Dr. Swami Shankardevananda Saraswati
"Avendo
represso il proprio respiro nel corpo e avendo controllato i propri movimenti,
si dovrebbe respirare attraverso le narici con un respiro ridotto. Come quel
carro aggiogato con i cavalli imbizzarriti, l’uomo saggio dovrebbe mantenere
inalterata la propria mente”. Shvetashvatara Upanishad (II,9)
Il respiro pulsa nel corpo come il pistone in un
motore, 15 volte al minuto, 21.600 volte al giorno, ma noi non ne siamo
consapevoli. È diretto dal prana,
l’energia vitale, ed è responsabile dei livelli di tutti processi chimici del
corpo – dalla combustione dell’ossigeno e del glucosio ad ogni contrazione
muscolare, alle secrezioni ghiandolari e al pensiero.
Di tutti i processi automatici del corpo, il respiro è
il più facile di cui divenire consapevoli, perché si trova nell’interfaccia
della mente conscia e di quella subconscia. Facilmente possiamo controllarlo in
qualsiasi momento vogliamo sebbene, la maggior parte delle volte, va da solo
controllato solo dal sistema nervoso autonomo. È, perciò, un sottile specchio
dell’attività sottostante neuronale e mentale. Quando siamo felici è ritmico,
profondo e lento e quando siamo tristi o tesi è ansimante, sospirante,
superficiale, veloce e irregolare. Una respirazione regolare induce
rilassamento, regolarità e integrazione nei ritmi e nei processi corporei in
modo che lavorino insieme in armonia. Una respirazione irregolare può essere
causata o provocare pericolose strutture mentali, schemi di pensiero caotici e
disordini nello stile di vita, come ad esempio blocchi fisici, emozionali e
mentali, conflitti, impulsività e malattia. Sconvolge i ritmi del cervello, che
si traducono in un circolo vizioso.
Il respiro e la mente nella maggior parte delle
persone sono come un gruppo di cavalli selvaggi che hanno perso le redini e
corrono in ogni direzione che a loro piace. Senza consapevolezza del respiro o
della mente, facilmente scivoliamo in schemi cerebrali e di pensiero instabili,
in nevrosi e malattie. William Reich, uno psichiatra tedesco, parlò della
necessità di controllare la respirazione affermando: “Non esiste un individuo
nevrotico che sia in grado di espirare in un solo respiro, profondamente e in
modo uniforme”.
L’intuizione del legame esistente tra il respiro e la
mente indica che la tensione mentale crea una respirazione irregolare. Gli yogi hanno utilizzato questa intuizione
per escogitare delle tecniche per aumentare ed equilibrare la consapevolezza e
gli schemi della respirazione in modo da indurre calma mentale e ridare ordine ai
cicli interni caotici del cervello e della mente.
Il pranayama
e la meditazione ci permettono di controllare coscientemente i centri cerebrali
che regolano il respiro e al tempo stesso di raggiungere intuizioni profonde e
controllo di tutti i processi subconsci, dei cicli e delle energie del corpo.
Ciò libera l’energia intrappolata negli schemi nevrotici per attività molto più
creative e gioiose e permette ai ritmi interni di riprendere il loro ordine
naturale. Prendiamo in mano le redini del respiro e della mente e permettiamo
ai cambiamenti chimici e agli schemi neuronali di riprendere il loro posto e di
lavorare efficacemente per una buona salute.
Il pranayama
porta alla realizzazione della presenza di una grande forza all’interno di ogni
essere che alimenta il mondo interiore e che non necessita della nostra
supervisione o attenzione. Quando impariamo a rilassarci e a divenire
consapevoli di questo, i cicli iniziano a lavorare ottimamente, senza essere
impediti dalle tensioni. Allo stesso tempo, possiamo imparare a controllarli
consciamente, se lo vogliamo.
