Dr.ssa
Olga Gomez de Martinez, dottorato di ricerca, Colombia
La
vita moderna, che procede sempre in sintonia con il progresso tecnologico, ha
portato con sé molte promesse per un mondo migliore. Eppure, per molti aspetti,
ha portato l’uomo in declino, a stati di deterioramento mentale e fisico.
Malattie come l’ulcera peptica e la pressione alta possono essere in gran parte
attribuite alle incertezze e alle tensioni del nostro ambiente. A causa
dell’impossibilità di cambiare la situazione esterna e le sue caratteristiche
negative, è indispensabile guardarsi dentro per cercare altri modi per affrontare
le tensioni quotidiane. Ci sono diversi modi con cui le persone possono
controllare le reazioni fisiche e mentali a eventi psicologici. Uno dei più
efficaci è la meditazione.
Patanjali
definisce la meditazione come il continuo e prolungato flusso di pensiero
diretto verso un determinato oggetto fino a che avvenga il totale assorbimento.
Questo flusso di pensiero diretto può essere concepito come il muoversi in una
linea retta che non è intercettabile da nessun’altra linea o pensiero che possa
romperne la continuità.
In
accordo con Tart (1969) la meditazione è una profonda passività combinata con
la consapevolezza. Con il termine passività egli intende la totale sospensione
di ogni pensiero o azione, richiudendosi in sé stessi e dirigendo l’attenzione
verso l’interiorità e le esperienze spontanee.
SecondoWollfolk
(1975) la meditazione implica la focalizzazione di uno stimolo ripetitivo
indifferente o associato. In base all’informazione che la persona ha, questo è
accompagnato da una sensazione di pace.
Goleman
(1971) concettualizzò la meditazione come una “meta-terapia”, una procedura che
è conforme agli obiettivi basilari della terapia convenzionale, ma che nel suo
stadio finale porta l’individuo in un campo più profondo di quello del
terapeuta, delle terapie e della maggior parte dei teorici della personalità: a
un alterato stato di coscienza.
Per
Swami Satyananda (1975) l’obiettivo della meditazione è l’esplorazione delle
differenti aree della mente per poi trascenderla. Le diverse tecniche
meditative aiutano l’individuo a purificare la mente e a darle il riposo e la
rivitalizzazione necessari per il suo adeguato funzionamento. Focalizzandosi
sull’interiorità, la persona diventa consapevole del caotico e infinito flusso
di pensieri, ricordi, paure, ecc. che non hanno nessuno scopo o oggetto preciso.
La
teoria psicanalista afferma che tutte le esperienze passate determinano il
comportamento presente, in un modo o nell’altro. Questo principio afferma anche
che gli eventi emozionali e mentali hanno una corrispondenza con i cambiamenti
fisiologici; di conseguenza, l’organismo è modellato dagli eventi della vita.
La stessa teoria afferma che tutte le esperienze fisiche e mentali si
accumulano nel sistema nervoso. Seguendo questa linea di pensiero, ci sono
diverse scuole di psicologia che usano la muscolatura come un’estensione del
sistema nervoso per catturare gli eventi che hanno plasmato il comportamento
dell’individuo e per liberarlo da quelle tendenze che hanno lasciato i segni
più traumatici e profondi. Secondo Goleman (1971), questo processo di
liberazione delle tensioni dal sistema nervoso può essere ottenuto attraverso
la meditazione, senza alcuno sforzo o disposizione particolare.
Come
l’individuo andrà in stati di rilassamento profondo e di pura coscienza
sviluppati senza alcun pensiero, avrà una vasta gamma di sensazioni
cinestesiche, o eventi psichici. Lerner ipotizza che le sensazioni cinestesiche
sono la base dei sogni, e che i movimenti del corpo grossolano appaiono in gran
numero durante il sonno, si fermano improvvisamente prima d’iniziare a sognare e
poi riappaiono quando cessa il rapido movimento degli occhi (la fase REM).
I movimenti muscolari sottili sono presenti principalmente mentre si sogna e
non sono così evidenti durante le altre fasi del sonno. Basandosi su questo,
Lerner suggerisce che l’attività motoria grossolana si oppone alla fantasia
cinestesica e che il fattore basilare necessario per iniziare tale fantasia è
l’immobilità fisica. È stato dimostrato (Dement 1960) che il sogno è essenziale
per il mantenimento dell’organizzazione della personalità. L’assenza del sogno produce
livelli elevati di tensione, ansia, irritabilità, difficoltà di concentrazione
e un’alterata coordinazione motoria. Lo stato d’immobilità che crea la
meditazione sembra propizi le fantasie cinestesiche. Si potrebbe ulteriormente
dedurre che l’effetto non-stressante prodotto dalla meditazione sia causato
dalla stessa funzione psicologica che agisce mentre si sogna.
