Swami Bhaktipurnananda Saraswati
Perchè l’80% della
popolazione a un certo punto della vita soffre di mal di schiena e molti per un
periodo di tempo prolungato? Il dolore è come una spia accesa del cruscotto
dell’auto. Quando la spia si accende andiamo alla ricerca del problema e
controlliamo il livello dell’olio, quello dell’acqua, ecc. Se non lo facciamo
l’auto si guasterà! La stessa cosa avviene nel corpo. Non serve a nulla non
volere il dolore e limitarsi ad assumere degli antidolorifici all’infinito:
questo è come togliere la lampadina alla spia accesa. Occorre scoprire la
ragione del dolore.
Il dolore e la
lesione
Che io sappia una delle
cause principali del mal di schiena è la presenza di una lesione non
necessariamente dovuta a una caduta, al sollevamento di un peso, allo sport,
ecc. Anche senza saperlo molti di noi hanno subito dei danni alla schiena nel
passato. Deformazioni e distorsioni possono verificarsi senza che ci rendiamo
conto dell’accaduto. Questi piccoli danni bloccano la colonna vertebrale nel
suo movimento e ciò genera dolore e infiammazione nei tessuti adiacenti al
danno.
Il mal di schiena è sempre
associato all’impedimento del movimento in una determinata zona. È molto
difficile localizzare esattamente il punto di lesione perché una piccola area
d’infiammazione può avere molte zone sensibili intorno. Quando c’è
un’infiammazione si producono delle tossine. Ciò influenza i tessuti
circostanti e si ha una vasta area in cui si percepisce dolore.
Il mal di schiena è
così comune a causa dello stile di vita e del modo in cui si usa (o non si usa)
il proprio corpo. Nella vita quotidiana si fa un uso molto limitato della
schiena e si tende ad adottare anche delle abitudini posturali sbagliate già
dai tempi della scuola (sedendosi scomposti nel banco) o in casa (sedendosi su
poltrone morbide con la colonna vertebrale curvata in avanti). Osservando una
piccola articolazione della colonna vertebrale (fig.1), notiamo che è formata
da faccette articolari su ogni lato della colonna e da un disco vertebrale di
separazione adiacente posto tra i due corpi vertebrali con funzione
ammortizzante. Quest’apertura tra i due corpi vertebrali ha la funzione di
sostenere il peso. In una postura errata il peso invece di scaricarsi tra
questi dischi crea una pressione sulle faccette articolari che non sono
destinate al sostegno del peso. Gradualmente ciò porta alla localizzazione del
dolore in queste articolazioni e ai tessuti circostanti, portando a una
fuoriuscita di una piccola goccia di fluidi. Questo allontana il processo di
guarigione e lascia una superficie di cicatrici residue, di tessuti induriti e
di debolezza.
Comunque, non tutti i
tipi di mal di schiena derivano dalle faccette articolari ma possono essere
originati dai tessuti molli (tendini, cartilagini e legamenti), dai muscoli
adiacenti o dai nervi che emergono dalla colonna spinale.
Inflessibilità
Una colonna vertebrale
sana è flessibile e assorbe l’impatto delle eventuali cadute e degli strappi. A
causa di cattive abitudini le articolazioni diventano inflessibili e meno
capaci di fronteggiare dei movimenti improvvisi o non armonici. Quando forziamo
la schiena o andiamo oltre la serie abituale dei movimenti in maniera
improvvisa danneggiamo i tessuti molli della colonna.
I dischi sono
circondati da un reticolo di legamenti che, incrociandosi, passano da una
vertebra all’altra. Quando questi tessuti vengono danneggiati si induriscono e
hanno meno capacità di movimento. A causa del movimento limitato di
un’articolazione della colonna quelle subito sopra e subito sotto di essa
dovranno muoversi maggiormente per compensare, con conseguente maggiore
possibilità di usura e di rottura. Quindi si avrà un’articolazione che ha perso
un po’ della sua elasticità e ammortizzazione e che è più soggetta a lesione.
Le vertebre adiacenti fanno più lavoro di quanto a loro spetti. Le stesse
articolazioni possono irritarsi dalla pressione, dalle lesioni e dai muscoli
adiacenti che spesso vanno in spasmo per proteggere l’articolazione dal
movimento. Quando s’ignora questa combinazione di irritazione e spasmo
muscolare, lo spasmo stesso diventa più intenso e avvicina le due ossa
bloccando completamente il movimento.
