Dr Rishi Vivekananda Saraswati
Cos’è la meditazione?
Il dizionario Webster definisce la meditazione come: 1. Focalizzare il pensiero
su: riflettere o ponderare. 2. Pianificare o proiettare nella mente: intenti,
scopi. Questo è esattamente ciò che la meditazione non è. Infatti, è solo
quando portiamo la consapevolezza lontano da tutti quei quotidiani processi di
pensiero che siamo in grado di muoverci verso la vera meditazione.
Negli Yoga Sutra, Patanjali ci dice che dopo un’appropriata preparazione (yama, niyama, asana e pranayama), il primo stadio è pratyahara. Questo è lo stadio iniziale
della meditazione. È la fondamentale esperienza centrale per tutti i praticanti
di meditazione, e forma il substrato per tutti. In poche parole, pratyahara è la nostra chiusura alle
percezioni esterne, ignorandole ed aprendoci alle esperienze interiori
lasciandole affiorare alla consapevolezza. Pratyahara
da solo dà molti dei benefici della meditazione, perché ci porta ad uno stato
pacifico e rilassato, libero dalle attività del mondo.
Ci sono due direzioni
che possiamo prendere da qui:
1. La meditazione
concentrativa
2. La meditazione di
apertura
Le pratiche della
meditazione concentrativa cercano di focalizzare la consapevolezza su un punto
ed esclude tutti gli stimoli. Questo è il metodo delineato da Patanjali, e nel Satyananda Yoga include
mantra yoga, ajapa japa, visualizzazioni interiori e trataka.
Nella meditazione di
apertura, invece di focalizzare la consapevolezza, consente di rimanere aperti
a qualsiasi stimolo, come ad esempio i pensieri, i suoni, le emozioni, ecc. ma
cercando di osservarli come un testimone o osservatore imparziale, e consente a
questi di fluire senza esserne coinvolti. Il risultato sarà lo ‘svuotamento’
della mente inconscia inferiore. Esempi sono la consapevolezza dei pensieri
spontanei in antar mouna e le variazioni di visualizzazione
spontanee in chidakash dharana. La
meditazione buddista vipassana e la meditazione mindfulness sono altri esempi
di pratiche simili di apertura. Tuttavia, questi metodi non si escludono l’un
l’altro; entrambi potrebbero essere utili da fare. Infatti, non possiamo
mantenere degli elevati livelli di meditazione concentrativa (dhyana e samadhi) fino a quando non abbiamo svuotato in modo predominante la
mente inferiore, perché la sua forza disturbante si impone alla nostra
consapevolezza quando cerchiamo di concentrarci.
I
benefici della meditazione
Dei benefici della
meditazione se ne può fare esperienza in ogni dimensione. Gli yogi descrivono cinque guaine o kosha, che racchiudono il sé
individuale: annamaya kosha (il corpo
fisico), pranamaya kosha (energia,
vitalità), manomaya kosha (mente ed
emozioni) vijnanamaya kosha (corpo
psichico) e anandamaya kosha
(beatitudine, dimensione dell’illuminazione).
- Annamaya kosha – il corpo
I
muscoli e le articolazioni si rilassano. Sebbene spesso si pensi che le
pratiche fisiche di yoga siano quelle
che aiutano a rilassare i muscoli e le articolazioni del corpo, in realtà anche
le pratiche meditative aiutano a fare questo. Molte persone arrivano alla
lezione del Satyananda yoga nidra
tesi e agitati fisicamente, e scoprono che dopo solo mezz’ora le tensioni
fisiche sono scomparse. Questo, anche se (e forse perché) alla persona non è
stato detto di rilassarsi fisicamente durante la pratica.
Sollievo
dallo stress: l’asse autonomo-endocrino. Le pratiche di meditazione alleviano
lo stress. È stato scientificamente provato che il funzionamento del corpo si
muove dalla risposta allo stress del sistema nervoso simpatico e delle
ghiandole endocrine – meccanismo di ‘attacco-fuga’; al rilassato sistema
nervoso parasimpatico – meccanismo di ‘riposo-digestione’. In questo modo
diveniamo molto più rilassati fisicamente e mentalmente, aprendo così gli
orizzonti della nostra vita e prevenendo così tante delle malattie causate
dallo stress.
Armatura
del corpo.