I bioritmi
La scienza moderna sta facendo delle ricerche sugli
effetti del respiro sul corpo e sulla mente e si è rivolta all’antica visione
dell’India, della Cina, della Grecia, dell’Egitto e della Persia, dove la
scienza era basata sull’infinito intervallo dei cicli cosmici e
sull’interazione tra coscienza ed energia, tra ida e pingala.
Alla fine del quinto secolo a.C. Ippocrate, la cui
scuola sull’isola greca di Cos sarebbe diventata la prima pietra della scienza
medica, insegnava un sistema di medicina integrata con i cicli e le leggi della
natura. Le terapie erano designate per riportare la regolarità e l’equilibrio
nei cicli del corpo malato e per ripristinarne la funzionalità in un corretto
allineamento con il resto del corpo. Lentamente, dopo un po’ di tempo, l’uomo e
la scienza dimenticarono questa interrelazione e divennero sempre più
compartimentalizzati.
Alla fine del diciannovesimo secolo il Dr. Herman
Swoboda, professore di psicologia all’Università di Vienna, e il Dr. Wilhelm
Fliess, collega e caro amico di Sigmund Freud, dopo meticolose e sistematiche
analisi e calcoli, scoprirono che l’uomo sembrerebbe avere due cicli
principali. Uno è il ciclo di 23 giorni di forza, resistenza e coraggio – la
componente ‘maschile’. L’altro è di 28 giorni - il ciclo femminile di
sensitività, intuizione ed emozione. Entrambi questi cicli sono divisi in un
periodo positivo, ascendente o di scarico nella prima metà e in uno di ricarica
o recupero nella seconda metà, quando le energie sono basse. Si dice che
entrambi sono presenti in ogni uomo e in ogni donna e in tutte le cellule del
corpo umano. Ci sono degli ovvi parallelismi qui con la simbologia di ida e
pingala della fisiologia yogica. Fliess associò i cicli di 23 e di 28 giorni ai
cambiamenti della mucosa del naso.
Alfred Teltacher, dottore ed ingegnere meccanico che
insegnava a Innsbruck, in Austria, aggiunse alla lista un ciclo di 33 giorni di
attività intellettiva, dopo aver osservato i suoi studenti.
Ciò crea un quadro più completo, ma obiettivamente
semplicistico, dei meccanismi della personalità interiore, perché non tiene conto
dei cicli esterni e di quelli interni. Ad esempio, gli scienziati hanno
scoperto che la luna piena esercita un’accentuazione drammatica degli effetti
nei ritmi interiori, soprattutto durante i ‘cruciali’ giorni instabili (che
capitano il primo giorno e quello di mezzo di ogni ciclo). Nei giorni cruciali
siamo alla massima instabilità e fallibilità. Senza il pieno controllo delle
nostre facoltà interiori, siamo più esposti ad incidenti, incomprensioni nelle
relazioni interpersonali e problemi nella vita in generale.
Queste ricerche hanno accidentalmente, o
intuitivamente, riscoperto l’antica conoscenza degli yogi che parlavano
dell’interrelazione tra il flusso del respiro nelle narici e i cicli del
cervello e della mente. Loro erano ancora lontani dalle raffinatezze dello swara yoga, la scienza completa del
ritmo in relazione ai cicli interiori ed esteriori, e non avevano alcuna idea
del fatto che i cicli potessero essere controllati dalla regolazione del flusso
del respiro, neutralizzando e stabilizzando, così, i ritmi instabili e caotici
e i giorni cruciali.
Molti potrebbero avere parecchi vantaggi grazie ad una
migliore comprensione dei ritmi interni. Ad esempio, la Tass News Agency russa,
riporta che i conducenti di taxi di Leningrado hanno ridotto gli incidenti
stradali del 66% prendendo le ferie nei giorni cruciali. Alcuni dottori hanno
calcolato i loro bioritmi in modo da scoprire i giorni migliori per operare e
avere una riduzioni degli errori e delle complicazioni.
