giovedì 21 settembre 2017

Cavalcare il respiro selvaggio

 Dr. Swami Shankardevananda Saraswati

"Avendo represso il proprio respiro nel corpo e avendo controllato i propri movimenti, si dovrebbe respirare attraverso le narici con un respiro ridotto. Come quel carro aggiogato con i cavalli imbizzarriti, l’uomo saggio dovrebbe mantenere inalterata la propria mente”. Shvetashvatara Upanishad (II,9)

Il respiro pulsa nel corpo come il pistone in un motore, 15 volte al minuto, 21.600 volte al giorno, ma noi non ne siamo consapevoli. È diretto dal prana, l’energia vitale, ed è responsabile dei livelli di tutti processi chimici del corpo – dalla combustione dell’ossigeno e del glucosio ad ogni contrazione muscolare, alle secrezioni ghiandolari e al pensiero.

Di tutti i processi automatici del corpo, il respiro è il più facile di cui divenire consapevoli, perché si trova nell’interfaccia della mente conscia e di quella subconscia. Facilmente possiamo controllarlo in qualsiasi momento vogliamo sebbene, la maggior parte delle volte, va da solo controllato solo dal sistema nervoso autonomo. È, perciò, un sottile specchio dell’attività sottostante neuronale e mentale. Quando siamo felici è ritmico, profondo e lento e quando siamo tristi o tesi è ansimante, sospirante, superficiale, veloce e irregolare. Una respirazione regolare induce rilassamento, regolarità e integrazione nei ritmi e nei processi corporei in modo che lavorino insieme in armonia. Una respirazione irregolare può essere causata o provocare pericolose strutture mentali, schemi di pensiero caotici e disordini nello stile di vita, come ad esempio blocchi fisici, emozionali e mentali, conflitti, impulsività e malattia. Sconvolge i ritmi del cervello, che si traducono in un circolo vizioso.

Il respiro e la mente nella maggior parte delle persone sono come un gruppo di cavalli selvaggi che hanno perso le redini e corrono in ogni direzione che a loro piace. Senza consapevolezza del respiro o della mente, facilmente scivoliamo in schemi cerebrali e di pensiero instabili, in nevrosi e malattie. William Reich, uno psichiatra tedesco, parlò della necessità di controllare la respirazione affermando: “Non esiste un individuo nevrotico che sia in grado di espirare in un solo respiro, profondamente e in modo uniforme”.

L’intuizione del legame esistente tra il respiro e la mente indica che la tensione mentale crea una respirazione irregolare. Gli yogi hanno utilizzato questa intuizione per escogitare delle tecniche per aumentare ed equilibrare la consapevolezza e gli schemi della respirazione in modo da indurre calma mentale e ridare ordine ai cicli interni caotici del cervello e della mente.

Il pranayama e la meditazione ci permettono di controllare coscientemente i centri cerebrali che regolano il respiro e al tempo stesso di raggiungere intuizioni profonde e controllo di tutti i processi subconsci, dei cicli e delle energie del corpo. Ciò libera l’energia intrappolata negli schemi nevrotici per attività molto più creative e gioiose e permette ai ritmi interni di riprendere il loro ordine naturale. Prendiamo in mano le redini del respiro e della mente e permettiamo ai cambiamenti chimici e agli schemi neuronali di riprendere il loro posto e di lavorare efficacemente per una buona salute.

Il pranayama porta alla realizzazione della presenza di una grande forza all’interno di ogni essere che alimenta il mondo interiore e che non necessita della nostra supervisione o attenzione. Quando impariamo a rilassarci e a divenire consapevoli di questo, i cicli iniziano a lavorare ottimamente, senza essere impediti dalle tensioni. Allo stesso tempo, possiamo imparare a controllarli consciamente, se lo vogliamo.

I bioritmi
La scienza moderna sta facendo delle ricerche sugli effetti del respiro sul corpo e sulla mente e si è rivolta all’antica visione dell’India, della Cina, della Grecia, dell’Egitto e della Persia, dove la scienza era basata sull’infinito intervallo dei cicli cosmici e sull’interazione tra coscienza ed energia, tra ida e pingala.

Alla fine del quinto secolo a.C. Ippocrate, la cui scuola sull’isola greca di Cos sarebbe diventata la prima pietra della scienza medica, insegnava un sistema di medicina integrata con i cicli e le leggi della natura. Le terapie erano designate per riportare la regolarità e l’equilibrio nei cicli del corpo malato e per ripristinarne la funzionalità in un corretto allineamento con il resto del corpo. Lentamente, dopo un po’ di tempo, l’uomo e la scienza dimenticarono questa interrelazione e divennero sempre più compartimentalizzati.

