venerdì 21 giugno 2019

Un ponte tra il grossolano e il trascendente

Paramahamsa Swami Niranjanananda

Dal punto di vista dello yoga, il samadhi non è la morte, ma il risveglio in una nuova dimensione di coscienza. Ci sono due stati: uno è noto come morte, l’altro come samadhi. Le persone normali passano attraverso la morte; il corpo muore, la mente perde la propria consapevolezza e non c’è più memoria di dove uno si trovi o di cosa stia facendo. Il samadhi è la consapevolezza della presenza della coscienza assoluta in questa vita e la capacità di conoscere e dirigere l’anima nel suo viaggio verso la trascendenza. È così che il samadhi è stato visto nello yoga fin dai tempi antichi.

Il ponte della consapevolezza
Secondo le Scritture, quando l’anima se ne va, lascia il corpo e i sensi e porta con sé la mente e i ricordi. Quando si reincarna, arriva con le impressioni, i samskara e i karma della vita precedente insieme allo stato di evoluzione della vita precedente. Questo è un modo di comprendere la morte. L’altra comprensione è che tramite lo sforzo e il sadhana si può purificare la mente grossolana e collegarla alla mente trascendentale. Questo collegamento è quello della consapevolezza. Il ponte è quello della consapevolezza, che in yoga è noto come drashta bhava, la capacità di essere testimoni.

Anche voi passate attraverso questo stato nella vita. Molte volte quando dormite o sognate, non avete consapevolezza del sogno. Lo state solo guardando e al risveglio l’avrete dimenticato. Poi ci sono delle volte in cui sognate, sapete che state sognando e vi potete muovere nel sogno volontariamente e senza sforzo. Ciò significa che la consapevolezza di “Io sto sognando” esiste anche mentre dormite e sognate. Questa consapevolezza vi fa realizzare che “Questo è il mio stato di sogno e quello è il mio stato di veglia”. Questo è simile all’esperienza del samadhi che si raggiunge a un livello più elevato.

In samadhi, tramite il ponte della consapevolezza tra la mente grossolana e quella trascendente, lo spirito va da questa dimensione a quella più elevata. In quello stato c’è totale consapevolezza e funzionalità ma lo spirito non è confinato all’esistenza del corpo e dei sensi. Diventa energia, diventa universale. Questo raggiungimento, che è oltre il grossolano, il materiale, l’intellettuale e l’emozionale, è un’esperienza di conoscenza e realizzazione.

Quello che sapete e che sperimentate ora è limitato alla vostra intelligenza e alla vostra mente. C’è un altro stato in cui si conosce e si sperimenta tutto. Dove si sa tutto è lo stato di jnana, o satyam. Dove si sperimenta tutto è lo stato di shivam. La conoscenza è satyam, l’esperienza è shivam e ciò che rende piacevole conoscere e sperimentare è sundaram. Queste sono le tre espressioni o attributi della coscienza trascendentale, e il samadhi è il raggiungimento di quella dimensione di coscienza. Le Scritture, i racconti e le storie di yogi e maestri nelle differenti tradizioni e culture del mondo riflettono il raggiungimento dello stato di Samadhi. Gesù, il profeta Maometto, Buddha, tutti l’hanno raggiunto. Buddha ha chiamato questa esperienza “Nirvana”, Gesù l’ha chiamato “entrare nel regno dei cieli”; qualunque sia l’espressione, essa rappresenta un passaggio in una dimensione dove i confini dei sensi e della mente sono trascesi e si ha una connessione con la realtà trascendentale.

La coscienza di Shiva
Dalla prospettiva tantrica, il samadhi o il collegamento della coscienza dal grossolano al trascendente, è conosciuto come il raggiungimento di Shivahood, la natura di Shiva o la qualità di Shiva. La qualità di Shiva indica una serie di esperienze in cui ci si immerge per portare un cambiamento qualitativo nella vita. È un’esperienza che ci porta vicini alla natura di Shiva, la natura trascendentale.

Shiva rappresenta la coscienza più elevata e la forma immanifesta di Shiva è lo Shivalingam. La forma manifesta è l’immagine incarnata, le rappresentazioni dove vedete Shiva con un corpo. 
La forma immanifesta è simbolica e la forma manifesta è creata a nostra immagine.