Lo spasmo
Se i muscoli intorno
all’articolazione lesionata subiscono dei gravi o persistenti spasmi si può
avere molta pressione sul disco che creerà un rigonfiamento (prolasso) (fig.2),
soprattutto dove i legamenti che circondano la parte esterna del disco sono
stati messi in tensione e il disco è stato traumatizzato da una cattiva postura
o per un carico di lavoro eccessivo dovuto alla limitazione del movimento delle
articolazioni nella colonna vertebrale. Quando i muscoli che subiscono uno
spasmo vengono rilassati, il disco prolassato può tornare indietro alla sua
normale posizione.
Il deterioramento
del disco
Quando la colonna
vertebrale è stata immobilizzata per un lungo periodo di tempo a causa del
dolore i tessuti molli intorno alla spina dorsale si accorciano e perdono
l’effetto molleggiante che ha una colonna sana in virtù dei dischi spugnosi.
Per poter allungare nuovamente i tessuti accorciati i dischi necessitano anche
loro che i legamenti che li avvolgono siano allungati. Se un’intera porzione
della colonna diventa rigida e ferma, i dischi iniziano a raggrinzirsi e
collassano o si disintegrano completamente e la persona, conseguentemente,
diventa più bassa di statura. Ciò porta a un aumento di carico a livello delle
faccette articolari perché sono più vicine le une alle altre. Possono anche
bloccarsi causando maggiore dolore e scomodità. E siccome i dischi non sono più
grossi come prima i legamenti che li circondano si allungano troppo e non
riescono a mantenere a lungo l’articolazione ferma. L’articolazione così sarà
instabile e molto più facilmente lesionabile. I lunghi muscoli erettori di
ciascun lato della colonna non riusciranno più a tenere le singole vertebre in
posizione, che è il compito dei muscoli intrinseci che collegano ogni vertebra
con quella adiacente. Se i muscoli lunghi della schiena sono in una condizione
di spasmo, come spesso accade quando si ha dolore, paralizzano i muscoli
intrinseci e minano la stabilità della colonna. […]
La discopatia
primaria
Vi è un’altra
condizione chiamata Discopatia Primaria, che spesso è causata da un duro colpo
o da una vibrazione della colonna vertebrale. Cadere battendo i glutei avrà
ripercussioni ai dischi lombari inferiori. Battere forte la testa può lesionare
i dischi del collo. I dischi non prolassano ma i nuclei (la parte morbida al
centro) si deteriorano. Ciò si manifesta in una risonanza magnetica come un
disco scuro.
Il dolore
proveniente dalle radici nervose
Le radici dei nervi che
fuoriescono dalle vertebre hanno un prolifico apparato che rileva il dolore. Se
sono poste sotto pressione da un disco sporgente, dal gonfiore dei tessuti
intorno alle faccette articolari o da cambiamenti della struttura ossea, la
persona sentirà molto dolore.
Il dolore acuto
Quando si è in una fase
di dolore acuto, non è opportuno eseguire degli esercizi fisici. In questo stadio
si necessita di riposo e in seguito di muovere le articolazioni. Il dolore
acuto necessita di riposo – non guardando la televisione o leggendo, ma tramite
il riposo curativo di yoga nidra e di
prana nidra in aggiunta a pratiche
meditative con il movimento della consapevolezza lungo il passaggio frontale o
lungo quello spinale con il respiro e/o il mantra.
Potrebbero essere utili anche delle terapie complementari (osteopatia,
fisioterapia o simili lavori corporei). Poi gradualmente s’introduce
l’esercizio, man mano che si termina con la terapia. Possiamo contribuire a
questo processo con un allentamento delicato e un massaggio alle zone colpite
utilizzando pratiche come la ‘rotazione pelvica’ e il ‘dondolare e rollare’. Se
si usano dei farmaci per alleviare il dolore non è consigliabile fare dei
movimenti come questi finché non si sarà smaltito il farmaco.
Il dolore
cronico
Il dolore cronico può
essere costante o ricorrente. Può sembrare che si sposta o che viene sempre da
una stessa zona. Si può avere una sensazione di calore, di bruciore, di dolore
lancinante come da lama di un coltello, oppure una sensazione di freddo o di
qualcosa che tira. Dobbiamo scoprire che tipo di dolore è; se è viscerale, come
quello che può venire dal fegato (di solito si avverte intorno alla scapola
destra) o mestruale (di solito peggiora prima o durante le mestruazioni). In
questo caso occorre inserire delle pratiche appropriate per il fegato o il
sistema endocrino, come le torsioni e i piegamenti laterali per il fegato e surya namaskara (il saluto al sole) per
le ghiandole endocrine (vedere ‘Asana, Pranayama, Mudra e Bandha’ della Bihar
School of Yoga).
