l’istinto più potente. Maithuna è la spinta principale perché senza saremmo morti come specie molto tempo fa.

Per la maggior parte delle persone, seguire brahmacharya significa sopprimere i desideri. Brahmacharya non dovrebbe essere soppressione, e la soppressione non è il rimedio per gestire la mente inferiore o per controllare nessuna delle sue spinte istintive. A meno che una persona non sia stabilita nella mente superiore, la soppressione non è di alcuna utilità.

Una persona potrebbe essere in grado di impedirsi di soddisfare qualcuno di questi istinti, ma non può impedire alla mente di soffermarsi su di essi continuamente. Questo non è brahmacharya, essere stabiliti nella mente più elevata, e la mente più elevata non perde tempo a soffermarsi su questi argomenti.

C’è una storia di due monaci che vanno in pellegrinaggio (presumibilmente) in rigoroso brahmacharya. Ad un certo punto del loro cammino incontrarono una signora incapace di attraversare una grande pozzanghera. Il monaco più anziano se la prende sulle spalle e la porta in salvo. Scioccato, dopo un po’ di tempo il monaco più giovane fece le sue rimostranze al monaco più anziano, che replicò: “Tu la stai ancora portando sulla tua testa mentre io l’ho lasciata alle rive della pozzanghera!”. Il monaco giovane è un esempio perfetto del contrario di brahmacharya. Swami Satyananda dice: “Quando è fermamente stabilito in brahmacharya, lo yogi ottiene vigore, energia e coraggio, per cui diventa libero dalla paura della morte. Perciò, brahmacharya è una via importante per superare il klesha chiamato abhinivesha, che è la paura della morte.” E poiché quasi tutte le paure hanno le loro radici nel concetto di morte, brahmacharya è un utile strumento per superare la paura in generale.

Aparigraha
Aparigraha, il quinto ed ultimo yama, è la non possessività (noto anche come astinenza dall’avidità). È in realtà completa libertà dall’avidità o cupidigia. Dovreste cercare di non possedere più del minimo che vi possa servire. Come Swami Satyananda Saraswati cita in ‘Quattro capitoli sulla libertà’: “Ciò mantiene la mente libera e anche lui (l’aspirante) non deve preoccuparsi di nulla perché non c’è nulla (nessun possedimento) da proteggere.” Quando si diventa non-possessivi, o non-attaccati, si diventa imparziali e in questo modo l’amore condizionato, l’affetto, la compassione e via di seguito diventano incondizionati, e non ristretti solamente alla famiglia, agli amici, alle relazioni, ecc.

I doni ricevuti dagli altri ci influenzano e ci rendono più avidi. Una conseguenza di questo è che s’inizia a fare regali perché ci si aspetta qualcosa in cambio, che non va bene perché ci si sente offesi se non si riceve nulla. Un sannyasin dovrebbe, perciò, evitare i regali. L’avidità porta anche attaccamento, e ansia che accompagna l’attaccamento. Questi sono tutti ostacoli per acquisire la conoscenza spirituale. Swami Sivananda dice: “La libertà dall’attaccamento porterà alla conoscenza dell’intero corso del nostro viaggio.” Inoltre, sarà facile osservare asteya, l’astinenza dal furto, se si padroneggia aparigraha.

I ricordi e le abitudini del possedere oggetti sono le prime cose che devono essere eliminati dalla mente, e solo dopo sarà possibile iniziare una nuova vita. Seguendo aparigraha la mente diverrà anche pura, e si dice che quando si osserva totalmente aparigraha, si ottiene il siddhi di poter ricordare le vite passate, se credete nella reincarnazione. Ma non dovete portare aparigraha oltre i vostri limiti, altrimenti darà origine a vulnerabilità e possessività. In altre parole, se aparigraha è portato troppo oltre, potrebbe avere l’effetto opposto.