I conflitti della mente inconscia possono causare l’irrigidimento di alcuni
gruppi muscolari correlati nel corpo, influenzando la postura e l’espressione
del viso. È quasi come se il corpo proteggesse simbolicamente sé stesso dalle
possibili minacce, dalla causa del conflitto mentale. Le persone percettive possono veramente
‘leggere’ il dolore mentale di una persona dalla postura o dall’espressione del
viso. Wilhelm Reich chiamava queste aree ristrette ‘armatura del corpo’ e
notava che quando la causa nella mente inconscia è portata in superficie e
risolta, le rigidità se ne vanno. Le pratiche meditative possono fare proprio
questo, come vedremo.
La
malattia fisica.
Molte ricerche scientifiche nel corso degli anni hanno dimostrato i benefici
della meditazione nell’aiutare ad alleviare la malattia fisica e nel riportare
la persona in buona salute. Questo include il cancro, le malattie
cardiovascolari e quelle respiratorie. Certamente, la meditazione è progettata
per aiutarci ad evolvere verso il nostro potenziale più elevato, ed è davvero
centrata più sul benessere che sulla malattia. Tuttavia, gli stessi fattori che
ci impediscono di realizzare le nostre piene potenzialità causano anche stress
e squilibrio nella vita e, di conseguenza, causano la maggior parte delle
malattie e disabilità. Perciò la meditazione può aiutare nella terapia e queste
malattie spesso sono le più difficili da curare da un punto di vista medico.
- Pranamaya kosha – la vitalità
L’energia
liberata dalle tensioni fisiche – la vitalità. I muscoli e le
articolazioni in tensione accumulano molta energia dell’individuo, e le persone
si stupiscono di quanto si sentano maggiormente piene di energia dopo solo una
lezione di semplice stretching come nelle lezioni introduttive del Satyananda
Yoga o in una lezione di meditazione.
L’energia
liberata dalle repressioni mentali – la vitalità. Gli yogi hanno reclamato per migliaia di
anni, e molti psichiatri e psicologi hanno concordato durante l’ultimo secolo,
che gran parte della nostra naturale vitalità può essere ‘imbrigliata’ nel
mantenere la materia mentale repressa nella mente inconscia. Mantenerla ‘giù’
richiede energia. Hanno notato anche una maggiore esperienza generale di
vitalità quando si porta a livello cosciente il materiale inconscio caricato
emotivamente e poi scaricato, come avviene in psicoterapia e meditazione.
-
Manomaya kosha – la mente e le
emozioni
La
memoria
Eliminazione
dei ricordi repressi. Qui è dove le pratiche di meditazione iniziano (vedete il
mio articolo ‘Superare la tirannia della memoria’ in Yoga, Novembre 2003). È
stato chiaramente dimostrato nel corso degli anni che la meditazione elimina i
conflitti mentali repressi e neutralizza le emozioni legate ad essi. Gli
antichi ricordi perdono il loro potere di ‘trattenerci’, rendendoci così liberi
dal loro peso per sempre.
Dà una
visione maggiormente positiva dei ricordi. Di solito le persone non se ne rendono
conto, ma il modo in cui ricordano il loro passato dipende dal loro stato
emotivo quando cercano di ricordarlo. Se l’individuo è in uno stato d’animo
positivo, i ricordi saranno positivi; se è in uno stato d’animo negativo,
saranno negativi. La meditazione, promuovendo uno stato d’animo positivo, ci dà
accesso continuo agli aspetti positivi del nostro passato.
La
percezione
Pratyahara.
Le varie discipline meditative hanno i loro modi per raggiungere questo stadio
di meditazione, alcuni facili, altri più difficili. Satyananda yoga nidra è un modo facile per indurre questo stato
perché comprende una tecnica formalizzata, passo dopo passo, per dissociare la
consapevolezza dai diversi stimoli esterni. Al tempo stesso interrompe il
monologo dei pensieri che spesso entra nella mente tutto il giorno (vedi
sotto). Quando si saranno raggiunti questi due stadi, la meditazione può andare
avanti; altrimenti è impossibile.
Consapevolezza
e decondizionamento dai modi abituali che percepiamo nel nostro mondo.