Che il dolore sia acuto
o cronico occorrono anche delle pratiche che aiutano ad armonizzare la parte
mentale ed emozionale che accompagnano sempre il dolore. Quando si ha dolore,
si hanno reazioni a ogni livello.
Sul piano fisico si ha:
· una
reazione mentale: giudizio (ad esempio: è un dolore ‘buono’ quello sentito
durante un massaggio, ‘cattivo’ quando di fronte ad esso siamo impotenti);
·
una
reazione emozionale: avversione, rabbia e fastidio;
·
una
reazione fisica di protezione dell’area del dolore ‘cattivo’.
Allo
stesso modo quando si ha un dolore emozionale come ad esempio se si prova
dispiacere o rabbia si avranno delle reazioni mentali e fisiche.
Il
mal di schiena è visto per lo più come un riflesso delle profonde convinzioni
subconscie o inconsce e dei condizionamenti. Scrittrici come Louise Hay hanno
individuato come ogni zona della schiena riflette differenti questioni. Ho
avuto la prova di questo quando incontrai un uomo affetto da sclerosi multipla
con interessamento solo al di sotto della dodicesima vertebra toracica. Suo
padre era molto critico nei confronti delle sue azioni. L’essere oggetto di
critiche influenza le articolazioni tra la dodicesima toracica e la prima
vertebra lombare. Ho realizzato, così, che per avere un qualsiasi miglioramento
quell’uomo avrebbe dovuto reagire alle critiche ricevute dal padre.
Prima
di esaminare gli aspetti mentali ed emozionali del dolore e di come affrontarli
con lo yoga abbiamo bisogno di
esaminare la postura e le comuni condizioni di squilibrio. Una pratica regolare
di hatha yoga può aiutare a
correggere gli schemi posturali errati che creano quelle piccole lesioni che
portano al mal di schiena.
Gli
schemi posturali
Problemi
posturali differenti richiedono diverse enfasi negli esercizi. La lordosi è una
curvatura in avanti della colonna nella parte bassa della schiena o al collo.
La cifosi è una curvatura esagerata in avanti della zona toracica. La lordosi
della parte bassa della schiena spesso è accompagnata da una cifosi nella zona
toracica (con le spalle curve) e da una lordosi nel collo. La scoliosi è una
curvatura laterale e appare come una ‘C’ o una ‘S’ se vista da dietro. Molti
hanno una gamba più corta o una zona piatta nella regione lombare. Ognuna di
queste situazioni ha i propri schemi di usura e di dolore.
Il
ruolo degli esercizi nella correzione della postura
Gli
esercizi servono per affrontare i problemi strutturali delle articolazioni e
della colonna vertebrale nel suo insieme. Possono essere terapeutici o
preventivi. Mantengono i muscoli in tono e ne prevengono le contratture in modo
che possano eseguire dei movimenti completi e si abbia la corretta
lubrificazione delle articolazioni. Il tono è la quantità di tensione in un
muscolo quando è a riposo. Più tono c’è meno sarà possibile estenderlo, quindi
un muscolo con elevata tonicità diverrà più corto. Può apparire forte ma non
potrà allungarsi e rilasciarsi per tutta la lunghezza. Di conseguenza
l’articolazione non potrà fare pienamente tutti i movimenti. Al contrario i
muscoli con meno tono sono più lunghi. I muscoli appaiati saranno di uguale
lunghezza e forza. Facciamo l’esempio dell’articolazione del gomito: se nel
sollevamento pesi si fanno lavorare di più i muscoli che servono a piegare il
braccio rispetto a quelli che lo distendono, alla fine non si riuscirà più a
distenderlo completamente.
Correzione
della postura dalla posizione eretta
· Praticate il
rilassamento nella posizione eretta con il corretto allineamento della postura.
Posizionate i piedi a circa dieci centimetri l’uno dall’altro e paralleli.
Portate poi la consapevolezza alle piante dei piedi e gentilmente fate delle
piccole rotazioni indietro e in avanti portandovi sulle dita dei piedi e
indietro sui talloni. Poi tornate nella posizione centrale e sentite il
contatto con il pavimento attraverso i due piedi. L’oscillazione e il peso del
corpo vanno in avanti e indietro, a sinistra e a destra in modo naturale. Si è
collegati alla terra tramite i piedi. Lasciate che il peso si scarichi
uniformemente.
· Siate certi che le
ginocchia siano ferme con le rotule tirate verso l’alto. Se sentite che puntano
verso il centro ruotate le cosce verso l’esterno e contraete i glutei.