Dopotutto, per una formica Dio sarebbe una ‘super-formica’, non un essere umano o un Dio dalle sembianze umane. Per un elefante Dio dovrebbe essere un ‘super elefante’, no Rama, Krishna, Gesù o San Francesco. Tutti creano un proprio Dio a propria immagine, e anche Dio ci crea a Sua immagine. Questo significa che c’è qualcuno là fuori seduto in cielo che ci sta creando o noi stiamo creando Lui o Lei? O significa che c’è una connessione tra l’energia cosmica e quella individuale?

Il mutuo sostegno tra Dio e le forme di vita è indicativo dell’interrelazione tra le due forze dell’energia e della coscienza. Quando avete energia e coscienza qui, a livello materiale, potete pensare, pianificare e creare. Quando c’è energia e coscienza lassù, a livello trascendentale, Egli può pensare, pianificare e creare. Il trascendentale crea il grossolano e il grossolano conferma il trascendentale. Questo è il collegamento tra l’individuo e il divino.

Lo stato di coscienza di Shiva è uno stato risvegliato di coscienza. La sua prima espressione è quella della conoscenza. La sua seconda espressione è la realizzazione o l’esperienza. La sua terza espressione è il godimento, manifestando gioia, felicità, contentezza, armonia e bellezza. L’armonia è un attributo essenziale dello stato di Shiva. Questo è raffigurato nella mitologia con l’immagine della famiglia di Shiva, dove coesistono gli opposti.

La connessione con l’armonia e la positività
Nella famiglia di Shiva, nulla è in armonia. Lui indossa dei serpenti come ornamento mentre il veicolo di Kartikeya, suo figlio, è il pavone che mangia i serpenti. I serpenti mangiano i topi, veicolo di Ganesha, l’altro figlio di Shiva. La tigre è il veicolo di Parvati, la moglie di Shiva, che può mangiare il pavone e che attacca anche il toro, il veicolo di Shiva. Quindi nella famiglia di Shiva tutti i membri sono nemici tra loro, ma Lui è nella pace e mantiene l’armonia della famiglia. Se perdesse il controllo della famiglia, ci sarebbe pieno caos, distruzione e morte. Questo è un’indicazione dello stato di Shiva: in tutti gli opposti e gli estremi, si è capaci di vivere armoniosamente e pacificamente.

Un altro aspetto di Shiva è l’abilità di mantenere il veleno, o la negatività. Gli esseri umani, o la coscienza grossolana, la mente grossolana, consumano negatività. Mangiano e prosperano sulla negatività. Se iniziate a fare gossip, potreste continuare per tutta la notte, mentre vi addormentate ad un satsang. Se nutrite la mente con della buona roba, si addormenterà, mentre se la alimentate con qualcosa di negativo, con le critiche e con ciò che distrugge, rimarrà attiva e vigile. Se analizzate le vostre giornate, in dodici ore di stato di veglia, per quante ore siete positivi, felici, in pace, pieni di ottimismo, e per quante ore siete infelici, insoddisfatti, critici, confusi, dubitanti, presi dal confrontare e conflittuali? Diventate gli analisti della vostra vita e scopritelo. Scoprirete che la maggior parte del tempo siete nel lato negativo e un piccolo periodo di tempo siete nel lato positivo. Ci sono rare persone che riescono a mettere da parte la negatività e rimanere connessi con il positivo.

Se potete rimanere connessi con la positività nella notte più scura e più cupa, allora dentro di voi c’è la luminosità. Comunque se mentre siete seduti al sole vi sentite cupi e di umore nero significa che vi siete allontanati dalla vostra luminosità. Voi siete circondati dalla luce eppure vivete nel buio, mentre la natura di Shiva è di non consumare il negativo anche se distrugge l’individuo.