La percezione è il processo secondo cui il cervello interpreta gli input
provenienti dagli organi di senso in esperienze interiori, che per ognuno di
noi hanno un significato diverso. Due
persone camminano insieme lungo un sentiero e hanno le stesse visioni, sentono
gli stessi suoni, ecc. ma ognuno percepisce aspetti diversi della scena. Una
persona, ad esempio, potrebbe “assorbire” la bellezza dello scenario, mentre
l’altra potrebbe “prendere in considerazione” tutti i possibili pericoli che si
nascondono. Ognuno di noi vive essenzialmente in un ‘mondo differente’ rispetto
agli altri, perché ciò che percepiamo nelle varie situazioni dipende dalla
nostra programmazione mentale. La meditazione ci permette di divenire
consapevoli del processo della percezione, in modo che possa divenire
automatico e che possiamo decidere cosa percepire, sia ad occhi chiusi che
aperti.
Essere testimoni. Come estensione dell’essere consapevoli del nostro percepire, iniziamo
ad andare verso lo stadio successivo, che è essere testimoni – osservatori –
della situazione, e questo sviluppa l’essere testimoni del processo dei nostri
pensieri, delle nostre emozioni e delle nostre tendenze di comportarci in un
determinato modo.
La mente
L’attenzione: domare la
scimmia. Il pensiero della maggior parte delle persone
‘vaga’, salta da un idea all’altra. Per questa ragione gli yogi si
riferiscono alla mente comune come a una ‘scimmia’. Il processo della
meditazione, soprattutto la forma ‘concentrativa’, rende capaci di mantenere
l’attenzione focalizzata su una cosa; che sia un mantra, un’immagine, la
fiamma della candela, o altro.
La concentrazione. Considerando l’idea di ‘concentrazione’ nel significato ordinario,
pensiamo al processo di pensare intensamente ad un oggetto o ad una situazione:
un processo in cui la mente lavora intensamente. Questo stato non è la
concentrazione che cerchiamo di raggiungere nello stadio di dharana
della meditazione. Qui la percezione interiore è sull’oggetto di dharana,
ma il processo del pensiero è ampiamente ignorato e gli altri pensieri che
arrivano vengono semplicemente lasciati fluire. Abbiamo realizzato questo nel
modo seguente.
Fermare il chiacchierio
della mente. Il chiacchierio della mente è un ‘monologo
interiore’, un flusso continuo di pensieri, presente nella mente della persona
comune per tutto il giorno. Non si ferma, dal momento in cui si sveglia al
mattino a quando va a dormire alla sera. Cambia di volta in volta in base alle
sensazioni che giungono, ma fluisce sempre, dominando la mente, le emozioni,
gli atteggiamenti e i comportamenti per tutta la vita cosciente. Le persone
sono così identificate con questo flusso di pensieri da credere che questo è
ciò che realmente sono. A volte si sorprendono di come sia facile fermarne il
flusso, e di come la mente si calmi immediatamente quando ciò avviene. Allora
realizzano che gli schemi di pensiero con cui sono identificati sono solo dei
processi, non l’individuo stesso. Le pratiche meditative contengono tecniche
che per prima cosa rompono il monologo interiore circa gli eventi esterni, e
poi tagliano la parte di esso che continua sulla base della memoria quando si è
interiorizzati.
Consapevolezza delle
abitudini di pensiero. Abbiamo sviluppato abitudini
di pensiero circa la nostra vita e il nostro mondo. Spesso crediamo che le
altre persone abbiano i nostri stessi schemi di pensiero e ci stupiamo quando
altre persone arrivino a delle conclusioni completamente differenti circa la
stessa situazione. Questi schemi di pensiero sono diventati delle abitudini,
basate sulle nostre esperienze di vita; possono essere razionali, sensibili e
utili, o possono essere irrazionali, ridicoli e anche distruttivi, ma li
ripetiamo più e più volte a causa dell’abitudine. Siccome questi schemi sono
molto importanti nella formazione delle emozioni di cui facciamo esperienza e
delle decisioni che prendiamo rispetto a come comportarci, è importante
sviluppare la capacità di ‘staccare’ e osservarli. La meditazione ci dà proprio
questa capacità: diventiamo gli spettatori dei nostri schemi di pensiero e
quindi avremo la possibilità di decidere se li vogliamo oppure no.
Consapevolezza del
ruolo del nostro ego, degli atteggiamenti e delle motivazioni. La maggior parte delle persone sono così fortemente identificate con
il proprio ruolo nella vita, ‘Io sono un direttore organizzativo’ o ‘Io sono
una madre’, che quando il ruolo finisce, come quando il direttore
amministrativo va in pensione o quando i figli lasciano la casa della propria
madre, si sentono distrutte. La stessa cosa si ha per le abitudini circa noi
stessi, le altre persone, il mondo intorno a noi, le ragioni della vita, ecc.