Alla fine del diciannovesimo secolo il Dr. Herman Swoboda, professore di psicologia all’Università di Vienna, e il Dr. Wilhelm Fliess, collega e caro amico di Sigmund Freud, dopo meticolose e sistematiche analisi e calcoli, scoprirono che l’uomo sembrerebbe avere due cicli principali. Uno è il ciclo di 23 giorni di forza, resistenza e coraggio – la componente ‘maschile’. L’altro è di 28 giorni - il ciclo femminile di sensitività, intuizione ed emozione. Entrambi questi cicli sono divisi in un periodo positivo, ascendente o di scarico nella prima metà e in uno di ricarica o recupero nella seconda metà, quando le energie sono basse. Si dice che entrambi sono presenti in ogni uomo e in ogni donna e in tutte le cellule del corpo umano. Ci sono degli ovvi parallelismi qui con la simbologia di ida e pingala della fisiologia yogica. Fliess associò i cicli di 23 e di 28 giorni ai cambiamenti della mucosa del naso.

Alfred Teltacher, dottore ed ingegnere meccanico che insegnava a Innsbruck, in Austria, aggiunse alla lista un ciclo di 33 giorni di attività intellettiva, dopo aver osservato i suoi studenti.

Ciò crea un quadro più completo, ma obiettivamente semplicistico, dei meccanismi della personalità interiore, perché non tiene conto dei cicli esterni e di quelli interni. Ad esempio, gli scienziati hanno scoperto che la luna piena esercita un’accentuazione drammatica degli effetti nei ritmi interiori, soprattutto durante i ‘cruciali’ giorni instabili (che capitano il primo giorno e quello di mezzo di ogni ciclo). Nei giorni cruciali siamo alla massima instabilità e fallibilità. Senza il pieno controllo delle nostre facoltà interiori, siamo più esposti ad incidenti, incomprensioni nelle relazioni interpersonali e problemi nella vita in generale.

Queste ricerche hanno accidentalmente, o intuitivamente, riscoperto l’antica conoscenza degli yogi che parlavano dell’interrelazione tra il flusso del respiro nelle narici e i cicli del cervello e della mente. Loro erano ancora lontani dalle raffinatezze dello swara yoga, la scienza completa del ritmo in relazione ai cicli interiori ed esteriori, e non avevano alcuna idea del fatto che i cicli potessero essere controllati dalla regolazione del flusso del respiro, neutralizzando e stabilizzando, così, i ritmi instabili e caotici e i giorni cruciali.

Molti potrebbero avere parecchi vantaggi grazie ad una migliore comprensione dei ritmi interni. Ad esempio, la Tass News Agency russa, riporta che i conducenti di taxi di Leningrado hanno ridotto gli incidenti stradali del 66% prendendo le ferie nei giorni cruciali. Alcuni dottori hanno calcolato i loro bioritmi in modo da scoprire i giorni migliori per operare e avere una riduzioni degli errori e delle complicazioni.

Gli esperimenti hanno mostrato anche che ci sono delle ore migliori per l’apprendimento. Impariamo meglio durante i nostri momenti migliori. Alcuni di noi sono dei nottambuli e altri dei mattinieri. Chi è più attivo di notte è penalizzato dall’orario scolastico che, normalmente, è di mattina. La conoscenza dei propri ritmi interni permette di sfruttare i momenti di apprendimento ottimali in modo da partecipare alle lezioni e studiare con piena attenzione e concentrazione. Possiamo anche imparare di più sulle leggi cosmiche che guidano la nostra vita ed il mondo intorno a noi.

I grafici del bioritmo, inizialmente, sono utili per indurre un aumento della consapevolezza in modo da organizzarsi per ottenere il massimo vantaggio. Ad esempio, quando il ciclo intellettivo è basso è il momento per mettere da parte il lavoro che richiede riflessioni profonde ed astenersi dal prendere decisioni importanti che possono avere delle ripercussioni nella vita. Quando il ciclo emotivo è alto, è il momento per coltivare l’amicizia o per partecipare alle riunioni di famiglia. Comunque, con il pranayama e la disciplina yogica è possibile alterare i cicli cerebrali, persino modificare la percezione, la comprensione e le interazioni con il mondo al fine di evitare gli effetti dei cicli bassi, dello stress e della tensione.

Con il tempo è possibile divenire così sensibili ai ritmi interni ed esterni da non aver più bisogno dei grafici che ci guidano, che inizialmente sono utili fino a che non diventiamo più sensibili. Diveniamo più consapevoli degli effetti del sole e della luna; dei momenti sattvici, rajasici e tamasici della giornata; di ida e pingala e delle loro interazioni. Alcuni yogi sanno tutto questo soltanto osservando i cambiamenti degli schemi del respiro alle proprie narici.

Lo yoga afferma che quando la narice destra è in eccesso (e l’emisfero sinistro del cervello è più attivo del destro), la mente diventa dissipata e l’individuo diventa aggressivo. Quando la narice sinistra è in eccesso, si percepisce ottusità, indolenza, sonnolenza e letargia. Questo stato squilibrato è predominante al giorno d’oggi, dove siamo costantemente sotto stress e tensioni eccessivi.

