mercoledì 21 marzo 2018

Migliorare la Qualità della Vita di Ognuno


Se il sistema yogico comprendesse solo le asana, molte persone al mondo sarebbero escluse dal praticarlo. Fortunatamente la tradizione originale dello yoga non riguarda solo l’aspetto fisico dello yoga, ma ha un approccio completo ed integrale sulla vita umana, indirizzandosi a tutti i tipi di personalità, usando tutte le branche dello yoga. È grazie a questo che, anche le persone con disabilità fisica, possono trarre beneficio dallo yoga.

Quella che segue è la storia di una donna che non è diventata solo un’allieva di yoga, ma anche una praticante sincera ed impegnata, nonostante le sue difficili condizioni. Quando la incontrai, viveva già lo yoga. In teoria lei non sapeva nulla di yoga, ma esprimeva un atteggiamento yogico nelle azioni, nel modo di pensare e nel comportamento, essendo una delle persone più intelligenti, positive ed ottimiste che io abbia mai incontrato.

Un giorno, un amico mi chiese di incontrare una donna paralizzata per aiutarla tramite lo yoga. Io gli chiesi: “Come pensi che io possa aiutare questa signora?”. “Tu sei un insegnante di yoga. Vai da lei e trova il modo”, mi rispose. Così andai. Lei mi aspettava, seduta su una sedia a rotelle. Chiacchierammo e lei mi disse che aveva sessant’anni e che a causa di un incidente automobilistico avvenuto circa vent’anni prima, le si erano rotte le vertebre cervicali e la colonna, ed era paralizzata dal collo in giù.

Mi spiegò che ci sono differenti gradi di paralisi e che con alcuni tipi si è in grado di muovere la parte alta del corpo, le braccia e le mani. Lei era paralizzata ad un grado estremo, in quanto poteva fare solo dei piccoli movimenti con la testa. Necessitava così di assistenza ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni. Aggiunse anche che da quando il mio amico le aveva detto che lo yoga l’avrebbe aiutata, non vedeva l’ora di iniziare le nostre lezioni di yoga. Francamente parlando in quel momento non avevo nessuna idea di cosa fare con lei, ma mi offrii di tornare a trovarla due volte a settimana.

Yoga nidra: il primo dono
Per la nostra prima sessione l’unica cosa che mi venne in mente fu yoga nidra: il corpo deve rimanere immobile, cosa che era proprio la condizione del suo corpo. Iniziai ad insegnarle yoga nidra. All’inizio dovetti rallentare il ritmo, perché a lei occorreva più tempo per ruotare la consapevolezza lungo il corpo rispetto ad una persona sana. Per la prima volta dopo molti anni divenne consapevole e sentì le parti del suo corpo. Dopo alcune settimane, potei aumentare la velocità fino a renderla normale e lei fu in grado di seguirmi con facilità e gradualmente, progredimmo fino a uno yoga nidra completo, con sankalpa, visualizzazioni e sensazioni opposte. Poi registrai un CD, in modo che potesse praticare anche quando io non fossi lì.

Le settimane ed i mesi passarono e continuavamo ad incontrarci due volte alla settimana e a fare yoga nidra. Dopo ogni sessione, rimanevo un po’ con lei a chiacchierare. In una di quelle occasioni, mi disse che era molto grata del fatto che ci fossimo incontrati perché yoga nidra la stava aiutando considerevolmente. Disse che alla fine della pratica tutto il dolore che sentiva se ne andava. Questo accadeva dalla nostra prima sessione, ma lei non voleva credere che fosse merito di yoga nidra. Però, siccome questo avveniva ogni volta che c’incontravamo, capì che era proprio yoga nidra la causa di questo stato di assenza di dolore, che per lei era un sollievo inimmaginabile.

Mi spiegò che questo dolore è chiamato ‘dolore neuropatico’ ed è un fenomeno ben noto alle persone paralizzate. Quando le chiesi di descrivermi il grado di questo dolore, mi disse: “Immagina di farti, deliberatamente, un taglio molto profondo con una lametta da barba e cerca di sentire quel dolore simultaneamente in migliaia di punti del tuo corpo.” Aggiunse che la maggior parte delle volte è insopportabile, al punto che i dottori normalmente la trattano con la morfina, che riduce il dolore ma ha diversi effetti negativi. Il primo dono per lei fu yoga nidra che la aiutò a gestire il dolore. Sin da allora, la pratica ancora oggi quotidianamente.

Il pranayama “sniffante”
Il secondo grande cambiamento positivo nella qualità della sua vita avvenne grazie al pranayama. Notai che era distesa a letto con almeno due coperte, anche in piena estate, perché la temperatura del suo corpo era più bassa della norma, a causa della mancanza di movimento e di attività fisica. Una conseguenza di questo era la pressione bassa che, soprattutto al mattino, le causava vertigini e scomodità generale. Le occorrevano due ore ogni giorno per uscire da questo stato estremo e per portarsi al suo stato normale.

Decisi così d’insegnarle alcune tecniche di respirazione di base, iniziando con la semplice consapevolezza del respiro, la respirazione addominale e la respirazione yogica completa. Procedevamo lentamente perché per prima cosa doveva sviluppare uno schema corretto di respirazione, che era abbastanza difficile per lei. Così un giorno, mentre stavamo praticando la respirazione addominale, le dissi di velocizzarla via via un po’ di più. Alla fine divenne una sorta di bhastrika, che la divertì molto e chiamò ‘sniffante’. La volta successiva la trovai già seduta sul letto, sorridente. Quando le chiesi cosa fosse successo, disse che questa tecnica aveva cambiato la sua vita.

Ora, la prima cosa che fa al mattino è bhastrika e questo immediatamente le alza la pressione e la temperatura del corpo, così invece d’impiegare due ore le ci vogliono solo dieci minuti per normalizzare la sua condizione.

Fui molto felice di sentire che tutto questo l’aveva aiutata e la prima cosa che mi venne in mente fu che tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la nostra tradizione ed i nostri guru. Ciò dimostra la forza dello yoga e che anche le pratiche più semplici possono avere degli effetti profondi e possono portare veramente un cambiamento positivo nella vita di ogni individuo.

-         Swami Bhaktananda, Ungheria