Gli esperimenti hanno mostrato anche che ci sono delle
ore migliori per l’apprendimento. Impariamo meglio durante i nostri momenti
migliori. Alcuni di noi sono dei nottambuli e altri dei mattinieri. Chi è più
attivo di notte è penalizzato dall’orario scolastico che, normalmente, è di
mattina. La conoscenza dei propri ritmi interni permette di sfruttare i momenti
di apprendimento ottimali in modo da partecipare alle lezioni e studiare con
piena attenzione e concentrazione. Possiamo anche imparare di più sulle leggi
cosmiche che guidano la nostra vita ed il mondo intorno a noi.
I grafici del bioritmo, inizialmente, sono utili per
indurre un aumento della consapevolezza in modo da organizzarsi per ottenere il
massimo vantaggio. Ad esempio, quando il ciclo intellettivo è basso è il
momento per mettere da parte il lavoro che richiede riflessioni profonde ed
astenersi dal prendere decisioni importanti che possono avere delle
ripercussioni nella vita. Quando il ciclo emotivo è alto, è il momento per
coltivare l’amicizia o per partecipare alle riunioni di famiglia. Comunque, con
il pranayama e la disciplina yogica è possibile alterare i cicli cerebrali,
persino modificare la percezione, la comprensione e le interazioni con il mondo
al fine di evitare gli effetti dei cicli bassi, dello stress e della tensione.
Con il tempo è possibile divenire così sensibili ai
ritmi interni ed esterni da non aver più bisogno dei grafici che ci guidano,
che inizialmente sono utili fino a che non diventiamo più sensibili. Diveniamo
più consapevoli degli effetti del sole e della luna; dei momenti sattvici, rajasici e tamasici della
giornata; di ida e pingala e delle loro interazioni. Alcuni yogi sanno tutto
questo soltanto osservando i cambiamenti degli schemi del respiro alle proprie
narici.
Lo yoga afferma che quando la narice destra è in
eccesso (e l’emisfero sinistro del cervello è più attivo del destro), la mente
diventa dissipata e l’individuo diventa aggressivo. Quando la narice sinistra è
in eccesso, si percepisce ottusità, indolenza, sonnolenza e letargia. Questo
stato squilibrato è predominante al giorno d’oggi, dove siamo costantemente
sotto stress e tensioni eccessivi.
Attraverso il pranayama è possibile sradicare le
tensioni del cervello e della mente, si porta equilibrio al flusso del respiro,
si unificano e quietano gli emisferi del cervello e si raggiungono
l’unidirezionalità della mente e la beatitudine. I cicli positivi e negativi
del bioritmo sono smussati in modo da poter conservare e ridistribuire le
energie, invece di essere alla mercé dei cavalli selvaggi di un respiro e di
una mente non addomesticati che ci portano alla deriva.
Domare i cavalli selvaggi
È possibile cambiare totalmente la struttura del
cervello, lo schema del pensiero e l’intera personalità interiore attraverso un
approccio sistematico e guidato di yoga e pranayama. Il pranayama è una
disciplina del corpo e della mente, non solo un mezzo per ossigenare la
struttura fisica. Il respiro è la porta d’ingresso per la mente e il pranayama
è il biglietto per accedere ai regni interiori.
Certo, l’aumento dell’ossigenazione del cervello che
si ottiene praticando pranayama è benefico. Ad esempio, alcuni anni fa venne
fatto uno studio da alcuni psicologi clinici al ‘Veterans Administration
Hospital’ di Buffalo, USA, che dimostrò che i pazienti anziani ai quali avevano
somministrato ossigeno puro in una camera pressurizzata migliorarono nel test
standard della memoria di circa il 25%. Comunque, il pranayama dà molto più di
questo in quanto controlla, regola e canalizza l’essere mentale-emotivo nell’uomo.