Questi atteggiamenti fanno così parte di noi che li diamo per scontati e
crediamo siano veri, completamente ignari del fatto che le altre persone
mantengono i loro diversi atteggiamenti e identificazioni con i ruoli con la
stessa reverenza incrollabile. Siccome essi sono molto potenti nel motivare il
nostro comportamento nella vita, è essenziale sviluppare la capacità di
osservarli. La meditazione ci dà l’abilità di fare questo e ci consente di
metterci in quella prospettiva.
Le emozioni
La calma. I processi che portano a pratyahara calmano le emozioni
negative. Fanno questo in vari modi. In primo luogo ci consentono di dissociare
la consapevolezza dagli stimoli esterni che sono la causa delle emozioni. Poi
rompono il dialogo interiore che fa andare avanti le emozioni. Portano anche al
rilassamento fisico, uno stato incompatibile con le emozioni negative. Molte
persone trovano che, anche dopo la prima esperienza di una pratica di pratyahara
come Satyananda yoga nidra, le emozioni spiacevoli semplicemente
svaniscono.
Affrontare le emozioni
inconsce. Liberarsi dei ricordi repressi è un aspetto
importante del potere purificante della meditazione. I ricordi vengono repressi
perché le emozioni che coprono sono dolorose; ma se le vogliamo eliminare,
dobbiamo fare esperienza anche delle emozioni dolorose. La meditazione rende
facile tutto questo permettendoci di essere in uno stato emotivo naturale (la
posizione del testimone) di fronte all’inconscio. Allora, quando i ricordi
emotivamente carichi sorgeranno e incontreranno questo stato emotivo neutro, le
emozioni negative saranno neutralizzate e i ricordi perderanno il loro potere.
Ricordatevi anche che il Satyananda yoga insegna delle pratiche fisiche
come asana e pranayama che vanno fatte prima della meditazione,
di cui uno dei benefici è che ci mettono in uno stato emotivamente neutro ed
equilibrato prima che la meditazione inizi.
Decondizionamento dagli
schemi abitudinari automatici delle emozioni. Allo stesso modo in cui abbiamo abituali schemi di pensiero, di
atteggiamento ecc., tendiamo a rispondere agli stimoli della vita con lo stesso
tipo di emozioni, ancora e ancora. Alcune persone rispondono con rabbia, altre
ferendo i sentimenti, alcune con senso di colpa, altre con umorismo… tutte alla
stessa situazione! La meditazione sviluppa all’interno di noi la capacità di
essere testimoni della situazione e di scegliere la risposta ad essa. Espande
anche la consapevolezza, in modo da renderci in grado di vedere il ‘grande
disegno’ della nostra vita e comportarci di conseguenza.
Consapevolezza
oggettiva dei desideri e delle repulsioni. Raga, l’attrazione verso il desiderio degli oggetti o delle
situazioni, e dwesha, la repulsione verso gli oggetti o le situazioni
indesiderate, sono parti del processo di conservazione del nostro corpo.
Tuttavia, nella vita quotidiana, il loro condizionamento non è appropriato: ci
portano a comportamenti compulsivi e di dipendenza che rendono la vita misera.
Un principio fondamentale dello yoga è che se vogliamo evolvere,
dobbiamo attenuare questi desideri e queste repulsioni. Le pratiche meditative
ci consentono di avere una visione più obiettiva dei desideri e delle
repulsioni e, man mano che cesseranno di essere automatici, potremmo scegliere
come rispondere.
Il comportamento
La consapevolezza e il
decondizionamento delle abitudini di comportamento. Così come abbiamo degli schemi di pensiero individuali e delle
risposte emozionali, abbiamo anche degli schemi di comportamento abituali.
Questi sono diventati così radicati attraverso l’abitudine che li diamo per scontati.
Alcuni possono essere benefici e altri piuttosto distruttivi. La meditazione ci
dà l’obiettività di vederli e valutarli. Vogliamo continuare con loro? O
vogliamo sostituirli? La scelta è nostra.
Miglioramento
automatico del comportamento e delle relazioni. Via via che le pratiche di meditazione e di yoga ci aiuteranno
ad evolvere attraverso tutti questi aspetti, il nostro comportamento migliorerà
sempre più; miglioreranno le relazioni con le altre persone e con il mondo che
ci circonda, e ci evolveremo verso le qualità sattviche del livello di vijnanamaya.