· (L’esercizio seguente
può essere praticato anche in posizione seduta). Inclinate il bacino in avanti
e indietro per trovare il punto d’equilibrio in modo che la colonna vertebrale
sia comodamente eretta verso l’alto a partire dalle anche.
· Mantenete le spalle
verso l’alto e indietro, lasciandole della giusta larghezza in modo che le
braccia penzolino comodamente verso il basso.
· Tenete la testa e il
collo in posizione verticale in modo che le orecchie siano sopra le punte delle
spalle e sentite la testa in equilibrio sulla parte superiore del collo.
· Immaginate che una corda
sia attaccata all’apice della vostra testa e che qualcuno la sollevi verso
l’alto staccandola dalle spalle. Sentite che la vostra postura si modifica
quando vi ‘abbandonate’ a questa corda immaginaria.
Note
generali
La
flessione in avanti. La pressione
all’interno di un disco è al minimo quando siamo distesi a terra in posizione
supina. È al suo massimo quando ci pieghiamo in avanti e passiamo da un
piegamento di venti gradi alla posizione verticale. Dopo questo punto
diminuisce di nuovo e possiamo così piegarci in avanti in modo confortevole. È
nella posizione ad angolo di venti gradi che un disco non perfettamente sano
rischia di sporgersi o di creare un’ernia. […] Flettendo in avanti la colonna
del 20% della sua curvatura si va a caricare l’articolazione tra la quarta e la
quinta lombare, mentre quando si flette del 60%-70% si carica l’articolazione
tra la quinta lombare e l’osso sacro. Ciò rende questa parte del corpo
altamente a rischio di lesione.
Per
piegare la colonna vertebrale in avanti occorre cautela perché è un movimento
molto rischioso quando i dischi sono deteriorati o danneggiati. Sapendo d’avere
delle articolazioni deboli o un’intera sezione della colonna che non può
muoversi a causa di alcune degenerazioni, è importante fare attenzione quando
ci si solleva da un piegamento in avanti (dalla posizione eretta o da quella in
ginocchio). Usate le mani per alzare le gambe e sostenete il corpo in modo che
non abbia cedimenti o vada in spasmo.
L’estensione indietro.
Quando ci
si estende indietro la parte lombare accentua la curvatura e quella toracica
tende ad appiattirsi. Nella maggior parte dei casi le estensioni indietro
possono aiutare nella riduzione di pressione a carico dei dischi. L’eccezione
si ha quando la zona lombare ha già un’estesa curvatura indietro e ogni piccola
ulteriore curvatura può spingere le faccette articolari ancor più le une contro
le altre. Ciò può dare dolore.
La torsione della colonna
vertebrale. Quando si esegue una torsione è la zona
toracica che la fa non quella lombare. Se si ha una gamba più corta rispetto
all’altra si favorisce l’usura dell’articolazione tra la dodicesima vertebra
toracica e la prima lombare perché la torsione del bacino è squilibrata anche
quando semplicemente si cammina. La zona lombare non ruota molto e questo
movimento aumenta l’usura della prima vertebra designata alla torsione (ad
esempio la dodicesima toracica).
Meru wakrasana e ardha matsyendrasana sono pratiche di torsione molto importanti che
mantengono tutta la colonna vertebrale elastica senza forzare i legamenti.
Inizialmente dovrebbero essere praticate con una mano vicino all’osso sacro e
il braccio dritto in modo da sostenere la parte posteriore e mantenerla
verticale.
La flessione laterale.
Tutta la
colonna vertebrale flette da un lato. I muscoli distanti dalla colonna
subiscono un’inibizione (il grande dorsale, il quadrato dei lombi e i muscoli
ai lati del tronco). Se vi è una scoliosi occorre maggior lavoro per flettersi
lateralmente. I muscoli che vanno rafforzati sono quelli all’esterno della
curva e quelli che richiedono estensione sono quelli che si trovano
all’interno.
Nella
flessione laterale la tendenza è sempre quella di ruotare il bacino o le spalle.
Occorre prevenire tutto ciò appiattendo la parte bassa della schiena e
mantenendo il bacino indentro prima di assumere posizioni come la variante n.3
di trikonasana (posizione del
triangolo con la mano che scivola sulla gamba di lato). Un altro modo per
mantenere il bacino fermo in modo che non possa ruotare è appoggiarsi a una
parete o partendo da shashankasana e
flettersi di lato. Tiryaka tadasana
deve essere praticata con cautela perché le braccia in alto sopra la testa
creano un grande effetto leva a ogni lato soprattutto per chi è molto
alto.