Nella mitologia è riportato che quando l’oceano è stato zangolato, uscì il veleno ed era necessario che qualcuno lo consumasse per poter salvare il mondo. Shiva si fece avanti e disse: “Lo consumerò io”. Fece un gran sorso ma non lo ingoiò, gli rimase nella gola. La gola divenne blu a causa dell’effetto del veleno, ma il veleno non scese giù nello stomaco, quindi non lo uccise. Questa è un racconto, ma se lo analizzate, esso indica che Shivahood è uno stato dove il negativo non è consumato. Sebbene venga ricevuto, non va dentro e Shiva non ne rimane influenzato. È così che Egli rimane puro, in armonia e in equilibrio nella vita.

Ci sono molte storie mitologiche in relazione a Shiva che indicano ciò che avviene nella consapevolezza trascendentale. Esse indicano la natura della mente, le espressioni e il comportamento, il corpo e i sensi quando si è connessi con la consapevolezza trascendentale. Tutto è descritto in forma di racconti che rappresentano un’espressione, un comportamento, una comprensione o una realtà della vita. Occorre comprenderle nella giusta prospettiva, in quanto ognuna contiene un insegnamento nascosto. I racconti su Shiva indicano la natura di Shiva Tattwa, l’elemento Shiva nella nostra vita.

Questa è la natura che gli yogi o gli aspiranti spirituali cercano di raggiungere, perché una volta raggiunta si è connessi con l’energia cosmica, la shakti cosmica. Ciò accade nella vita degli yogi che seguono il sentiero spirituale con convinzione, fiducia e fede.

Creare il ponte
Assistere alla vita di questi yogi è di ispirazione per tutti gli aspiranti spirituali per rendersi conto che esiste la possibilità di creare un ponte tra il grossolano e il trascendentale. Certamente, questo richiede uno sforzo, non è semplice. Se volete fare un ponte per attraversare un fiume, dovete creare un cumulo prima di poter inserire i pilastri. Non potete semplicemente separare le acque, metterci dentro della terra e inserire i pilastri. Dovrete lavorare con gli elementi per rendere forti i vostri pilastri. Una volta che i pilastri saranno posizionati, la strada orizzontale verrà posizionata a pezzi, verrà collocata pezzo dopo pezzo da pilastro a pilastro. Questa è anche la filosofia della vita. Non sapete cosa contiene la vostra vita, quali samskara, karma, caratteristiche e tratti ci sono; comunque, se c’è la consapevolezza di ‘io devo creare il ponte’ allora anche nelle acque più profonde, senza separare le acque e cercare del terreno arido, potete ammucchiare, mettere i pilastri e fare il ponte. Questo è lo sforzo, il sadhana di un aspirante spirituale. Questo è il vero sadhana, non le asana e il pranayama. Non aspettatevi di ottenere l’autorealizzazione praticando asana, pranayama e meditazione. Non aspettatevi nemmeno di ottenere la pace mentale tramite queste pratiche.

Ci sono molte persone tra di voi che stanno praticando meditazione da anni, e ancora non hanno nessun controllo sul comportamento della loro mente. È così perché voi avete fatto solo la pratica, non vi siete immersi nello sviluppo e nel mantenimento dell’esperienza della pace che sperimentate durante la meditazione. Avete scorci e lampi momentanei, ma non potete sostenerli. Per creare il ponte tra il grossolano e il trascendente, deve esserci una profonda comprensione dello scopo della vita e delle idiosincrasie della vita. Deve esserci una comprensione di come poter gestire queste insofferenze e limitazioni con convinzione e chiara direzione. Dovete sapere come mettere i pilastri, posare la strada e costruire il ponte. Dovete fare questo sforzo.

Io ho visto questo sforzo continuo nella vita del mio guru Swami Satyananda, e Lui ebbe successo nella creazione del ponte. Lui non ha lasciato il corpo in modo ordinario, ma in uno stato di meditazione. Con il canto dei mantra, invocando consciamente la morte e ritirando i suoi prana, lasciò il corpo così come voi lasciate una stanza e chiudete la porta. Potete chiamare questo metodo di lasciare il corpo, morte? Forse in inglese potreste, ma lo yoga chiama questo il raggiungimento del samadhi o della coscienza di Shiva.

Satya Ka Avahan (Invocando il divino), Gennaio – Febbraio 2016