Vijnanamaya kosha – il corpo psichico-saggio
Liberazione del corpo
energetico e del corpo mentale. Più il corpo
energetico e quello mentale si liberano, più si fa esperienza delle qualità di vijnanamaya
kosha. Questo, via via, diventa la base della nostra esperienza di vita con
gli occhi aperti o chiusi. Tutta la nostra vita diventa meditazione. Diventiamo
fisicamente rilassati, equilibrati, grati e ‘fluenti’, e anche la nostra
vitalità diventa equilibrata e libera.
Percezione. 1) Percepiamo le persone, gli oggetti e le situazioni come sono
veramente, non corrotte dai blocchi o dai desideri inconsci di come vorremmo
che fossero. 2) Diventiamo sempre più testimoni e sempre meno invischiati nelle
situazioni della vita. In questo modo saremo maggiormente capaci di affrontare
in maniera equilibrata e saggia le situazioni. 3) Mentre ci sintonizziamo con
le fonti di informazioni più elevate, sviluppiamo una maggiore capacità di
arrivare alle conclusioni e a prendere decisioni basate sulla verità.
Ragionamento e processo
decisionale. I nostri ragionamenti e processi decisionali
diventano molto logici, non corrotti dal materiale mentale represso e
facilitati dall’intuizione e dalla precognizione. Ciò porta saggezza,
incorporando discriminazione e discernimento (viveka).
Amore incondizionato. Invece di cercare di amare, diventiamo noi l’amore che è già dentro
di noi. L’amore si riverserà fuori di noi incondizionatamente, proprio come il
profumo si diffonde da un fiore.
Compassione. Grazie alla liberazione dell’amore, ci relazioneremo con gli altri e
con il Pianeta Terra in un modo non dannoso. Diventiamo più etici verso il
nostro mondo.
Comunicazione. Ci relazioneremo con le altre persone con libera comunicazione,
competenza sociale e armonia.
Sicurezza interiore. Poiché avremo sostanzialmente eliminato le fonti delle nostre vecchie
insicurezze irrazionali, diverremo interiormente più sicuri. Questo ci
permetterà di apprezzare la bellezza della vita. Diverremo anche meno avidi e
meno possessivi nei confronti delle cose materiali (asteya e aparigraha),
e sempre meno attaccati e coinvolti nelle cose e dalle persone intorno a noi (vairagya).
Allo stesso modo, grazie all’acquisita sicurezza, avremmo il coraggio di essere
sinceri (satya), e questo diverrà un atteggiamento naturale.
Gioia spontanea. Sperimenteremo la gioia nella vita e ci relazioneremo con le altre
persone e con le situazioni con umorismo, ottimismo e un atteggiamento
positivo.
Abilità di portare a
termine un buon lavoro. La nostra vita diventerà un
flusso di azioni e avremo la capacità di portare a compimento un buon lavoro in
modo disinteressato, senza essere
ostacolati dai blocchi della mente inferiore: tutto questo si traduce in
buona autostima e motivazione. Ad un livello superiore percepiremo la mano
della grazia divina nei nostri sforzi e ci sentiremo strumento di quella
grazia.
Anandamaya kosha – la dimensione della beatitudine
e dell’illuminazione
La stragrande maggioranza della razza umana sta ancora progredendo
lentamente a livello dei kosha inferiori e non ha la minima idea del
destino esaltato in serbo nel livello di anandamaya kosha. In realtà,
comunque, secondo lo yoga, questo è il destino di tutti noi.
Per citare Swami Satyananda in ‘Meditations from the Tantras’: “Il
culmine della meditazione è la realizzazione del Sé. Ciò avviene quando si
trascende la mente più elevata. La consapevolezza lascia l’esplorazione della
mente e si identifica con il nucleo centrale della propria esistenza, il Sé. A
questo punto diventa consapevolezza pura. Quando un individuo raggiunge la
realizzazione del Sé, significa che ha contattato il proprio essere centrale e
ora identifica la propria esistenza, la propria vita, dal punto di vista del
Sé, non dal punto di vista dell’ego. Quando egli agisce dal centro del suo
essere, il corpo e la mente operano quasi come entità separate. Sono
semplicemente manifestazioni del Sé, la sua vera identità. Si può vedere quindi
che lo scopo della meditazione è esplorare le diverse regioni della mente e,
alla fine, trascenderla.”