Tart
(1969), attraverso le sue osservazioni e quelle della letteratura esistente,
scoprì che i benefici della meditazione, in generale, sono i seguenti: una maggiore
capacità di far fronte alle situazioni di tensione della vita quotidiana e,
quindi, una maggiore tranquillità; la sensazione di una maggiore unità tra il
corpo e la mente; una maggiore consapevolezza nelle esperienze quotidiane; un
miglioramento nel funzionamento del corpo e un sonno migliore e, infine, una maggiore
capacità di giudizio di quando si è rilassati e quando non lo si è. Lo stesso
autore dichiara che, sebbene la meditazione abbia effetti risolutivi sulla
salute mentale, non sono state fatte ricerche sufficienti in questo campo.
Le
indagini effettuate sono state dirette principalmente verso la fisiologia della
meditazione. Una serie di risultati si sono ottenuti in relazione alla
meditazione nello yoga. Questo può
essere spiegato grazie a una vasta gamma di tecniche ed esperienze di soggetti
utilizzati in differenti esperimenti. Anche con queste variabili, i risultati
fisiologici della meditazione tendono verso una diminuzione del consumo
d’ossigeno, nonchè all’eliminazione di anidride carbonica (Anand e Col., 1961).
Per quanto riguarda la resistenza della pelle, dove i valori bassi sono
associati all’ansia e quelli alti al rilassamento, si è riscontrato che durante
la meditazione questi valori aumentano rapidamente, superando perfino i livelli
più elevati prodotti durante il sonno (Bagchi e Wenger, 1957; Wallace e Benson,
1972).
Come
parte di uno studio sugli effetti fisiologici della Meditazione Trascendentale,
Wallace (1970) fece alcuni esami del sangue prima, durante e dopo la
meditazione. Scoprì che i livelli di lattato nel sangue diminuiscono
sensibilmente all’inizio della meditazione, continuano a scendere durante la meditazione
e, alla fine, rimangono in bassa concentrazione.
Si
è visto che il lattato è presente in livelli elevati quando i pazienti con
nevrosi d’ansia sono posti sotto stress. Allo stesso modo, i pazienti con
ipertensione presentano livelli elevati di lattato nel sangue in stato di
riposo, rispetto ai pazienti senza ipertensione. Pitts (1969) fece uno studio
sulla biochimica dell’ansia e scoprì che i sintomi dell’ansia possono essere
indotti con infusioni di lattato. Il ruolo dell’ansia nei disordini psicologici
è universalmente accettato dai terapisti. Ad esempio, Angyal (1965) ritiene
l’ansia un fenomeno fondamentale nella psicopatologia, essendo il punto
determinante tra la salute e la nevrosi.
Nello
studio già citato di Bagchi e Wenger (1957), sono stati posti sotto
osservazione 14 yogi durante sessioni
di meditazione che oscillavano dai 15 ai 120 minuti. Venne riscontrata una
tendenza verso un’attività fisiologica stabile e ridotta. La frequenza cardiaca,
nella maggioranza degli yogi, non
subì alcun cambiamento significativo ma si scoprì, come già riportato da Anand
e Col (1961), che la respirazione aveva la tendenza a diminuire.
In
riferimento al modello delle onde cerebrali durante la meditazione, Anand,
Ghhina e Singh (1961) trovarono che durante il periodo di normale rilassamento,
i soggetti mostravano una prevalenza di attività alpha, mentre durante la
meditazione la durata e l’ampiezza di tali onde aumentavano. A differenza di
altri tipi di meditazioni, come nella meditazione Zen, l’attività delle onde
alpha non potevano essere intercettate o bloccate durante la meditazione
yogica. Anche Wallace e Benson (1972) riscontrarono che le onde alpha
s’intensificavano durante la meditazione e, in alcune occasioni, apparivano le
onde theta.
Goger
e Werback (1975) fecero uno studio in relazione al dolore cronico. Essi scoprirono
che i cambiamenti significativi in abbondanza ed ampiezza delle onde alpha
erano accompagnati dall’aumento della tolleranza al dolore e da una ridotta attività
in situazioni emotive.
Esiste
ancora un gran numero di aree dove gli effetti della meditazione non sono
ancora stati esplorati. Nella terapia psicologica è stato fatto poco, ed è
possibile che la meditazione possa dare un grande aiuto, in quanto l’ansia è
uno dei componenti determinanti nei disturbi mentali. Kondo (1958), ad esempio,
uno psichiatra giapponese, affermava che quando i suoi pazienti meditavano a
casa, dopo aver fatto delle sessioni con lui, i risultati erano molto più costruttivi.
La
meditazione è un’antica disciplina, di grande aiuto a chi la pratica. Pertanto
è consigliabile che se ne determinino tutti gli effetti per usarla
scientificamente in settori come, ad esempio, la medicina, la psicologia
curativa e preventiva, le relazioni umane e le ricerche. Mentre si fa questo
possiamo fare anche qualcosa per la nostra personale salute mentale e fisica.
La meditazione dà un’importante spinta nella vita.
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