Ci consente di ridistribuire il prana a tutte le facoltà dormienti del nostro
essere e, perfino, di svegliare il nostro pieno potenziale. Possiamo ottenere
molto di più di una buona salute e concentrazione della mente.
Ci sono nove tipi di base di pranayama: nadi shodhana, sheetali, sheetkari,
brahmari, bhastrika, kapalbhati, ujjayi, surya bheda e moorcha. Alcuni velocizzano i cicli, aumentano il calore a livello
fisico e psichico e purificano, mentre altri sono calmanti e rinfrescanti. Essi
richiedono un insegnante che prescriva la pratica corretta necessaria. Vi sono due approcci
principali al pranayama:
1. Terapeutico. Per chi sta cercando sollievo alle
tensioni emozionali, mentali e fisiche che causano diverse malattie e
sofferenze. Occorrono poche pratiche eseguite regolarmente per un certo periodo
di tempo per spingere nuovamente la parte interessata nella sua corretta
posizione e funzione. Una pratica regolare porta ad un cambiamento permanente
nella struttura del corpo e nella personalità, non soltanto un sollievo
temporaneo o una cura.
2. Spirituale. Per gli aspiranti sinceri che desiderano
evolvere la propria consapevolezza ad alti livelli e sono preparati a spendere
tempo ed energia ogni giorno per raggiungere il loro obiettivo. Una o due
pratiche eseguite per diversi anni danno tutto ciò che è necessario per
purificare e preparare all’esperienza più elevata.
Il
progresso lungo il sentiero
Tremolii del
corpo, visioni di ogni genere o esperienze psichiche sono tutte distrazioni e
disturbi che ci portano lontani dalla meta. Esperienze piacevoli e beate sono
facili da ottenere. È possibile indurle inserendo un elettrodo in determinate
parti del cervello o con una corretta sequenza di sadhana yogico. Ma queste esperienze non portano a nessuna
modificazione permanente nella struttura del cervello o nei recessi interiori
profondi della nostra personalità. Per avere questo abbiamo bisogno di un lungo
periodo di regolare e semplice pranayama insieme a karma yoga, bhakti yoga e
gyana yoga.
Via via che perfezioniamo
noi stessi ed il nostro sadhana, procediamo sempre più internamente, rimuovendo
gli strati di sporco e impurità accumulati sottoforma di karma e samskara. Allo
stesso tempo svelerà sempre più facce del potenziale interiore nascosto e della
personalità. Queste nuove facce sono migliori di quelle vecchie perché sono più
profonde, più vere e più in sintonia con il cosmo esterno. L’attività caotica
bio-mentale è trasformata in maggiore consapevolezza universale. Quando gli
schemi vecchi e caotici saranno sradicati potremmo essere più in contatto con
la forza sottile, universale e cosmica – prana.
Diventando maestri del
respiro diverremo anche maestri dei cicli del cervello e questa maestria deve
procedere lentamente, altrimenti ci mancheranno alcuni passi vitali. È
richiesta molta preparazione per
imparare come controllare e rallentare il respiro e il cervello e creare la
connessione tra il respiro e la consapevolezza. Il processo è al tempo stesso
cumulativo e progressivo e dà come risultato stabilità interiore, così che
quando si avrà la vera esperienza spirituale saremo abbastanza forti da
resistere e mantenerla.
Via via che il respiro
rallenta, la consapevolezza sviluppata e ininterrotta penetra gli stati di
consapevolezza normalmente accessibili solo nei sogni, nel sonno profondo e via
di seguito.
Alla fine si
raggiunge un punto dove ci si fonde in uno stato di satchidanandam, la consapevolezza beata della vera realtà, oltre le
limitazioni dei cicli del cervello e degli effetti dell’ambiente. Nella Maitri
Upanishad è scritto: “L’unione del cervello e della mente, insieme ai sensi e
la rinuncia di tutti gli stati dell’esistenza è chiamato yoga.” (VI, 25)