Altre
pratiche
Una
combinazione di pratiche è di vitale importanza per la gestione del mal di
schiena. Le tecniche di pranayama
aiutano il pompaggio linfatico e rimuovono le tossine dalla sede
dell’infiammazione. Assistono il liquido cerebrospinale, che bagna il sistema
nervoso e lo mantiene sano nel movimento. Le seguenti
pratiche devono essere apprese da un insegnante competente.
La
respirazione addominale e quella completa attivano gli addominali e massaggiano
la colonna vertebrale dall’interno, soprattutto quando si è distesi in
posizione prona come in advasana, jyestikasana e makarasana.
I
pranayama che richiedono
un’espirazione forzata e agnisar kriya
agiscono fortemente sui muscoli posturali, soprattutto sui pettorali, i muscoli
posteriori (il grande dorsale e il dentato anteriore) e gli addominali. Agnisar kriya aiuta anche ad attivare e
pulire l’intestino.
La
pratica di mula bandha è usata per
diminuire il livello del dolore (vedere ‘Mula Bandha, la chiave maestra’,
pubblicato dalla Bihar School of Yoga).
Yoga nidra opera nel rilascio
delle tensioni mentali e allo stesso tempo porta a un profondo stato di riposo
in modo che possa avvenire la guarigione.
Antar mouna e antar darshan (vedere ‘Yoga Darshan’, pubblicato dalla Bihar School
of Yoga) sono praticate per aiutare nell’auto comprensione e accettazione.
Prana Vidya (vedere ‘Prana
Pranayama e Prana Vidya’, pubblicato dalla Bihar School of Yoga) è usato per
dirigere il prana per la guarigione.
La
stitichezza e la costipazione sono condizioni comuni in caso di mal di schiena
cronico. Spesso l’eliminazione di tutto il materiale fecale porta sollievo al
dolore. La pratica di laghu o purna shankhaprakshalana è importante
una volta che il corpo è abbastanza forte da poter fare le asana.
I
movimenti da evitare
Chiunque
non sia allenato o abbia una storia di mal di schiena dovrebbe evitare i
seguenti movimenti in quanto richiedono uno sforzo eccessivo del corpo.
Per sedersi.
Quando le
ossa della zona lombare sono abituate a una curvatura all’indietro (in caso di
lordosi) si ha un piccolo danno ai legamenti intervertebrali. Quando si è
distesi a terra con le ginocchia piegate, se si solleva la parte superiore
della schiena dal pavimento portando il peso del corpo sui glutei in modo
repentino, la forza direzionata di taglio verso le ossa può essere sufficiente
per aumentare il danno già esistente.
Nei pawanmuktasana
parte seconda,
le pratiche dalla 1 alla 3 causeranno tensione se la schiena è arcuata. I
flessori dell’anca (se sono forti) tirano la colonna vertebrale più di un arco.
Evitate di sollevare contemporaneamente le gambe finché la parte posteriore non
è piatta e i muscoli addominali non sono forti.
I movimenti del collo. Evitare di ruotare la
testa e di farla cadere indietro per guardare verso l’alto (meglio farlo
mantenendo le arcate dei denti in contatto per evitare un eccesso di
estensione).
Halasana
(la
posizione dell’aratro) o sarvangasana (la posizione sulle
spalle) a causa dell’eccessiva pressione sul collo e sulla zona lombare.
I piegamenti in avanti
con
oscillazione verso l’alto se si ha mal di schiena. Gatmatyak meru wakrasana (la torsione dinamica della colonna) e la
variante n.4 di trikonasana con il
piede opposto girato e la variante n.2 con le braccia allungate sopra la testa
– se si ha dolore lombare (fanno troppa leva sulla colonna vertebrale).
Posizione da sdraiati su un lato
sollevando
entrambe le gambe. Shalabhasana (la
posizione completa della locusta) o la posizione della stella (con le braccia
sopra la testa). Dhanurasana (la
posizione dell’arco) può essere fatta mantenendo le ginocchia sul pavimento.
Vyaghrasana (la posizione della
tigre) va bene se la gamba sollevata non supera i quindici gradi sul piano
orizzontale – la zona lombare oltre questo punto va in stress soprattutto
quando il movimento è fatto velocemente.
Paschimottanasana, la posizione
accovacciata e vajrasana sono da
evitare se ci sono problemi alle ginocchia.
Note
Quando
si apprendono le pratiche di yoga è raccomandata la guida di un insegnante di yoga qualificato. La maggior parte delle
pratiche a cui ho fatto riferimento sono dettagliatamente spiegate in ‘Asana
Pranayama Mudra Bandha’ (APMB) pubblicato dalla Bihar School of Yoga.