Attraverso il pranayama è possibile sradicare le tensioni del cervello e della mente, si porta equilibrio al flusso del respiro, si unificano e quietano gli emisferi del cervello e si raggiungono l’unidirezionalità della mente e la beatitudine. I cicli positivi e negativi del bioritmo sono smussati in modo da poter conservare e ridistribuire le energie, invece di essere alla mercé dei cavalli selvaggi di un respiro e di una mente non addomesticati che ci portano alla deriva.

Domare i cavalli selvaggi
È possibile cambiare totalmente la struttura del cervello, lo schema del pensiero e l’intera personalità interiore attraverso un approccio sistematico e guidato di yoga e pranayama. Il pranayama è una disciplina del corpo e della mente, non solo un mezzo per ossigenare la struttura fisica. Il respiro è la porta d’ingresso per la mente e il pranayama è il biglietto per accedere ai regni interiori.

Certo, l’aumento dell’ossigenazione del cervello che si ottiene praticando pranayama è benefico. Ad esempio, alcuni anni fa venne fatto uno studio da alcuni psicologi clinici al ‘Veterans Administration Hospital’ di Buffalo, USA, che dimostrò che i pazienti anziani ai quali avevano somministrato ossigeno puro in una camera pressurizzata migliorarono nel test standard della memoria di circa il 25%. Comunque, il pranayama dà molto più di questo in quanto controlla, regola e canalizza l’essere mentale-emotivo nell’uomo. Ci consente di ridistribuire il prana a tutte le facoltà dormienti del nostro essere e, perfino, di svegliare il nostro pieno potenziale. Possiamo ottenere molto di più di una buona salute e concentrazione della mente.

Ci sono nove tipi di base di pranayama: nadi shodhana, sheetali, sheetkari, brahmari, bhastrika, kapalbhati, ujjayi, surya bheda e moorcha. Alcuni velocizzano i cicli, aumentano il calore a livello fisico e psichico e purificano, mentre altri sono calmanti e rinfrescanti. Essi richiedono un insegnante che prescriva la pratica corretta necessaria. Vi sono due approcci principali al pranayama:

1.    Terapeutico. Per chi sta cercando sollievo alle tensioni emozionali, mentali e fisiche che causano diverse malattie e sofferenze. Occorrono poche pratiche eseguite regolarmente per un certo periodo di tempo per spingere nuovamente la parte interessata nella sua corretta posizione e funzione. Una pratica regolare porta ad un cambiamento permanente nella struttura del corpo e nella personalità, non soltanto un sollievo temporaneo o una cura.

2.    Spirituale. Per gli aspiranti sinceri che desiderano evolvere la propria consapevolezza ad alti livelli e sono preparati a spendere tempo ed energia ogni giorno per raggiungere il loro obiettivo. Una o due pratiche eseguite per diversi anni danno tutto ciò che è necessario per purificare e preparare all’esperienza più elevata.

Il progresso lungo il sentiero
Tremolii del corpo, visioni di ogni genere o esperienze psichiche sono tutte distrazioni e disturbi che ci portano lontani dalla meta. Esperienze piacevoli e beate sono facili da ottenere. È possibile indurle inserendo un elettrodo in determinate parti del cervello o con una corretta sequenza di sadhana yogico. Ma queste esperienze non portano a nessuna modificazione permanente nella struttura del cervello o nei recessi interiori profondi della nostra personalità. Per avere questo abbiamo bisogno di un lungo periodo di regolare e semplice pranayama insieme a karma yoga, bhakti yoga e gyana yoga.

Via via che perfezioniamo noi stessi ed il nostro sadhana, procediamo sempre più internamente, rimuovendo gli strati di sporco e impurità accumulati sottoforma di karma e samskara. Allo stesso tempo svelerà sempre più facce del potenziale interiore nascosto e della personalità. Queste nuove facce sono migliori di quelle vecchie perché sono più profonde, più vere e più in sintonia con il cosmo esterno. L’attività caotica bio-mentale è trasformata in maggiore consapevolezza universale. Quando gli schemi vecchi e caotici saranno sradicati potremmo essere più in contatto con la forza sottile, universale e cosmica – prana.

Diventando maestri del respiro diverremo anche maestri dei cicli del cervello e questa maestria deve procedere lentamente, altrimenti ci mancheranno alcuni passi vitali. È richiesta molta  preparazione per imparare come controllare e rallentare il respiro e il cervello e creare la connessione tra il respiro e la consapevolezza. Il processo è al tempo stesso cumulativo e progressivo e dà come risultato stabilità interiore, così che quando si avrà la vera esperienza spirituale saremo abbastanza forti da resistere e mantenerla.

Via via che il respiro rallenta, la consapevolezza sviluppata e ininterrotta penetra gli stati di consapevolezza normalmente accessibili solo nei sogni, nel sonno profondo e via di seguito.

Alla fine si raggiunge un punto dove ci si fonde in uno stato di satchidanandam, la consapevolezza beata della vera realtà, oltre le limitazioni dei cicli del cervello e degli effetti dell’ambiente. Nella Maitri Upanishad è scritto: “L’unione del cervello e della mente, insieme ai sensi e la rinuncia di tutti gli stati dell’esistenza è chiamato yoga.” (VI, 25)